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Autore Discussione: "Ogni 100 euro di profitti pago 98,5 di tasse"  (Letto 3205 volte)
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« inserito:: Luglio 27, 2007, 10:31:01 pm »

Succede alla Baraldi Lubrificanti, un´azienda familiare di Osteria Grande

"Ogni 100 euro di profitti pago 98,5 di tasse"

Luciano Nigro


OGNI cento euro di profitti, ne ha pagati 98,5 di tasse. Proprio così quasi tutto il reddito lordo divorato dai tributi. Come se ad un operaio che guadagna 20 mila euro lordi, ne lasciassero solo 300 all´anno in busta paga. Non è uno scherzo, ma lo strano caso della Baraldi lubrificanti per uso industriale di Osteria Grande. L´aziendina familiare, dodici addetti, con un discreto mercato internazionale, tre milioni di euro di fatturato, ha avuto la sorpresa di chiudere il bilancio con un utile prima delle imposte di 57.254 euro e di vedersene prelevare dal fisco 56.391. Ai tre soci della srl, padre e due figli, è rimasto un «profitto» di 863 euro. Nemmeno un caffè al giorno a testa. A raccontarlo, «non per piagnisteo, ma per far capire che le tasse rischiano di dare la mazzata definitiva a un sistema di piccole imprese che già arrancano» è Luca Baraldi.

«Non sto piangendo - insiste l´orgoglioso imprenditore emiliano di terza generazione, 45 anni - anche perché la mia è un´azienda fortunata. Siamo quasi una "multinazionale tascabile" dopo la joint venture con i francesi di Motul, conosciuti perché sponsorizzavano Valentino Rossi». Baraldi però ritiene che si sia arrivati a un punto limite. Perciò trova sacrosanta la campagna di Unindustria a Bologna per dimostrare che la pressione fiscale sulle imprese, soprattutto quelle più piccole, è ben superiore al 37,5% delle stime ufficiali.

Nel suo caso è quasi il triplo. Possibile? «Possibile purtroppo - risponde l´imprenditore mostrando le carte - questo è il mio bilancio». Per quale mistero, dunque, se «guadagni» 57 mila euro, ne restano in tasca, dopo il la dichiarazione dei redditi, meno di mille? «Ecco qua - dice l´imprenditore - 25.670 sono di Ires, la tassa sui redditi, e 30.721 di Irap l´imposta che agisce sui costi, in particolare sul lavoro, indipendentemente dall´utile dell´azienda».

Una doppia tassazione incrociata che produce l´effetto perverso di portarsi via tutto il guadagno. Con un meccanismo del genere è anche possibile rimetterci, e a volte succede, perché l´Irap agisce anche se l´utile è più basso. L´unico modo per mettere da parte qualche lira di guadagno, per aziende di queste dimensioni, sarebbe aumentare i profitti. Facile dirlo, più complicato realizzarlo. «Se l´utile ante imposte fosse stato due o tre volte, il margine lo avremmo avuto - dice Baraldi - e infatti noi ci stiamo provando, cerchiamo di allargare i mercati. Ma, credete, non è facile per una piccola azienda. Spesso i tuoi clienti, che sono altre aziende, calano perché qualcuno salta per aria. Quindi, o trovi la strada per allargare il mercato a livello internazionale o sei fritto. Sono finiti per sempre i tempi in cui, se lavorava la Fiat eravamo tutti contenti perché lavoravamo tutti. Oggi se la Fiat vende di più, godono in Polonia, magari, o in India». E´ la globalizzazione, bellezza.

Come campa, allora il signor Baraldi? E chi glielo fa fare di stare tutto il giorno in fabbrica o in giro per il mondo a caccia di clienti? «Vuole sapere quanto guadagno? Non ho nessun problema a rispondere che dall´azienda ricavo un reddito decoroso di 55-60 mila euro lordi e che uno stipendio da dirigenti hanno pure mio fratello e mio padre. Sono una persona serena, sto bene nella vita a prescindere dagli utili aziendali. Ma il punto è un altro.

Un´azienda che vuole sopravvivere, soprattutto se è piccola, deve spendere in ricerca come le grandi per competere, deve pagare tasse sul lavoro come le grandi e in proporzione, come abbiamo visto, molto di più. Ma se si toglie ogni utile e si tassa ogni investimento in lavoro o in ricerca, si impedisce al soggetto giuridico azienda di darsi un futuro. Nel nostro caso, ogni costo è tassato. Abbiamo quattro auto in azienda e possiamo scaricare solo il 10% delle spese. Capisco la logica del governo, perché l´Italia è il paese dei furbi, ma sono certo di non esagerare, conoscendo molti colleghi, che il nostro non è un caso limite, ma un situazione normalissima e che la pressione fiscale, soprattutto sui piccoli, rischia di essere un mazzata». Un´accusa, quella di Baraldi, con un sapore oggettivamente bipartisan. Il bilancio che esibisce, infatti, è stato presentato nel 2006 e riguarda i conti del 2005.

(27 luglio 2007)

da espresso.repubblica.it
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