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Autore Discussione: Giovanni Bianconi. Quella condanna ignorata dai politici  (Letto 2301 volte)
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« inserito:: Dicembre 20, 2008, 12:18:34 pm »

L'inchiesta di 12 anni fa A Romeo furono dati 4 anni e mezzo, nel 2000 il reato fu prescritto

Quella condanna ignorata dai politici

Nel '96 la Tangentopoli napoletana, ma l'imprenditore continuò ad avere appalti

DAL NOSTRO INVIATO


NAPOLI — I pubblici ministeri che ritengono di aver svelato il «sistema Romeo» per truccare le gare d'appalto a Napoli e chissà in quale altra città, avvertono: «A tutt'oggi opera una struttura criminale, nata dall'intuito perverso di Romeo Alfredo, che è in grado di condizionare pesantemente il buon andamento e l'imparzialità di ogni azione e di ogni programma di un qualsivoglia ente pubblico campano e nazionale, al fine di soddisfare gli interessi dello spregiudicato imprenditore».
Le giustificazioni addotte dall'imprenditore in questione nell'interrogatorio svolto in carcere (per dire che il «sistema» non esiste e lui non mirava al mega-appalto da 400 milioni, bensì ad assumere il ruolo di «consulente» del Comune) non li hanno minimamente convinti. Semmai ai loro occhi assumono maggiore sincerità le dichiarazioni di Romeo sul desiderio di avere buoni rapporti con tutti. Ma per motivi diversi da quelli addotti.

RAPPORTI TRASVERSALI - Commentando le intercettazioni con i due deputati Italo Bocchino, del Popolo della libertà, e Renzo Lusetti, del Partito democratico, i magistrati scrivono nella richiesta d'arresto: «Le conversazioni che Romeo intrattiene amabilmente con i due parlamentari, anche per i medesimi argomenti, sempre legati agli interessi economici del primo, fanno venire alla luce una trasversalità di rapporti che garantiscono al Romeo la certezza della realizzazione dei propri affari vita natural durante, a prescindere dalle coalizioni di volta in volta prevalenti».
Parole che sembrano copiate da un altro procedimento giudiziario a carico dello stesso imprenditore, precedente di dodici anni. È la sentenza del tribunale di Napoli che nel 1996 lo condannò a 4 anni e mezzo di carcere per la Tangentopoli locale, verdetto ridotto a 2 anni e mezzo di carcere nel '99, finché nel 2000 la Cassazione dichiarò il reato prescritto. Nella prima condanna i giudici scrissero: «Romeo non lascia nulla al caso. Egli infatti, nel corso dell'iter amministrativo (degli appalti, ndr) prende contatti con tutte le forze politiche e a tutte, in relazione alla loro importanza, offre contributi, anche se cerca il concreto appoggio solo del "partito trasversale"...». E poi: «L'attività di Romeo non si ferma. Egli non mira solo alla gestione del patrimonio della città di Napoli; ha interessi, come da lui stesso affermato, nella Immobiliare Italia e mira alla gestione del patrimonio del Comune di Roma, e ad estendere l'esperienza napoletana anche altrove...».

IL «VECCHIO DELLE MONTAGNE» - Parole di cui nessuno s'è preoccupato, evidentemente, quando s'è trattato di reinserire Romeo nei circuiti degli appalti pubblici. E che suonano profetiche, aggiungono oggi i pubblici ministeri napoletani, citando testualmente questo brano di sentenza nel loro documento datato settembre 2008. Rendendolo attuale con le intercettazioni dello scorso anno, dove compaiono i nomi più disparati quando l'imprenditore fa riferimento ai possibili appoggi cui può ricorrere. «Se è quell'aria», dice a Lusetti il 1˚ giugno 2007, «voglio dire, se tu... dammi pure un'imbeccata se per caso io non debba parlare pure con il vecchio». Lusetti non capisce e chiede «Con chi?». E Romeo, «Con il vecchio... il vecchio delle montagne». I pubblici ministeri annotano che si tratta di Ciriaco De Mita. Lusetti, evidentemente dopo aver capito, chiosa: «Non serve, non credo che serva...». Quando poi, nella telefonata del febbraio 2008 con Paolo Cirino Pomicino — confezionata ad arte per chi intercettava, ha ammesso nell'interrogatorio dell'altro ieri— l'imprenditore dice di gestire «sul fronte del facility » perfino «tutte le sedi della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, della Cassazione, della Corte Costituzionale, della presidenza della Repubblica, della presidenza del Consiglio», per i magistrati muove una pedina intimidatoria: «Romeo vuole indirizzare un chiaro messaggio a coloro che stanno ascoltando, per far comprendere ai medesimi le importanti coperture istituzionali di cui gode».


Giovanni Bianconi
20 dicembre 2008

da corriere.it
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