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Autore Discussione: Il mondo malato al "Sanatorio Davos"  (Letto 2692 volte)
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« inserito:: Gennaio 30, 2009, 10:53:01 pm »

Quasi 2500 partecipanti: ma il clima è triste e le idee sono poche

Il mondo malato al "Sanatorio Davos"

Capi di governo, banchieri e industriali: responsabili della crisi, tenteranno di trovare una via per uscirne


Da uno dei nostri inviati  Danilo Taino

 
DAVOS (Svizzera) – «Le volpi sono tornate subito a fare la guardia al pollaio», considerava con ironia un economista brasiliano, martedì sera, appena arrivato al vertice di Davos che inizia mercoledì mattina. In effetti, è curioso osservare i quasi 2.500 partecipanti – più che in passato – cercare di salvare il mondo in quattro giorni dopo che molti di loro hanno passato anni a dare un contributo per metterlo in crisi. Di volpi ne correranno parecchie, fino a domenica, tra le montagne di Grigioni, nel paesino dei sanatori raccontati da Thomas Mann nella Montagna Incantata.

LA CRISI E IL DOPO CRISI - Il brasiliano, però, coglie solo una parte di quel che sarà il World Economic Forum 2009, anno della grande crisi, inizio della stagione di arretramento della globalizzazione e di ritorno dello Stato nell'economia. Molti dei presenti – capi di governo, ministri, banchieri, industriali, grandi manager, sindacalisti, economisti, scienziati – cercheranno sinceramente di spiegarsi e spiegare cosa sta succedendo. Alcuni anche di imparare. Nel caos che regna, può darsi che qualche mente riesca a fare un po' di luce. Non trattenete il fiato, comunque: bisognerà cercarla nelle pieghe dei dibattiti. Quest’anno il titolo del Forum è "Dare forma al mondo del dopo crisi". Allo scopo, ci saranno il primo ministro russo Vladimir Putin, che sul come creare stati di emergenza è un maestro; Wen Jiabao, premier della Cina, la quale ha un surplus della bilancia dei conti correnti che è una delle ragioni della crisi globale; il primo ministro britannico Gordon Brown, che per anni è stato ministro delle Finanze di uno dei Paesi oggi in maggiori difficoltà; Angela Merkel, cancelliera tedesca accusata, forse non sempre giustamente, di fare troppo poco per uscire dalla recessione, comunque alla guida di un altro Paese con forte avanzo commerciale. In tutto, una quarantina di capi di governo le cui politiche di guai ne hanno fatti parecchi: sono a Davos anche per dire che comunque spetta a loro tracciare non solo la strada per uscire dai pasticci ma anche disegnare un nuovo ordine mondiale. Non sono d’accordo tra loro, ma sperano che la Montagna Incantata sia anche Magica.

ELITE GLOBALE - Ci saranno banchieri e top manager da anni parte di quella élite globale che, secondo molti, ha approfittato degli anni di credito facilissimo per cementare il suo potere e spesso i suoi bonus. E ci saranno alcuni degli ispiratori delle politiche di bassi tassi d'interesse – con bolle seguenti - portate avanti per anni dalle banche centrali. L'ex banchiere centrale e oggi nuovo segretario alle Finanze di Barack Obama, Tim Geithner, e il consigliere economico del presidente americano, Larry Summers, erano previsti ma probabilmente non ci saranno. Si dice abbiano cose più importanti da fare e non siano certi che il mondo si salva a Davos. E ci saranno gli economisti, i quali, chi più chi meno, non avevano previsto. Bene, saranno sempre loro a tracciare gli scenari, ad avanzare proposte, a consigliare medicine. Suggeriranno controlli più stretti, più interventi di Stato per salvare banche e imprese con il denaro dei cittadini, modelli nuovi e così via: vedremo. Certo, rispetto agli anni scorsi il clima è triste, poche feste e poche idee grandiose. Il mondo è malato: benvenuti al Sanatorio Davos.


