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Autore Discussione: Montecarlo formula Alberto. Ecco come sta cambiando il Principato  (Letto 5964 volte)
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« inserito:: Agosto 04, 2007, 10:03:39 pm »

Montecarlo formula Alberto

di Luca Piana da Montecarlo


Più miliardi. Più aziende. Più yacht. E sempre più italiani. In fuga dal fisco.

Ecco come sta cambiando il Principato 

Roman Abramovich c'è? "Non credo, il suo yacht è salpato due giorni fa". Vuol dire il Grand Bleu, costato 90 milioni di dollari? "No, quello l'ha venduto a un collaboratore. Intendevo l'altro, il Princess Mariana, con l'elicottero che atterra sul ponte".

Nel porto di Montecarlo il viavai è talmente intenso che un errore può scappare anche a Sergio, il velista romano che si prende cura del Tuiga, il centenario sloop con lo scafo in mogano del principe Alberto, ormeggiato accanto al Cotton Blossom dello skipper americano Dennis Conner. Il Mariana appartiene in verità al magnate messicano Carlos Peralta Quintero, settore costruzioni. Il miliardario russo Abramovich, noto ai più come proprietario della squadra londinese del Chelsea, di mega-yacht ne possiede altri tre. Tutti navigano spesso in Costa Azzurra. E il Pelorus, valore 120 milioni di dollari, dotato di elicottero e sottomarino portatile, si trova di frequente a Monaco, dove con i suoi 115 metri supera in lunghezza un altro ospite di riguardo, il Lady Moura del saudita Nasser al-Rachid. "Tutte queste persone importanti, dopo un po' uno smette di guardarle", si schermisce Sergio.

Se si osserva il Principato dal porto Hercule, i due anni dalla successione di Alberto al padre Ranieri non sembrano aver portato rivoluzioni. La Cash-City, la città dove il contante scorre a fiumi, appare forse un po' più borghese e, nel marketing mondano, soffre la concorrenza di altre mete, a cominciare da Dubai. Il Galà della Croce Rossa è stato anticipato a fine luglio, per dar modo a chi paga mille euro un biglietto 'sans boissons', bevande escluse, di andare in ferie in agosto, come gli impiegati di una volta. E anche quest'anno Charlene Wittstock, la nuotatrice sudafricana che da qualche tempo accompagna Alberto, è rimasta in seconda fila, deludendo gli assetati di emozioni altrui.

Gli affari però girano come non mai. I patrimoni depositati nelle banche sono triplicati rispetto a dieci anni fa. I nostalgici prendono d'assalto il Forum Grimaldi, sul lungomare, per ammirare la mostra su Grace Kelly, l'attrice americana che Ranieri sposò nel '56. In settembre, per la Classic Week organizzata dallo Yacht Club, sono attese a Monaco le barche storiche più blasonate, a cominciare dai velieri Creole e Avel di Alessandra e Allegra Gucci. I prezzi degli immobili hanno superato i 70 mila euro al metro quadro e il giornalista Jean-Michel Verne, nel libro 'Sous le Rocher... exactement' ha lanciato una voce clamorosa. Anche il presidente russo Vladimir Putin, ha scritto, avrebbe acquistato due appartamenti con vista 'imprenable', imprendibile, come dicono per i palazzi davanti ai quali è difficile costruire.

Le star in estate latitano? "Il nostro punto di riferimento, ormai, sono i tanti imprenditori che vengono ad abitare qui", dice Patrizio Ferrarese, nel Principato dal '59 e uno dei rari residenti accolti come cittadini a pieno titolo. Ferrarese guida la Monaco Boat Service, una struttura in pieno Quai Antoine I che custodisce e mette in acqua per la propria clientela 250 motoscafi Riva, quelli che un tempo erano costruiti in legno e in fibra di vetro e che, negli anni del boom economico, resero celebre il suocero Carlo Riva da Sarnico, sul lago d'Iseo. Per chi cerca un'occasione, in vetrina c'è il listino dell'usato: per un Aquarama Special del '72 ci vogliono 450 mila euro.

A dispetto di un'economia che per certi versi non è mai stata così rutilante, a Monaco cova però qualche malessere. A fine luglio il settimanale parigino 'Nouvel Observateur' ha colpito duro, definendo il Principato "un vascello fantasma" e Alberto "il monegasco volante". Le critiche erano rivolte alla scarsa determinazione mostrata dal principe, che pure qualche risultato l'ha ottenuto, nel portare avanti quella modernizzazione che aveva annunciato al momento dell'insediamento. I suoi obiettivi dichiarati sono soprattutto tre: promuovere una causa universale come l'ecologia; rendere le banche più trasparenti; favorire l'arrivo di nuovi talenti e lo sviluppo delle imprese, a cominciare da quelle finanziarie.

