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Autore Discussione: Dengi e Lenuca. Eva e Denchiu. - Siamo tutti colpevoli (?)  (Letto 4701 volte)
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« inserito:: Agosto 13, 2007, 06:50:02 pm »

Siamo tutti colpevoli

Silvia Ballestra


Dengi e Lenuca. Eva e Denchiu. Mi piace scrivere i nomi, perché i nomi - i nomi dei bambini - li fanno vivi, li fanno veri. Non sono cifre nelle statistiche, sono proprio loro: Dengi, Lenuca, Eva e Denchiu. Bambini. 11, 8, 6 e 4 anni, tre sordomuti, tutti rumeni (Comunità Europea, vi dice niente? Casa nostra). Minimo comun denominatore: poveri. Migranti. Peggio: Rom. 29 anni in quattro e morti bruciati in una baracca. Causa della morte: i genitori non c´erano. Causa della morte: candele invece che lampadine. Causa della morte: baracca sotto un cavalcavia. Eccetera eccetera. Quello che le cronache dovevano dire, più o meno, l´hanno detto: della sorella maggiore che non riesce a smettere di piangere (ma chi potrebbe smettere?), dei genitori stroncati, della baracca sotto il cavalcavia, dei commercianti che alla richiesta di chiudere per lutto non ci stanno. Cronache italiane. Di più: cronache europee.

Ora non resta niente: della baracca e dei bambini. Però restiamo noi, noi tutti, e non è poco. Restiamo a scuotere la testa davanti a questa barbarie. Che possiamo, per lavarci la coscienza, ascrivere all´incoscienza di genitori che scappano davanti al rogo, che lasciano quattro creature sole al lume della candela, pericolo d´incendio, legno, acqua corrente niente, cesso niente, da mangiare poco. Facile scappatoia, se il privato è privato, se la vita di Dengi, Lenuca, Eva e Denchiu è solo fatti loro. Ma poi - vertigine - e se fossero fatti nostri? Se cominciassimo a domandarci perché quattro bambini sono costretti a vivere sotto il nostro cielo come se fosse un altro cielo - un cielo del Darfur, un cielo subsahariano, un cielo ceceno - e invece è solo il cielo di Livorno.

Piano con la retorica. Posti esauriti al campo nomadi, che è come un ghetto con scritto «tutto esaurito». Non restava che il cavalcavia, la baracca in legno e le candele. Non c´era molta scelta, alla fine, anche se viviamo nel mondo delle opportunità, per loro era prendere o lasciare. Hanno preso. Hanno lasciato. Ognuno si senta in colpa per quel che sa, per quel che può, dopotutto è un´offerta libera. Ma resta il fatto: noi che dormiamo in un letto, e abbiamo interruttori della luce, e cessi, e frigoriferi, e case vere, la sappiamo lunga. Sappiamo che esiste una forbice tra chi ha tanto e chi ha poco, e più o meno ce ne facciamo una ragione. Ma se la forbice diventa tra chi ha tutto e chi niente, magari a distanza di qualche metro da noi, è un po´ diverso, un po´ più irrespirabile, pure per noi che la sappiamo lunga.

Diranno i magistrati che «si configurano reati», e come no. Diranno le camicie brune (verdi?) che dobbiamo cacciarli tutti. Diranno le autorità che non c´era modo di agire. Insomma ognuno dirà la sua, con la sua parte di torti e di ragioni. Quello che si farà fatica a dire è invece la sola verità: che in qualche modo Dengi, Lenuca, Eva e Denchiu non valevano come noi, ma un po´ meno. Che erano in qualche modo sacrificabili. Dai genitori in fuga. Da Livorno. Dall´Italia. Dall´Europa. Un posto dove vale la pena vivere (uno dei pochi al mondo), dove il reddito è alto, dove si mangia tutti, si dorme in letti comodi e caldi. E dove non c´è posto per un intero popolo nomade se non in una baracca sotto un cavalcavia. Altamente infiammabile.

Pubblicato il: 13.08.07
Modificato il: 13.08.07 alle ore 14.05   
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« Risposta #1 inserito:: Agosto 13, 2007, 06:51:01 pm »

L'Ue: «Rom discriminati, l'Italia è in ritardo»


Bruxelles replica al premier Prodi sul caso dei rom. Ieri il presidente del Consiglio, prendendo spunto dalla tragedia di Livorno, aveva parlato di problema politico complesso che va ben oltre i confini europei e riguarda una gran parte del mondo. Oggi la portavoce del commissario Ue per il Lavoro e gli Affari sociali Vladimir Spidla, Katharina von Schnurbein, gli risponde che le regole europee contro la discriminazione etnica ci sono, è l'Italia che ancora non le ha applicate.

