ANAIS GINORI -
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L'INTERVISTA
Hollande: "Il rigore non basta sbagliato il patto Merkel-Sarkozy"
Il candidato socialista all'Eliseo: "Il motore franco-tedesco è essenziale per l'Europa quando è in grado di trascinare, di convincere, non di imporre".
Messaggio all'Italia: "Torni tra i protagonisti. Le nostre sinistre devono poter elaborare una risposta comune alla crisi"
di ANAIS GINORI
"L'Italia deve tornare a essere protagonista in Europa. È assurdo rinchiuderci in un tête a' tête tra Francia e Germania". François Hollande ha già preso un piglio presidenziale, per come parla ispirato, con frasi nette, assumendo spesso un tono grave che si differenzia molto da quello, più bonario, che tutti conoscevano fino a qualche mese fa. Il candidato della gauche si appresta a sfidare Nicolas Sarkozy con la speranza di entrare all'Eliseo, diventando il secondo presidente socialista della Quinta Repubblica dopo Mitterrand. "Le sinistre francesi, italiane e tedesche devono poter elaborare una risposta comune e alternativa alla crisi" racconta Hollande che stamattina arriva a Roma, su invito del partito democratico. Nel corso del colloquio con Repubblica, le sue parole più frequenti sono "giustizia", "equità", "speranza". E sul suo rivale dice: "Sarkozy ha fallito e vuol far credere a tutti di non avere nessuna responsabilità".
L'Europa ha faticosamente raggiunto un nuovo accordo per la riforma dei Trattati. Se lei sarà eletto, lo sottoscriverà?
"L'accordo approvato a Bruxelles il 9 dicembre non risolve la situazione. È vago. Nessuno ancora ne conosce la traduzione giuridica. In questa emergenza, una revisione dei trattati dall'esito incerto è una perdita di tempo. Generalizzare le politiche di austerità non ci permetterà di superare questa crisi. La
crescita è stata dimenticata dall'accordo, come anche gli eurobond. Se sarò eletto dai francesi, chiederò che venga rinegoziato per favorire anche la crescita e la solidarietà".
Angela Merkel dispone e Sarkozy esegue?
"Il metodo è sbagliato. Riconosco che il motore franco-tedesco è essenziale per l'Europa quando è in grado di trascinare, convincere, non di imporre. Rinchiudersi in un faccia a faccia porta solo a privarci di sostegni importanti, come ad esempio quello del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. Il lavoro con gli altri partner europei è fondamentale, in particolare quello con l'Italia, grande paese fondatore dell'Europa. È ciò che vengo a dire agli amici del partito democratico, come ho già fatto con la Spd in Germania".
Oggi incontrerà anche il Presidente Napolitano e il premier Monti. Cosa pensa del nuovo governo tecnico?
"Vorrei intanto rendere omaggio a Giorgio Napolitano e alla sua azione per l'Italia e l'Europa. Mario Monti ha ricevuto la fiducia dal parlamento, che ha scelto di rispettare la scadenza elettorale già fissata. Nei prossimi mesi avremo in Francia, Germania, poi anche in Italia, importanti appuntamenti elettorali. E' la grande forza delle democrazie in questi tempi di crisi".
Il rigore finanziario è l'unica via possibile?
"Niente potrà essere fatto senza una riduzione dei deficit e del debito. Quello che propongo ai francesi è un ritorno programmato all'equilibrio di bilancio nel 2017 seguendo un criterio di giustizia sociale. Non basta. Dobbiamo creare le condizioni per rilanciare la crescita e sviluppare gli strumenti per una regolamentazione che permetta alle nostre democrazie di prendere il sopravvento sul ricatto imposto dai mercati finanziari".
L'Italia sta approvando una nuova riforma delle pensioni. Lei vuole rinegoziare quella approvata dall'attuale governo francese, che ha abolito l'età pensionabile a 60 anni?
"Il piano di Sarkozy non è né giusto né sostenibile finanziariamente. Correggere quella riforma è soprattutto una questione di giustizia. Bisogna ristabilire la possibilità di andare in pensione a 60 anni per quelli che hanno incominciato a lavorare a 18 anni, o prima, e che hanno i contributi necessari. Ne discuterò anche con i sindacati. Contrariamente a Sarkozy, non voglio usare la comunicazione come alibi né dare soluzioni dogmatiche".