Oggi però, è l'accusa, al confronto quotidiano con i poteri locali Alberto preferisce i viaggi all'estero. E così non è stato in grado di sostenere il principale fra i suoi consiglieri personali, Jean-Luc Allavena, il compagno di scuola che aveva prelevato a Parigi al momento dell'insediamento. Dopo appena un anno, durante il quale gli avevano appioppato il nome di Alberto III, il giovane Allavena è stato licenziato, vittima della guerra di logoramento attuata dal capo del governo Jean-Paul Proust, l'ex prefetto voluto da Ranieri.

L'apparente contraddizione fra il boom degli affari e i malumori attuali è in parte legata a un cambiamento che sta avvenendo in questi anni: il sorpasso numerico dei residenti francesi da parte degli italiani. Un fenomeno che sta facendo di Monaco una sorta di principato d'Italie. Per capire la portata della novità si può partire da un cantiere aperto a tre minuti a piedi dalla curva della Rascasse del tracciato di Formula Uno. "Vede quei palazzi in costruzione? Le sembrerà un paradosso, eppure sono case popolari". Chi parla è Bernard Vatrican, uno scrittore la cui famiglia vive a Montecarlo dal Settecento, poco amato in patria per i suoi giudizi caustici ("A Monaco riflettere è già disobbedire", o "qui c'è una grande forza, l'inerzia").

Nelle metropoli europee, le case popolari monegasche farebbero gola a chiunque. Dipinte in bianco e senape, appaiono più eleganti dei grattacieli che nel tempo hanno stravolto la città sotto l'impulso del 'principe costruttore', com'era chiamato Ranieri. Gli appartamenti saranno affittati a mille euro al mese per due stanze più soggiorno, un quarto del prezzo di mercato. Ne avranno però diritto solo i 7 mila sudditi di Alberto. E qui sta il problema.

I veri e propri cittadini di Monaco rappresentano una fetta limitata degli oltre 32 mila residenti. Sono gli unici con diritto di voto e già oggi beneficiano di vari privilegi, a cominciare dal lavoro assicurato al Casinò o nei vari alberghi e ristoranti gestiti dalla Société des Bains de Mer. Se gli altri fossero tutti nababbi rifugiati in Riviera per sfuggire al Fisco, nessuno farebbe questioni. Per questi, Monaco offre il meglio. Chiunque di notte può lasciare parcheggiata per strada una Aston Martin senza farsela scalfire. Da Nizza ci sono voli diretti per Roma e New York, Mosca e Riyadh. I bambini vanno a scuola da soli. La piccola criminalità è ridotta all'osso, grazie anche alle 330 videocamere sparpagliate ovunque. "Ci sono però molti stranieri che vivono a Monaco senza essere necessariamente ricchi. Sono i residenti francesi che, da sempre, costituiscono l'ossatura della pubblica amministrazione, gestiscono i negozi, lavorano come impiegati", dice Vatrican. Che aggiunge: "Questo modello di sviluppo non basta più, una città dove i giovani non possono trovar casa è una città senz'anima".

La mancanza di diritto colpisce anche quei 30 mila pendolari che, ogni giorno, si riversano su Monaco per lavorare e che qui pagano i contributi, avendone in cambio un trattamento assistenziale che solo di recente è stato migliorato. Pochi lo sanno ma, in effetti, nel Principato sono installate numerose aziende. Se in queste sere d'estate si passa nel quartiere di Fontvieille, strappato al mare negli anni Settanta, attraverso i portoni aperti si possono vedere al lavoro le tute blu della Mecaplast, un'industria di componenti in plastica per auto fondata nel 1955. La fabbrica è a 200 metri in linea d'aria dal palazzo del principe e gli operai sono probabilmente quelli più prossimi a una testa coronata che si possano trovare in Europa.

In tutto oltre un centinaio di aziende sono affastellate in grattacieli chiamati 'hotels industriels', per beneficiare di particolari agevolazioni fiscali. Una delle maggiori, con circa 400 addetti, è il gruppo petrolifero - con quartier generale in Olanda - Single Buoy Moorings, ma c'è anche il centro brevetti della Ferrero, la multinazionale italiana del Kinder. E proprio a Fontvieille la famiglia Ferrero avrebbe anche la propria dimora nel Principato.