«Siamo consapevoli che l'integrazione è un problema - ha detto la portavoce - e che in molti Stati membri i Rom sono discriminati come gruppo». Ma proprio per questo, ha ricordato von Schnurbein, «dal 2000 abbiamo una legislazione europea in vigore che proibisce la discriminazione». Il problema però è che non tutti hanno ancora applicato le regole europee, ha spiegato la portavoce: «Lo scorso 27 giugno la Commissione europea ha inviato delle lettere di messa in mora a 14 Stati membri, inclusa l'Italia, per non aver trasposto correttamente la direttiva», ora «l'Italia la applichi».

Inoltre, ha aggiunto von Schnurbein, «sappiamo che quello dell'integrazione non è solo un problema di legislazione ma anche di mentalità, per questo da gennaio 2007 abbiamo creato un gruppo di alto livello che a dicembre presenterà delle raccomandazioni per combattere la discriminazione in Europa».

L'intervento di Romano Prodi
«Quello dei Rom è un problema politico di una complicazione terribile - aveva detto il presidente del Consiglio, Romano Prodi -. Dobbiamo studiare tutti gli aspetti politici e tecnici per trovare tutti i tipi di soluzione possibile al problema». Il premier aveva sottolineato la necessità di ricercare una soluzione al «problema di convivenza dei Rom che è un problema molto diverso da altri tipi di convivenza». Inoltre, il premier aveva ricordato che «l'Europa ha risolto molti problemi interetnici, ed io ho lavorato molto a Bruxelles su questa questione, ma è un problema molto complicato e non vanno dimenticate le persecuzioni subite dai Rom nella storia proprio a causa di questa loro diversità». Infine, Prodi aveva ammesso che per l'Italia c'è un problema aggiuntivo, cioè quello che il nostro paese «è meno preparato, perché si tratta di un fenomeno più recente». Detto questo, per il presidente del Consiglio si è di fronte ad un «problema che va ben oltre i confini europei e che riguarda una grande parte del mondo».

Le polemiche sui giornali
Tutta colpa dei genitori o responsabilità sociali ben più vaste? La parola «nomadi» rimbalza sui quotidiani insieme alle polemiche sull'«integrazione difficile». A settembre il ministero della Solidarietà sociale destinerà 3 milioni di euro a progetti di integrazione delle popolazioni rom in cinque grandi città, fra cui Napoli e Torino, ma quanto è successo a Livorno è frutto anche del disinteresse delle amministrazioni locali che, in molti casi, di fronte alle condizioni disumane dei «campi» preferiscono «girare la testa dall'altra parte». Contiene una promessa e un duro atto d'accusa agli Enti locali l'intervista a su un quotidiano nazionale del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero.

Il tragico rogo di Livorno in cui hanno perso la vita 4 bimbi rom non è figlio del caso, spiega Ferrero, ma dei ritardi accumulati dalle amministrazioni locali nello sviluppo di politiche concrete di integrazione, un obiettivo che non si ottiene «spostando i campi nomadi dal centro delle città alle periferie». In questo modo, secondo Ferrero, si creano soltanto banlieu mentre la filosofia del campo nomadi «va sostituita con la filosofia dell'integrazione, dando case e servizi, e questo di certo allontanerebbe le tensioni sociali». Ferrero osserva che integrazione «vuol dire anche rispetto per le regole e per la legge». Ma il ministro punta l'indice anche sul clima politico per cui la destra «investe sulla paura della gente come capitale politico».