La crisi può accelerare il cambio di maggioranza in Francia com'è già successo in altri paesi europei?
"La crisi è ovviamente un dato essenziale dell'elezione di maggio 2012. Spetterà ai francesi fare una scelta di cambiamento dopo un quinquennio nel quale il Presidente uscente ha fallito".
Lei è sempre favorito nei sondaggi ma Sarkozy ha recuperato qualche punto. Teme un'inversione di tendenza?
"Francamente, preferisco essere in questa situazione anche se cerco di non occuparmi troppo dei sondaggi. Sarkozy vuole far credere di non avere non avere nessuna colpa, di non essere responsabile dei deficit pubblici esplosi sotto al suo mandato, del debito, della disoccupazione. La verità è invece che ha una pesante responsabilità nei problemi che la Francia oggi attraversa. Il mio dovere è mostrare che un'altra via è possibile. Voglio creare un nuovo slancio, aprire la speranza, imponendo alcune priorità: i giovani e l'istruzione, la produzione e la competitività, la giustizia fiscale e sociale".
Cercherà un accordo con François Bayrou, candidato centrista sempre più popolare?
"Bayrou è un politico che rispetto ma non appartiene alla sinistra. Le sue posizioni sono spesso conservatrici. Su molti punti siamo in disaccordo. Il cambiamento in Francia non passa da lui. Quando ci sarà il secondo turno delle elezioni, Bayrou dovrà scegliere tra il Presidente uscente, che ha spesso combattuto, e il candidato del cambiamento e della giustizia, quale io voglio essere".
Se sarà eletto, quale sarà il suo primo atto da Presidente?
"La destra ci lascerà la Francia in uno stato economico e sociale tale che avrò molte emergenze da affrontare. Dovrò dunque andare subito all'essenziale. È per questo che la prima legge che proporrò ai parlamentari è quella di una grande riforma fiscale, affinché i prelievi siano più progressivi ed equi. Nessuno sforzo sarà accettato dai francesi se non vedranno che è equamente distribuito. Questa riforma fiscale sarà la base sulla quale potrò sviluppare le mie priorità. In un contesto così difficile, voglio dare una speranza credibile al mio paese".
(16 dicembre 2011) © Riproduzione riservata
da - http://www.repubblica.it/esteri/2011/12/16/news/hollande_il_rigore_non_basta_sbagliato_il_patto_merkel-sarkozy-26695805/?ref=HREC1-2
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Francia, Filippetti: "Costruire l'Europa con la Cultura per sconfiggere il populismo"
Quaranta anni, autrice di diversi libri, è stata confermata dal nuovo premier francese Manuel Valls.
Lancia un piano insieme a 20 colleghi di altri Paesi: "Per salvare la nostra storia"
dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
PARIGI - "Siamo in un momento cruciale per l'Europa. I cittadini hanno smarrito la fierezza e persino il sentimento di appartenenza a questo grande progetto. Solo la cultura potrà ridare senso alla costruzione europea". Aurélie Filippetti saluta in italiano, "piacere". Non ha dimenticato le sue origini umbre, a Gualdo Tadino, da cui partì suo nonno quasi un secolo fa per andare a lavorare nelle miniere della Lorena. Il ministro della Cultura francese, confermata nel nuovo governo Valls, ha presieduto ieri un vertice europeo straordinario con venti colleghi di altri Paesi, tra cui Dario Franceschini. "Vogliamo lavorare a stretto contatto con l'Italia in vista del presidenza del semestre dell'Ue" spiega Filippetti, mentre ieri Le Monde accostava Valls e Renzi, leader simili eppure diversi. "Sono entrambi giovani - glissa Filippetti - è un segnale positivo per l'Europa che ci sia un rinnovamento generazionale".
La Francia vuole imporre la famosa "eccezione culturale" a tutto il continente?