Il marchio che contraddistingue i francesi dagli altri residenti è semplice: il domicilio a Monaco non consente loro di scansare le imposte. È così dal 1959, per volere del presidente Charles De Gaulle. Vivere in città, per loro, sta diventando così insopportabilmente costoso. E i numeri dell'esodo sono impressionanti: nel 1990 erano oltre 12 mila; dieci anni dopo erano ridotti a 10 mila; oggi si calcola che siano circa 8 mila.

Anche se il governo non diffonde statistiche aggiornate, molti sono convinti che il numero degli italiani sia ormai più elevato. I nostri connazionali, in effetti, sembrano amare sempre più Monaco, a dispetto delle battaglie che il Fisco combatte contro chi cerca solo di eludere le tasse. 'Les italiens', che nel 1990 erano 5 mila, dieci anni dopo erano saliti a 6.410; oggi molti concordano nel dire che sarebbero circa 8 mila. Non sono solo gli italiani a sbarcare a Monaco. Molti arrivano anche dal Belgio, dalla Gran Bretagna e dai paesi Scandinavi. I russi, che pure in genere preferiscono le ville spaziose di Cap Ferrat, sarebbero un centinaio.

Avere la residenza è ambito perché, ovviamente, chi ne beneficia non paga tasse sui redditi. Nelle 42 banche presenti a Monaco al 31 marzo scorso erano depositati 73,6 miliardi di euro, due in più rispetto a un anno prima. Circa un terzo di questo patrimonio sarebbe di proprietà dei residenti, il resto è depositato da clienti off-Monaco (uno su cinque sono italiani), che ormai sui proventi finanziari devono versare un'imposta crescente (nel 2011 arriverà al 35 per cento). Edoardo Loewenthal, il manager che da gennaio 2006 guida la Compagnie Monegasque de Banque, uno dei principali istituti di Monaco, controllato dall'italiana Mediobanca, dice che l'impegno del governo contro il riciclaggio di denaro sporco, l'ombra che ha sempre gravato sul Principato, è oggi molto severo. Se i conti non tornano, si rischia una denuncia alle autorità. Ma il segreto bancario inviolabile non è l'unica ragione per avere la residenza: "I critici hanno sempre puntato i riflettori sulla Monaco delle mondanità e degli scandali, ma in realtà c'è una città che lavora, un governo che governa e un modello di Stato che funziona, anche se magari non è esportabile", dice Loewenthal.

Ecco dunque che cosa scatena il tarlo che sta erodendo le possibilità di chi non ha grandi fortune da parte. La fame di appartamenti è enorme, l'offerta poca, perché chi compra lo fa per viverci almeno alcuni mesi l'anno, condizione necessaria per avere la residenza. Il fatto che i nuovi palazzi riservati ai monegaschi abbiano poi monopolizzato le ultime costruzioni, ha ridotto ulteriormente gli spazi. Risultato: nei condomini più noti, dal Park Palace vicino al Casinò al Sun Tower davanti all'albergo Hermitage, i prezzi hanno raggiunto i 50 mila euro al metro quadro. Per i pezzi migliori, poi, le transazioni supererebbero i 70 mila. Negli ultimi tempi uno degli affari più eclatanti l'ha fatto un italiano che lavora a Londra ed è residente a Montecarlo: Stefano Pessina, numero uno delle farmacie inglesi Boots, che avrebbe comprato per 50 milioni di euro la villa dell'ambasciatore francese. Nella Monaco di cemento, un giardino vale oro.

Tutta questa fame ha rimesso in moto un vecchio progetto: l'estensione della città su un nuovo quartiere, che nascerà sul mare davanti al Grimaldi Forum. Dodici ettari dove verranno costruite abitazioni, un albergo e un museo. L'appalto sarà aggiudicato il prossimo anno, i lavori dureranno dieci anni. In virtù della sua vena ambientale, Alberto ha chiesto che l'intera area non venisse interrata, ma realizzata su una struttura di cemento armato che deturpi meno possibile il fondale. Per il basamento, si racconta, i costi previsti saliranno da 500 milioni a circa 3 miliardi di euro.