Sulla vicenda di Livorno interviene con un'intervista a "Il Messaggero" anche il ministro per la Famiglia. Rosi Bindi è sulla stessa lunghezza d'onda del collega Ferrero, però con alcune precisazioni. «Il processo di integrazione - spiega Bindi - non è semplice da fare accettare. Conosco sindaci che hanno perso consenso tra i loro cittadini per avere fatto i campi e per averli attrezzati. Per realizzare siti attrezzati occorre avere il consenso della popolazione, ma queste sono azioni che richiedono un lungo periodo». Il ministro per la Famiglia fa anche riferimento ad alcune caratteristiche tipiche dei rom. Per quanto riguarda il lavoro, ad esempio, Bindi fa notare che è un «argomento difficile» perché «un nomade non sarà mai un impiegato o un operaio in fabbrica». «La loro tipicità - spiega - richiede progetti profondamente rispettosi». Insomma, le politiche di integrazione vanno messe in atto considerando però che si tratta «di popoli con una propria cultura, una propria unicità e che tra l'altro non sono stanziali». Nei campi, è ancora l'invito di Bindi, «occorre poi distinguere tra nomadi e gruppi immigrati che si sono inseriti ma che non hanno nulla a che fare con loro».

Gli amministratori locali respingono l'accusa lanciata dal ministro Ferrero: Leonardo Domenici, sindaco di Firenze e presidente dell'Anci, l'associazione dei Comuni italiani, spiega che «nessun amministratore si sente di lasciare queste situazioni prive di controllo o di intervento». Per Domenici «non vale il ragionamento "se investo sul risanamento di questi campi non ho un ritorno elettorale", perché in realtà si tratta di veri e propri bubboni, di bombe innescate, che poi alla fine si ripercuotono negativamente e pesantemente sull'intera comunità locale». Il problema non può però ricadere, avverte l'esponente diessino, sulle sole amministrazioni locali: «Facilitare l'inserimento e l'integrazione è un fatto essenziale, è uno degli obiettivi delle nostre attività. È un lavoro faticoso, abbiamo bisogno di risorse - puntualizza Domenici - e di un impegno da parte del governo nazionale, da parte dello Stato».


Pubblicato il: 12.08.07
Modificato il: 13.08.07 alle ore 15.10   
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« Risposta #2 inserito:: Agosto 13, 2007, 06:51:48 pm »

Bruxelles: «L'Italia non ha recepito le direttive contro le discriminazioni»



BRUXELLES

«Per l’integrazione dei Rom e delle altre minoranze etniche in Europa si è fatto molto e ci sono regole molto chiare. Sta agli Stati membri, compresa l’Italia, rispettarle e attuarle in pieno»: così la Commissione Ue risponde al premier Romano Prodi che ieri aveva sottolineato come quello dei Rom è un problema politico complesso che l’Europa non ha ancora risolto.

La portavoce del commissario Ue agli affari sociali, Vladimir Spidla, ha quindi ricordato come «contro l’Italia sia già da tempo aperta una procedura di infrazione proprio per non aver ancora recepito la direttiva europea contro le discriminazioni basate sulla razza e sull’etnia». Bruxelles invita quindi «a a fare di più e al più presto, soprattutto sul fronte della integrazione dei Rom nel nel mercato del lavoro».

«Quello che è avvenuto a Livorno - ha proseguito la portavoce della Commissione Ue - è un fatto molto tragico. Purtroppo quello dei Rom è un gruppo ancora molto discriminato in molti Stati membri dell’Unione europea. Questo nonostante le leggi dell’Ue proibiscano le discriminazioni su base razziale ed etnica. C’è una direttiva che risale al 2000 - ha ricordato - e ci sono 14 Paesi che non l’hanno ancora recepita nei propri ordinamenti. Anche l’Italia ha ricevuto a suo tempo una lettera formale da parte della Commissione Ue che invitava Roma a trasporre le norme europee nella propria legislazione. Questo non è ancora avvenuto».

Bruxelles lamenta soprattutto come in molti Stati membri non ci siano «programmi specifici per i Rom, soprattutto per quel che riguarda l’inserimento e l’integrazione nel mercato del lavoro». In particolare - in riferimento alla procedura di infrazione contro l’Italia - sono tre i punti che la Commissione Ue contesta al nostro Paese: «Non c’è una condivisione dell’onere dela prova - ha spiegato la portavoce dell’esecutivo europeo -, la protezione contro gli abusi è limitata e non c’è una corretta definizione nella legislazione italiana di molestia su base razziale».

da lastampa.it
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« Risposta #3 inserito:: Agosto 14, 2007, 12:05:22 am »

CRONACA

Bruxelles a Prodi: "Roma non ha accolto le direttive contro le discriminazioni per razza"

La controrisposta del ministero dell'Interno: "Recepite con decreto legislativo"