"Non siamo come nel villaggio di Astérix. Questo atteggiamento è finito nell'epoca del digitale senza frontiere. Non bisogna più essere in difesa, ma passare all'attacco. A meno di due mesi dalle elezioni europee, questo vertice dei ministri della Cultura serve a valorizzare ma anche proteggere il nostro patrimonio di identità e creazione. E' il momento di fare proposte ambiziose".
A Bruxelles prevalgono altre preoccupazioni, più economiche e finanziarie?
"L'anno scorso la Francia, insieme ad altri Paesi, è riuscita a togliere i prodotti culturali dai negoziati per il nuovo trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. E' stato un momento di verità. Non vogliamo più che le istanze europee dimentichino la cultura, trattandola come una merce qualsiasi. E' nata così l'idea di un coordinamento tra i ministri. Nelle riunioni preparatorie abbiamo esaminato ben 65 proposte concrete e alla fine faremo una sintesi che sarà presentata alla prossima Commissione europea, dopo le elezioni".
Un piano Marshall per salvare la Cultura?
"L'industria culturale attraversa una rivoluzione senza precedenti dovuta alle nuove tecnologie. La presunta ottimizzazione fiscale dei giganti del web rischia di essere solo un'evasione fiscale che mette a repentaglio il sistema di protezione e finanziamento degli autori. Bisogna fare passi avanti anche sull'Iva applicata ai prodotti culturali, compresi i media digitali".
Lei è stata anche scrittrice. Teme che il libro venga cancellato dagli e-book?
"Molti studi dimostrando che gli e-book completano il libro tradizionale, senza sostituirlo. Vedo sempre più giovani frequentare le librerie, sono ottimista sull'avvenire del libro di carta".
Avete intenzione di approvare la tassa sui tablet per finanziare la cultura?
"Il nostro modello non è arcaico, come dicono alcuni, ma deve essere adattato alle nuove tecnologie. E' in gioco la sopravvivenza della nostra diversità culturale. L'idea di una tassa sui tablet è una delle tante ipotesi che esaminiamo, pur sapendo che il governo vuole evitare di aumentare la pressione fiscale".
L'ex ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, ha detto una volta: "Con la cultura non si mangia". Cosa risponde?
"E' vero il contrario: la Cultura è un nutrimento fondamentale. E' un cibo spirituale, morale. Anche io devo spiegarlo al dicastero delle Finanze. In Francia, l'industria culturale rappresenta già il 3,2% del nostro Pil, con un giro d'affari di 58 miliardi di euro, superiore a quello dell'industria automobilistica".
Il rischio è che tutte le vostre buone intenzioni vengano spazzate via dal voto del 25 maggio e dall'arrivo in forza a Strasburgo del Front
National e di Beppe Grillo?
"La cultura è il miglior antidoto ai populismi. E' la prima risposta, con l'istruzione, al razzismo e alla xenofobia. Forse non è un mezzo efficace il giorno delle elezioni, ma è lo strumento migliore per risolvere le cause che alimentano il populismo. I cittadini europei continuano ad andare in massa nei musei, nei Festival, al cinema. Fa parte della nostra identità comune. La cultura è resistenza".
