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Autore Discussione: G20, sì alla vigilanza senza frontiere  (Letto 2191 volte)
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« inserito:: Marzo 15, 2009, 10:29:43 pm »

15/3/2009 (8:39) - IL CASO


G20, sì alla vigilanza senza frontiere
 
Controlli internazionali su banche agenzie di rating ed hedge funds

STEFANO LEPRI
INVIATO A HORSHAM (LONDRA)


Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l’epoca della finanza sregolata è finita. «C’è un forte consenso sul bisogno di riforme perché una crisi come questa non accada mai più» riassume al termine del G-20 il ministro del Tesoro Usa Tim Geithner, e quello che si farà comporta un’ampia autocritica da parte del suo paese. A Giulio Tremonti pare emblematica la frase che ha trovato in un documento portato dalla Cina: «Finora si pensava che il miglior modo di fare regole fosse di farne poche; adesso è l’opposto».

I propositi concordati ieri sono ambiziosi. Saranno sottoposte a vigilanza le agenzie di rating, che certificavano per ottimi i titoli «tossici»; le banche globalizzate saranno sottposte a collegi di vigilanza multinazionali, e non potranno più assumere rischi fuori bilancio; gli hedge funds dovranno registrarsi e fornire informazioni sui loro investimenti; si metterà un freno agli eccessivi compensi dei manager della finanza; si prenderanno contromisure a carico dei paesi che funzionano come «paradisi fiscali» o legali.

Con la riunione di ieri di ministri dell’Economia e banchieri centrali, in un albergo della campagna inglese, il G-20 si afferma definitivamente come il principale organo di governo del pianeta. Spiacerà all’Italia, che del G-7/G-8 quest’anno è presidente di turno, ma è la nuova realtà del mondo. Nel G-20 ci sono Cina, India, Brasile, Sudafrica, Arabia Saudita, Messico, Turchia; in realtà i governi rappresentati ieri a contar bene erano 21, più la Commissione europea; insieme assommano circa l’80% dell’economia mondiale. Lo scopo era di preparare il vertice dei capi di Stato e di governo, il 2 aprile a Londra. A quella data si rinvia una decisione urgente, stabilire i nuovi soccorsi ai paesi in difficoltà, sotto forma di rifinanziamento del Fondo monetario internazionale. Si parla di andare oltre un raddoppio dei fondi. Ma chi ha più capitali in cassaforte, la Cina, rifiuta un contributo straordinario. Frattanto si è concordato di riformare il Fmi, dando più potere ai paesi emergenti. Finisce la prassi per cui a dirigerlo era sempre un europeo, e a presiedere la Banca mondiale un americano: ora «selezione aperta basata sul merito».

E dai guai in cui siamo, come usciremo fuori? «Sarà un processo lungo» ammette il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi: nemmeno per il 2 aprile occorre attendersi «decisioni risolutive». Nella riunione di ieri, Geithner ha percepito «l’impressione che la velocità di caduta dell’economa stia rallentando». Lo scenario peggiore, quello della deflazione (prolungata caduta dei prezzi) «non è l’ipotesi principale che ci ha fatto il Fondo monetario nel suo rapporto» precisa a sua volta Draghi. La formula retorica del G-20 è «Siamo pronti a tutte le misure necessarie per ritornare alla crescita». Senza rimettere in piedi le banche, specie statunitensi e britanniche, non si andrà da nessuna parte. Parlando in qualità di presidente del Forum per la stabilità finanziaria (Fsf, nelle parole di Geithner ora una istituzione chiave, accanto a Fmi, Banca mondiale e Wto) Draghi ha ipotizzato che la direzione in cui muoversi sia un quadro di garanzie complessive ai crediti; garanzie pubbliche, a somiglianza del reddito che si assicura a chi resta disoccupato. Nelle linee guida per risanare la finanza, un documento di tre pagine pure approvato dal G-20, si concorda tra l’altro che la ripulitura dai titoli tossici sarà condotta con criteri omogenei fra i vari paesi, e trasparenti. Ma qui il tassello principale è che cosa decideranno gli Usa. Forse si saprà qualcosa di più in settimana.

da lastampa.it
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