La Ue: "L'Italia applichi le regole sui rom"

Il Viminale: "Attuate dal luglio del 2003"

Rutelli: un ddl per togliere la patria potestà a chi abusa dei bambini

"C'è troppa sociologia, i diritti umani valgono anche per i piccoli"

 
BRUXELLES - "Per l'integrazione dei Rom e delle altre minoranze etniche in Europa si è fatto molto e ci sono regole molto chiare. Sta agli Stati membri, compresa l'Italia, rispettarle e attuarle in pieno": così la Commissione Ue risponde al premier Romano Prodi sul caso dei Rom. Il presidente del Consiglio ieri, facendo riferimento all'incendio che a Livorno ha ucciso quattro bambini in un accampamento rom, aveva infatti definito quello dei Rom "un problema politico complesso", "che va ben oltre i confini europei e che riguarda una grande parte del mondo".

Ma, al rilievo mosso da Bruxelles, fa seguito una nota del ministero dell'Interno, che controbatte: "La direttiva comunitaria n.43 del 2000 contro le discriminazioni etniche e razziali promossa dalla Presidenza Prodi è stata attuata dall'Italia con decreto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003". Dunque, il Viminale risponde alla Commissione Europea, sottolineando che se è vero che il decreto "è stato ritenuto non soddisfacente rispetto a tre aspetti specifici della direttiva e per questo è stato oggetto dei rilievi sollevati in sede Ue", si tratta di aspetti che "vanno corretti e che, tuttavia, non riguardano la specifica questione dei Rom".

Il Viminale sta lavorando da mesi, insieme alle associazioni che rappresentano i Rom, ad una conferenza prevista per il prossimo mese di ottobre, precisa la nota, in vista delle necessarie e giuste iniziative legislative. "Conferenza che servirà anche per cominciare a rimuovere i pregiudizi verso i Rom e la generalizzata diffidenza nei loro confronti che hanno indotto sino ad ora ad ignorare il problema".

Alle parole di Prodi, che ieri aveva chiesto di "trovare tutti i tipi di soluzione possibile al problema", ha risposto la portavoce del commissario Ue agli affari sociali, Vladimir Spidla. Che ricorda come "contro l'Italia sia già da tempo aperta una procedura di infrazione proprio per non aver ancora recepito la direttiva europea contro le discriminazioni basate sulla razza e sull'etnia". L'Italia infatti fa parte dei quattordici Paesi europei che, lo scorso 27 giugno, hanno ricevuto una lettera formale di sollecito a recepire la direttiva del 2000. Secondo le procedure europee, i Paesi richiamati hanno tempo due mesi per rispondere a Bruxelles; dopodiché potrebbero scattare delle sanzioni.

Tre sono gli aspetti-chiave che l'Europa contesta alla politica del nostro Paese a proposito del rapporto con i Rom: "Non c'è una condivisione dell'onere della prova, la protezione contro gli abusi è limitata e non c'è una corretta definizione nella legislazione italiana di molestia su base razziale". Da Bruxelles arriva quindi la sollecitazione a "fare di più e al più presto", attraverso "programmi specifici per i Rom, soprattutto per quel che riguarda l'inserimento e l'integrazione nel mercato del lavoro". Questi provvedimenti, assieme all'assicurare un'adeguata protezione sociale e l'accesso ai servizi pubblici, valgono naturalmente per tutte le minoranze.

Il vicepremier Rutelli annuncia intanto un disegno di legge per togliere la patria potestà a chi abbandona o abusa dei minori. "Ho posto da tempo il tema della condizione dei Rom, senza ricevere risposte" ha detto polemicamente all'Ansa. "Ho insediato da alcune settimane un gruppo che sta elaborando una proposta di legge per togliere la patria potestà a chi abbandona o sfrutta minori".

"La presenteremo a settembre", annuncia il leader della Margherita "il dibattito di oggi non aiuta nessuno, tanto meno i bimbi rom, se ignora la realtà. C'è troppa sociologia, la priorità è dare un futuro a migliaia di bambini: dobbiamo accrescere i servizi e la scolarizzazione ma anche esigere il rispetto della legalità. I diritti umani - conclude Rutelli - debbono valere per tutti, anche per i moltissimi bambini lasciati in abbandono, condotti in schiavitù, costretti all'accattonaggio o ai furti".