© Riproduzione riservata 05 aprile 2014
Da - http://www.repubblica.it/cultura/2014/04/05/news/francia_aurelie_filippetti-82770013/?ref=HRER2-2
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1
ott
2014
L’arte di procrastinare
Anais GINORI
E’ ufficiale. La Francia non rispetterà l’obiettivo del 3% di deficit sul Pil né quest’anno, né l’anno prossimo. Se ne riparla per il 2017. Due anni fa, era stato Pierre Moscovici, allora ministro dell’Economia nel governo socialista, a trattare con Bruxelles per rimandare al 2015 il rispetto di uno dei parametri del Patto di Stabilità. Ora Moscovici sarà Commissario agli Affari Economici a Bruxelles e come tale dovrebbe vigilare sul rigore di bilancio. La Francia ha disatteso l’obiettivo del 3% sin da principiobild__schroeder__chirac_. Nel 2003 accadde con un patto suggellato tra Jacques Chirac e Gerhard Schroeder. “Siamo determinati a ridurre i deficit pubblici che sono eccessivi, ma senza prendere il rischio di smorzare la ripresa economica che deve essere incoraggiata” aveva spiegato il presidente francese. “Sono d’accordo con il presidente della Commissione (Romando Prodi, ndr.) quando dice che bisogna interpretare il Patto di Stabilità in modo flessibile” aveva aggiunto il cancelliere tedesco. Nel frattempo la Germania ha lanciato importanti riforme, diventando il motore economico dell’Europa, poi conformandosi all’obiettivo del 3% e cambiando posizione sulla flessibilità. La Francia invece ha continuato a non rispettare il dikttat né prima né dopo la crisi dell’eurozona. Destra o sinistra, non fa differenza. Da Chirac, a Nicolas Sarkozy a François Hollande: è la terza volta in un decennio che Parigi chiede deroghe all’Europa. Da quando i governi europei sono stati messi sotto pressione per far quadrare i conti, la il governo francese ha addirittura aumentato il deficit dal 4,1% del 2013, al 4,4% di quest’anno. Nel 2015 è previsto al 4,3% e al 3,8% nel 2016. Nonostante i tagli annunciati nella Finanziaria (20 miliardi, di cui 7,7 miliardi alla spesa pubblica) la Francia è l’eccezione che conferma la regola. Può essere grave, oppure un bene, a seconda delle scuole di pensiero. Per ora i mercati continuano a dare fiducia allo Stato francese. Una cosa è certa: “Rifiutiamo l’austerità” come ha detto il premier Manuel Valls.
DA - http://ginori.blogautore.repubblica.it/2014/10/01/larte-di-procrastinare/?ref=HRER1-1
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Generazione YouPorn e la mostra scandalo
Di ANAIS GINORI
Tutti i genitori sanno quanto ci sia bisogno di un modo giusto e soprattutto efficace per parlare di sesso con i figli della generazione YouPorn. Oggi in teoria i ragazzi sanno tutto o quasi sul sesso. Credono di saperlo. Parlare di sesso in famiglia è una cosa relativamente nuova, accade da pochi decenni, eppure rischia già di scomparire, nella solitudine di video e clic. Fa sorridere pensare che ci siano migliaia di madri e padri francesi che nelle ultime settimane sono insorti contro la mostra Zizi Sexuel, in cui il popolare disegnatore Zep, creatore del personaggio di fumetti e cartoni animati Titeuf, propone lezioni ironiche sul sesso spiegato da 9 a 16 anni.
La mostra era stata già presentata alla Cité des Sciences nel 2007, riscontrando immenso successo: oltre 5 milioni di visitatori. Da quando è stata riproposta a Parigi è scoppiata invece una protesta di alcuni genitori per il carattere osceno del percorso pedagogico, troppo esplicito o troppo precoce per bambini di 10 o 11 anni. Non è solo il fatto che sempre meno ragazzi usano la pillola o il preservativo che dovrebbe allarmarci. Era di qualche giorno fa la notizia che già nelle scuole medie ci sono stati casi di prostituzione: giovani che vendono un rapporto orale in cambio di uno smartphone. Un giro alla mostra di Zep forse è inutile, di sicuro non può far male. Anzi, forse vedere e parlare insieme ai genitori, con la possibilità di fare domande e discuterne, potrebbe aiutare. Non si capisce perché la stessa mostra, a distanza di cinque anni, provoca scandalo, mentre era sembrata quasi innocua agli occhi dei bigotti la prima volta. È il paradosso di pregiudizi e tabù che riappaiono a fasi alterne.
Twitter: @anaisginori
(29 ottobre 2014) © Riproduzione riservata
Da - http://www.repubblica.it/rubriche/parla-con-lei/2014/10/29/news/generazione_youporn_e_la_mostra_scandalo-99303371/?ref=HREC1-36
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Appello di ong e intellettuali: "Apriamo le frontiere per rilanciare l'economia"
Dalla Francia all'Italia c'è un fronte pro-liberalizzazione "Nessun blocco fermerà chi è pronto anche a morire"
Dal nostro corrispondente ANAIS GINORI
23 aprile 2015
PARIGI - Tra le tante soluzioni per evitare nuovi naufragi di migranti ce n'è una di cui si parla poco: aprire le frontiere. Secondo alcuni ricercatori universitari è il rimedio più ovvio (ma anche impopolare) per rendere meno caotico e drammatico l'afflusso dei migranti.
