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« inserito:: Aprile 09, 2010, 09:15:22 am » |
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Ex PREMIER, trenta nomine a ministro, guidò per tre volte il Parlamento europeo
Colombo e la coca: chiedo scusa al Paese
I 90 anni del senatore a vita: la pagina più bella della mia vita? Gli anni al Tesoro
ROMA - «Ma cosa vuole quel sagrestanello... ». Francesco Saverio Nitti, ex presidente del Consiglio tra il 1919 e il 1920, esponente del Partito radicale storico, rientra dall’esilio parigino nel 1945. Torna a Potenza e nella primavera del 1946 affronta le urne per l’Assemblea costituente. Al Gran Laico parlano di Emilio Colombo, 26 anni, segretario generale della Gioventù italiana di azione cattolica, schierato dalla Dc: «Ma cosa vuole quel sagrestanello…». Il sagrestanello di Potenza esige il suo spazio politico. E si prende 26.000 voti, ben più di quelli poi guadagnati dal vecchio Nitti. Domenica 11 aprile il «sagrestanello », senatore a vita dal 2003, compie 90 anni, li festeggerà a Roma con la famiglia. Martedì il Senato gli dedicherà una seduta. Seguirà una specie di tournée: Strasburgo, Aquisgrana. Più in là una cerimonia nella sua Potenza: «Adesso la città è ferita per l’atroce storia di Elisa Claps, non potrei mai festeggiare in mezzo a tanto dolore. Si vedrà». Novant’anni di vita e 64 di carriera politica. Montanelli lo descrisse «dritto come un manico d’ombrello, una voce tersa come la brina». L’udito si è un po’ indebolito ma il fisico resta dritto, e la voce si fa sentire. Ricordi nitidi, mai appuntati nero su bianco per una tipica forma di superstizione da figlio del Sud.
E un peso da togliere dal cuore. Il 2003, il coinvolgimento in un’inchiesta sul traffico di cocaina a Roma, la sua ammissione di averne fatto uso personale «per ragioni terapeutiche » dovute, disse, allo stress da lavoro: «Nella vita, ogni persona tenta di inviare dei messaggi positivi. Tra quelli negativi, da parte mia, c’è questo episodio. Per il quale oggi, in piena onestà, mi sento di dover chiedere scusa al Paese. Sì, di chiedere scusa ».
La memoria si affolla di persone ed episodi, diversi e lontani tra loro: «Sembra una macedonia», ridacchia. Una presidenza del Consiglio, trenta nomine a ministro, tre presidenze del Parlamento Europeo. Va fierissimo, soprattutto, dei dieci anni trascorsi al Tesoro con sette diversi incarichi: «Sempre al fianco di Guido Carli. Si discuteva ma mai una vera lite. Fronteggiammo insieme la prima grande inflazione italiana dopo quella di De Gasperi, il Financial Times ci premiò con l’Oscar per la moneta più forte». Appena un lampo ed ecco riaffiorare Giuseppe La Pira, sindaco democristiano di Firenze: «Veniva da me al Tesoro per chiedere fondi. Mi sussurrava: "Colombino, Colombino mio, lo sai che il Bilancio è una congettura…". In effetti è così, si prevedono entrate e spese su valori non acquisiti. Gli rispondevo: "Può essere una congettura ma dobbiamo scrivere cifre con una visione realistica. Non posso prometterti soldi falsi"». Anche il Bilancio di Tremonti è una congettura? «Diciamo, una congettura sui generis…».
Mescolando la macedonia ecco il colbacco di Gromyko, per trent’anni ministro degli Esteri dell’Unione sovietica. Fu un regalo di più di trent’anni fa e Colombo lo usa ancora quando fa veramente freddo: «Andai a Mosca per convincere i sovietici a partecipare al vertice di Madrid della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, cioè la conclusione del processo di Helsinki. Lui andò avanti per ore a colpi di "niet", niente da fare, non verremo. Solo alla partenza mi sussurrò all’orecchio: "Se mi promette di non dirlo, le confido che verremo". Fu una grande vittoria». Altro ricordo vivissimo, politico e sentimentale: l’Europa. «La voce di Margaret Thatcher durante i vertici europei che grida "my money, my money!", preoccupata com’era delle sorti della Sterlina. Donna dura, ma gran politico ». Deng Xiaoping a Pechino si fa descrivere il progetto europeo, Colombo ci impiega un’ora: «Poi lui mi dice "ma se questo progetto è così bello, perché non lo avete ancora attuato? I sovietici stanno per impossessarsi di tutte le fonti di energia lungo i mari caldi, tra poco vi strangoleranno, e voi che farete con la vostra Unione?"».
Per fortuna, poi, non andò così. La pagina più bella di questa lunghissima vita? «Gli anni al Tesoro. La stessa presidenza del Consiglio, durissima per i moti di Reggio Calabria con Ciccio Franco, il "Boia chi molla". Poi Bruxelles, fui il primo presidente dell’assemblea europea a parlare al Parlamento spagnolo e a quello portoghese dopo la caduta dei regimi di Franco e Salazar». Pagine buie? «Mani pulite, la liquidazione di un’esperienza come quella della Democrazia cristiana in quel modo… la storia, quella vera, renderà merito a un partito capace di traghettare l’Italia oltre la catastrofe del dopoguerra e del fascismo, in un’Europa stretta tra il blocco comunista e le dittature di destra, con il più forte partito comunista occidentale, rimanendo sempre una democrazia piena, libera».
E l’Italia di oggi, il capitolo delle riforme? «Per me, ciò che non resta toccabile è il principio di Repubblica democratica parlamentare. Di qui il mio pregiudizio negativo su tutti i tentativi presidenzialisti». Un gesto della mano è più eloquente di tante parole: «La democrazia corre pericoli di alterazioni sostanziali, vedo tendenze plebiscitarie, autoritarie, una forte accentuazione del personalismo. Non si capisce che le future classi dirigenti si formano nei partiti. E che dunque i partiti, quelli veri, sono necessari». Il sagrestanello novantenne ha ancora molte cose da dire.
Paolo Conti
09 aprile 2010© RIPRODUZIONE RISERVATA da corriere.it
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