27 gennaio 2009(ultima modifica: 28 gennaio 2009)
da corriere.it
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« Risposta #1 inserito:: Gennaio 30, 2009, 10:53:58 pm »

Le élite degli affari italiane a confronto

Marcegaglia: «Serve più concorrenza per ringiovanire le nostre imprese»

«Il mercato del lavoro milita contro i giovani. Abbiamo bisogno di più concorrenza nella nostra economia»

Dal nostro inviato Federico Fubini

 
DAVOS (SVIZZERA) – L’Italia al centro del “World Economic Forum” per una mattinata. E, per una volta, l’effetto della crisi finanziaria non si riflette sul Paese solo in negativo. Sarà la tempesta originata dai Paesi anglofoni fino a poco fa indicati come modelli, ma un po’ a sorpresa l’Italia, settima economia del mondo, non ne esce come la maglia nera di praticamente qualunque classifica. Il problema, nelle parole di Emma Marcegaglia di Confindustria, è piuttosto la «cronica mancanza di meritocrazia» che rallenta la crescita sociale, culturale e economica del Paese.

L'INCONTRO - Come ogni anno a Davos, si è tenuta questa mattina una prima colazione ristretta dedicata all’Italia e soprattutto alla difficoltà che incontrano i più giovani ad affermarsi rapidamente nelle loro carriere. La lista degli invitati riuniva le élite degli affari italiane e non solo: c’erano gli amministratori delegati di Intesa Sanpaolo e Unicredit, Corrado Passera e Alessandro Profumo, il presidente di Telecom Italia Gabriele Galateri, Emma Marcegaglia, Domenico Siniscalco di Morgan Stanley, Mario Moretti Polegato di Geox, James Murdoch che in Italia cinque anni fa ha lanciato Sky e l’amministratore delegato di Gucci Robert Polet. «L’Italia non è un Paese per giovani», era il titolo dell’incontro e Emma Marcegaglia non ha fatto nulla per nascondere il problema: «La cronica mancanza di meritocrazia, lo sbarrare la strada ai giovani ci provoca uno svantaggio competitivo», ha detto. «Il mercato del lavoro milita contro i giovani. Abbiamo bisogno di più concorrenza nella nostra economia, solo questo può ringiovanire le nostre imprese e renderle più aperte al cambiamento».

TONI NON NEGATIVI - Quasi tutti d’accordo con Marcegaglia eppure, a differenza di altre simili discussioni sull’Italia, quest’anno i toni non sono stati solo negativi. Magari è appunto la crisi partita dal sistema finanziario anglosassone, che ha indotto molti a riconsiderare alcuni giudizi. Certo Robert Polet di Gucci è apparso molto più ottimista sull’Italia di molti italiani: «Avete maggiori virtù di quanto non ve ne riconosciate, i vostri ingegneri sono migliori di quelli tedeschi o francesi, perché riescono a essere anche creativi - ha detto Polet –. Il gusto, la capacità di lavoro nei distretti industriali, l’attenzione ai dettagli e costi nel complesso bassi conveniente produrre in Italia». Piuttosto, il problema per Polet è la lentezza con la quale i giovani si emancipano dalle famiglie. D’accordo con Polet James Murdoch, figlio del fondatore di NewsCorp e azionista di controllo di Sky Italia. «Siamo partiti cinque anni fa e con noi è cresciuta una generazione di professionisti giovani di primo livello. Alcuni ora lavorano in Germania per Première». Ma Murdoch lamenta la rigidità del mercato del lavoro, che secondo lui rallenta la selezione dei migliori nei posti di responsabilità.

OSTACOLI - Altro problema, gli ostacoli agli investimenti esteri «create dall’establishment a livello imprenditoriale e dei regolatori». Eppure, si è lamentato Murdoch, «in Italia abbiamo creato diecimila posti». Per Alessandro Profumo, una grave difficoltà nella selezione di nuovi ceti dirigenti è la riluttanza dei più anziani a farsi da parte. «Anche per questo lascerò a 60 anni anche se – ha scherzato Profumo – potrei finire per farlo prima». Con un’aspettativa di vita oltre gli 80 anni, Profumo ha notato che è difficile chiedere di rinunciare al posto a chi ha raggiunto una posizione da dirigente intorno ai 55. Corrado Passera, quanto a questo, ha ricordato la sua esperienza alle Poste: «Se in Italia abbiamo riformato le Poste – ha detto – possiamo riformare in nome della meritocrazia qualunque cosa».

30 gennaio 2009
da corriere.it


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