Ma l'affare resta: si calcola che il valore commerciale delle costruzioni, ai prezzi attuali, supererà gli 11 miliardi. In gara, fra gli altri ci sono anche aziende italiane: la Astaldi di Roma, il gruppo veneto Mazzi e la Saipem (Eni). Negli anni Settanta a costruire Fontvieille furono tra gli altri gli Agnelli e la famiglia Memmo. E il 12 luglio Daniela e Patrizia Memmo sono state nominate da Alberto suddite del Principato. Un motivo in più, oggi, per buttarsi nella nuova opera.

Par la grace de Dieu.
 


E sulla rocca sventola il tricolore

di Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli

 
Italiani che arrivano, altri che partono. Tutti con uno stesso obiettivo: lasciarsi alle spalle il peso del fisco. Il problema è sentito soprattutto da chi non può nascondere i propri affari nemmeno nel Principato della privacy blindata: uomini di spettacolo e star dello sport. Molti di loro stanno ancora combattendo contro l'assedio lanciato nel 1999 dall'Agenzia delle entrate, quando l'allora ministro Vincenzo Visco dichiarò guerra al santuario monegasco. In questi anni alcuni hanno preferito la ritirata, sfruttando la protezione offerta dallo scudo tremontiano. Katia Ricciarelli e Luciano Pavarotti, per esempio, hanno fatto marcia indietro, rinunciando alla residenza nello staterello dei Ranieri. Altri invece con spirito sportivo non mollano e vanno avanti nel duello con l'erario. Gli alfieri della resistenza sono Mario Cipollini, Max Biaggi, Loris Capirossi, Alberto Tomba. Nella stessa posizione anche personaggi dello showbusiness come Ezio Greggio e Daniela Zuccoli, moglie e collaboratrice professionale di Mike Bongiorno. Una pattuglia in fuga sulla corniche, inseguita dai contenziosi. L'ex campione del mondo di ciclismo Cipollini, nonostante viva e si alleni a Lucca, insiste col rivendicare davanti ai funzionari del fisco la residenza monegasca. Sulla base degli accertamenti delle Fiamme Gialle gli è stato però contestato di non avere pagato le tasse su 5 milioni di euro: un'imposta evasa da un milione, solo nel periodo 2001-2005. All'Ufficio delle entrate non è rimasto che pignorare coppe, targhe, biciclette e altri beni per recuperare almeno una parte di quanto dovuto.

Anche il romagnolo Capirossi non intende alzare bandiera bianca: il contenzioso va avanti da almeno quattro anni, ma lui continua a sostenere di vivere tra le stradine tortuose del Principato, di sicuro un buon circuito di prova in vista dei gran premi. Molti hanno capito che la rocca non avrebbe tenuto lontano i finanzieri: meglio venire a patti con le imposte e rimpatriare. Andrea Bocelli, per esempio, nell'aprile 1997 aveva messo su casa nel dominio dei Grimaldi. Poi sono arrivati i rilievi della Finanza: un danno doppio, perché rischiava di offuscare l'immagine di uno dei simboli dell'italianità da esportazione. Così, approfittando del condono voluto da Giulio Tremonti nel 2003, Bocelli è tornato a casa: lo scorso anno ha chiuso ogni vertenza con le Finanze. Un bentornato in Italia è stato dato anche a Katia Ricciarelli, che dalla carriera lirica adesso è passata a incursioni nel cinema e nella tv, i cui conti sono già stati saldati sancendo la fine della permanenza più che decennale nel Principato. Infine è doveroso menzionare il più famoso, Luciano Pavarotti, la cui tregua col fisco fu addirittura festeggiata insieme all'ex ministro Ottaviano Del Turco. Il tutto in attesa di qualche altro figliol prodigo.
 

Lord Foster fa rinascere lo Yacht Club
 
Allo Yacht Club de Monaco la chiamano 'La belle classe'. È una specie di scuola dove i nuovi ricchi che premono alle porte del Principato possono imparare l'etichetta del mare. Lo stesso Yacht Club, che conta fra i suoi membri onorari Juan Carlos di Spagna, il velista americano Paul Cayard e l'Aga Khan, dovrà però fare attenzione a non perdere lo charme che caratterizza i saloni un po' vecchiotti dell'edificio attuale, proprio sotto la torre del Fort Antoine. E per questo che l'opera è stata affidata a una delle archistar più importanti del pianeta: Norman Foster. Chi meglio di un Lord può mettere mano all'immagine del Principato?

La prossima primavera inizieranno i lavori per costruire la nuova sede, su un molo da poco terminato proprio dall'altra parte della baia del porto. Dalla matita di Foster si è materializzata una specie di nave in cristallo a più piani, che ospiterà anche un museo navale e un centro per le attività sportive. Il costo previsto è di 75 milioni di euro. Una cifra da nuovi ricchi.
 