"Liberalizzare gli ingressi in Europa permetterebbe di eliminare altre tragedie in mare" spiega François Gemenne, ricercatore che partecipa al progetto MobGlob che da anni lavora sulla gestione dei flussi migratori. La "guerra contro i trafficanti di uomini", come ha detto ieri Matteo Renzi, sarebbe così vinta senza troppi sforzi.
Il collettivo francese ha studiato vari casi, dalla frontiera tra Stati Uniti e Messico a quella tra Cina e Giappone, arrivando a una conclusione: niente e nessuno può davvero fermare chi è determinato a partire. "Le migrazioni hanno cause strutturali. Inoltre, i migranti sono persone pronte a rischiare la vita, come abbiamo visto negli ultimi anni" continua Gemenne che con altri colleghi ha stilato un rapporto denso di cifre ed esempi, tra cui l'apertura del confine tra India e Nepal. "Contrariamente a quel che si pensa - spiega - l'esperienza insegna che non c'è un aumento dei flussi, ma solo una migliore circolazione dei migranti tra paesi".
L'ipotesi di MobGlob non verrà neppure evocata nel vertice europeo di oggi a Bruxelles. Eppure c'è ormai un vasto dibattito, tra università e ong, che promuove l'idea di abbandonare la difesa di una "fortezza" che si rivela inefficace (solo nel 2014 l'afflusso di migranti è aumentato del 153%) oltre che fatale per migliaia di migranti. L'urgenza è fare qualcosa.
In un appello congiunto molte ong, tra cui Oxfam Italia, Save the Children, Arci e Focsiv, hanno ribadito la richiesta di una nuova missione di salvataggio "Mare Nostrum" europea, la sospensione del regolamento di Dublino (che prevede la domanda d'asilo nel paese d'ingresso) e il reinsediamento dei migranti beneficiari di protezione internazionale. La federazione delle Chiese evangeliche e la Comunità di Sant'Egidio propongo invece di autofinanziare, attraverso l'8 per mille, un corridoio umanitario tra Marocco e Italia. Ma secondo alcuni specialisti è inutile inseguire aggiustamenti di un sistema che ha dimostrato di non funzionare.
L'apertura dei confini dell'Ue può sembrare una provocazione o una bella utopia. "Sarebbe invece il discorso economicamente e tecnicamente più saggio e lungimirante", dice Gemenne. Il Vecchio Continente ha una demografia in declino, molte imprese sono alla ricerca di lavoratori che non trovano e gli Stati non sanno come sarà finanziato tra qualche decennio l'equilibrio previdenziale. Inoltre, fanno notare sempre i promotori della libera circolazione dei migranti, il dispiegamento di mezzi e uomini per fermare i migranti ha un costo pubblico elevato, che potrebbe aumentare ancora con le prossime decisioni dell'Ue.
Tra gli studiosi dell'immigrazione c'è anche chi propone di aprire le frontiere ma organizzando dei visti a pagamento. E' quello che hanno concluso in un rapporto Emmanuelle Auriol dell'Ecole d'économie di Tolosa e Alice Mesnard della City University di Londra. I visti pagati dai migranti sarebbero una nuova fonte di entrata nelle casse degli Stati europei, da reinvestire in sussidi e aiuti ai cittadini europei. Un modo di rendere, forse, più accettabile il progetto di liberalizzazione. "Purtroppo l'agenda politica dei nostri governi è ostaggio delle forze xenofobe e populiste, senza un minimo ragionamento concreto e fattuale" conclude il responsabile del collettivo MobGlob. A Bruxelles oggi si parlerà invece di blocchi navali, aumento di pattugliamenti in mare, droni per neutralizzare i barconi prima che possano salpare. Una "guerra" che nessuno sa quando e se sarà mai vinta.
Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/04/23/news/appello_di_ong_e_intellettuali_apriamo_le_frontiere_per_rilanciare_l_economia_-112622911/?ref=HREA-1
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