(13 agosto 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #4 inserito:: Agosto 14, 2007, 10:14:18 pm »

La direttiva non basta: pensiamo ai diritti

Luigi Manconi


In questo articolo non si parlerà di solidarietà.

Termine, questo, diventato ambiguo quale altri mai: e inutilizzabile per l’abuso tra il futile e il retorico che se ne fa.

Si parlerà di diritti, piuttosto, con la speranza di risultare persuasivi. È intollerabile, infatti, lo scarto tra la denigrazione pressoché generalizzata e il sospetto altrettanto diffuso nei confronti dei “nomadi “ e la commozione che inumidisce le pagine delle più importanti testate giornalistiche nazionali quando il “nemico assoluto” della sicurezza collettiva i Rom, appunto diventa la Vittima.
Per giunta, nella versione più toccante per la retorica nazionale: bambini bruciati vivi.
Come in un film splatter.

Come nella più crudele e innocente delle favole edificanti. Quello scarto tra odio quotidiano e pianto rituale è indecente. Alla lettera: non conforme al decoro e all’onore.

Non solidarietà, dunque: sentimento ormai privo di qualunque serio fondamento comunitario e di qualunque relazione con il legame sociale e con i vincoli dell’integrazione e dell’inclusione nel sistema dei diritti di cittadinanza. Tanto più che proprio ai diritti di cittadinanza fa riferimento il forte richiamo giunto al nostro Paese, proprio ieri, da parte della Commmissione europea e, in particolare, dal Commissario per gli Affari Sociali, Vladimir Splida. Questi ha affermato testualmente: «per l’integrazione dei Rom e delle altre minoranze etniche (...) ci sono regole molto chiare. Sta agli stati membri, compresa l’Italia, rispettarle e attuarle in pieno». E il Commissario europeo ha aggiunto che «contro l’Italia è aperta già da tempo una procedura di infrazione proprio per non aver ancora recepito la direttiva contro le discriminazioni basate sulla etnia». A questo il nostro ministro dell’Interno ha potuto agevolmente e giustamente replicare che «la direttiva comunitaria n.43 del 2000 contro le discriminazioni etniche e razziali promossa dalla Presidenza Prodi è stata attuata dall’Italia con decreto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003» e che se è vero che il decreto «è stato ritenuto non soddisfacente rispetto a tre aspetti specifici della direttiva e per questo è stato oggetto dei rilievi sollevati in sede Ue», si tratta di aspetti che «vanno corretti e che, tuttavia, non riguardano la specifica questione dei rom».

Ma il problema, in realtà, non è di natura giuridicao normativa: bensì di politiche pubbliche e strategie sociali, a livello centrale e locale. E non si tratta in alcun modo di una questione di “buoni sentimenti” ma esclusivamente del riconoscimento di diritti e di regole. E come i diritti richiamano inflessibilmente i doveri, così le regole prevedono in caso di violazione sanzioni adeguate. Detto ciò, almeno teoricamente, la questione dei Rom (qui indico con questo termine tutti i cosiddetti “nomadi”) risulta notevolmente sdrammatizzata e semplificata. Una parte di essi, in realtà, non sono affatto “nomadi”: sono cittadini italiani o regolarmente residenti in Italia da tempo, svolgono un’attività artigianale o agricola, abitano case stabili, mandano i propri figli nelle scuole pubbliche (la scolarizzazione tra i bambini Rom è in crescita lenta ma progressiva). Invece, un’altra quota (difficilmente quantificabile) è dedita al crimine grande o piccolo: dal borseggio allo sfruttamento dei minori alle rapine. Nei loro confronti la legge deve essere severa: e l’attenzione per le componenti “culturali” e “antropologiche” della loro attività illegale deve esserci (come è giusto, intelligente e, alla resa dei conti, utile): ma non deve essere superiore all’attenzione rivolta alle componenti “ sociali” dell’attività illegale degli italiani. Ma, va da sé, la severità della legge sarà tanto più efficace quanto più saranno vanificati tutti i possibili “alibi socio-economici”. E dunque, per chi lo voglia, l’integrazione non sia l’ennesima truffa ideologica o una manifestazione di retorica altruistica, bensì l’obiettivo concreto di politiche pubbliche intelligenti, razionali e - se necessario impopolari.

Pubblicato il: 14.08.07
Modificato il: 14.08.07 alle ore 9.56   
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