Cacio, pepe e champagne

di Sabina Minardi

Locali meno ingessati e party esclusivi. Così la mondanità torna giovane
 
Il Principato prova a rilanciare se stesso. E a proiettare nel mondo un'immagine meno claustrofobica e più moderna di quella dei Galà della Croce rossa, i riti da Yacht Club, il Ballo della rosa: peraltro già quest'anno molto meno ingessato. E ispirato al caos pirotecnico dei gitani.

Dopo stagioni di noia profonda, a rimpiangere una mondanità defunta da un pezzo, la Société des Bains de Mer, deus ex machina del divertimento sotto la rocca, aggiorna la lista delle attrazioni. E punta sullo Sporting Summer Festival, con nomi come Pink, Bryan Ferry, Biagio Antonacci, Joaquin Cortes per richiamare dalle notti di Ibiza i coetanei di Pierre, Charlotte e dell'intera tribù regale.

Intanto, la bella gioventù sfila, dall'aperitivo al dopocena, in una triade di locali che si confermano avamposti di capricci e tendenze. E gli italiani si accodano: tutti al divertente Sass Café, su Avenue Princesse Grace, specialmente di giovedì; appuntamento allo Zebra Square, lounge bar con divani e cuscinoni all'ultimo piano del Grimaldi Forum; un drink al Blue Gin, novità nella terrazza bordo mare del Montecarlo Bay, con 17 cocktail diversi a base di gin. Resta un classico, ma non per questo démodé, l'Hotel de Paris, che ha appena aperto le sue cantine da 600 mila bottiglie per un chilometro di scaffali. Ma è il Sea Lounge, annesso al Beach Hotel, il locale più tenuto d'occhio, per il via vai internazionale, della Montecarlo attuale, preferito dai nomadi di lusso della comunità virtuale Small World. Sul mare, è apprezzato per gli aperitivi sulla musica di noti dj e per le feste: dopo il Pink Party di luglio l'attesa è per il White Party di Ferragosto, gemello di eventi analoghi tra Amsterdam e Miami, bianco totale per dress code. Tra le discoteche più nuove Karement, al Grimaldi Forum, è il preferito dai giovanissimi. Jimmy'z, aperta da 30 anni, resta la disco per eccellenza: passaggio obbligato per modelle russe e italiani appena arrivati. Perché per residenti o habitué è tutta un'altra storia. E le transumanze si snodano tra una partita di golf al Montecarlo Golf Club a una di tennis al Country Club. Tra un invito in barca e un cocktail in villa: dal Force Blu di Flavio Briatore a villa Caltagirone, intesa come Azzurra.

"Sono le feste private le occasioni più ricercate", conferma Francesco Leccisi, manager per Campari International, che a Montecarlo si è trasferito per lavoro: "Party a cui si accede col passaparola.

Nei villoni affacciati sulla riviera, tra Villafranche e Beaulieu. Una delle più esclusive quella organizzata da Nicole Coste", l'ex hostess da cui Alberto ha avuto una figlia. Il tam tam è in moto per promuovere, con organizzazione italiana e ospiti selezionati, una megafesta al Vista Palace per il 31 agosto. E già si mormora di un altro appuntamento, il party Sky Vodka, il primo settembre.

Lettini separati, per turisti e proprietari di lungo corso, anche sotto il sole: mentre i secondi si stendono in barca, i forzati del posto giusto in terra si abbronzano allo Zebra Beach di Beaulieu.


E a Mala Beach, a Cap d'Ail. Lo stabilimento più trendy? La reserve de la Mala. Dove invece le traiettorie si incrociano è al ristorante: dall'immancabile Alain Ducasse, se non nel suo stellato tempio all'Hotel de Paris, sulla terrazza più informale sul porto di Fontvieille: il Bar & Boeuf. Grande vista all'Hirondelle (Les Thermes Marins), dove lo chef Jackie Oberti fa proseliti con le sue alchimie mediterranee. La Vigie, al Beach Hotel, è una 'zattera' di lusso per i romantici. Sulla laguna del Bay Hotel & Resort si fa notare Las Brisas per i light lunch. Ma quando è l'ora del décontracté non c'è snobismo che tenga: l'etnico si prende la rivincita. Da Fusion, sushi e cibo con le mani. Ma soprattutto in due indirizzi dai nomi inequivocabili: Polpetta e Cacio e pepe.

da espressonline.
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