Non aiutano scorciatoie o capi salvifici: lunedì in Direzione l'occasione per riflettere insieme
09/03/2018 16:28 CET | Aggiornato 6 ore fa
Barbara Pollastrini Deputata e vice presidente del Partito democratico
Che notti! Gli occhi sbarrati, incollati alla TV. Non volevamo crederci: una sconfitta che ancora non ci fa dormire. Pensi a volontari, iscritti, elettori, a quella loro generosità. Alle promesse incarnate in quel nome "Partito Democratico". Pensi alla sinistra. Questa volta non ci assolveranno primarie salvifiche in un congresso di arruolamenti. E altrettanto illusorio sarebbe l'affidamento a un altro capo. So che le leadership contano. Ma per risalire non ci aiuteranno scorciatoie, colpi di teatro o magie della comunicazione. Forse è il momento di riflettere nei Circoli e ovunque. Di discutere e ascoltarci davvero, mescolarci. Di immaginare un percorso e un congresso diversi. Di aprirci al civismo e alla sinistra fuori da noi. Di voler imparare da cultura, associazioni e dalla vita vera, complicata e per tante e tanti dura.
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Per noi il dispiacere è doppio. La Lombardia meritava una svolta e invece tornerà indietro, con una guida leghista e di quello stampo. Intanto Renzi si è dimesso. Era giusto così. Riconosco l'aspetto umano di questo passaggio, perché le responsabilità sono più diffuse. Ora vedo tanti medici al capezzale. Ma prima?
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Prima hanno pesato i silenzi di gran parte della classe dirigente più importante e visibile. Le amministrative anticipavano i segni di uno scossone legato alla crisi. A quella mescolanza tra innovazioni, solitudini e povertà. Poi la rimozione così incomprensibile sulle ragioni profonde del rovescio al referendum. Esito che rendeva evidente la chiusura di un ciclo e l'urgenza di attrezzare una nuova proposta, un altro orizzonte. Così, del resto, si fece con l'Ulivo e poi con la nascita del PD.
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Lunedi si terrà la direzione. È limpidezza sapere come e con chi si eserciterà una guida transitoria e se vi sarà, finalmente, una collegialità vera. C'è bisogno di più pensiero e meno personalismi. E posso dirlo con sincerità? Vedo già sfide molto maschili che rischiano di apparire più come una contesa tra "leaderini" che una dialettica tra autorevolezze. D'altronde la formazione e selezione delle classi dirigenti rimane per il Paese un tema enorme e non solo nella politica. Ma io sento il bisogno su tutto questo di interrogarci, riflettere come donne, democratiche, della sinistra, della società. Le nostre differenze non incontrandosi da tempo hanno finito per disperdere forza, autonomia e il loro stesso valore.
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Ci attendono passaggi parlamentari importanti. Nei fatti è stato il popolo a indicarci una collocazione: l'opposizione. Tuttavia non è banale decidere nei giorni prossimi come esercitarla nel rispetto della nostra coerenza e della responsabilità. Peraltro il mondo non si ferma in Parlamento o a Roma. Vive nelle città, in Europa, nel lavoro, nelle scuole. Ieri (era l'8 marzo) quel mondo si è vissuto in piazze reali e virtuali di donne che reclamano dignità, rispetto, libertà.
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Domenica per le politiche e lunedì per le regionali eravamo al comitato Gori con tante e tanti giovani. A Giorgio rinnovo il mio grazie. Ho visto l'incredulità, il primo shock politico di quei ragazzi. Vorrei dire loro che si può, si deve ripartire con un sogno. Ma la rivincita dipenderà dallo sguardo alla realtà nella sua crudezza. Non neghiamoci che Il progetto del PD è colpito nelle fondamenta perché siamo arrivati inadeguati a una prova difficile, decisiva per l'Italia. Lo so, un brutto vento spira in tutto l'Occidente, dove democratici e sinistra sono in affanno. Tutti i progressisti sono chiamati a ridefinire cultura, leadership, agenda. Separazioni politiche e incomunicabilità, qui come in Europa, hanno sminuito tutti. Credo che anche per questo avrebbe dato una mano coltivare pensiero, radicamento sociale e un nuovo centrosinistra. Quello spirito federatore che non si limita a sommare ceto politico, ma si dedica alla ricostruzione di una presenza, un sostegno ai conflitti e alla rappresentanza di chi nella società aspira alla dignità del lavoro, di una pensione e un reddito giusti, di una cittadinanza piena.
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Dovrebbe compensarmi l'esito della mia città dove, sommando i voti PD, sinistra fuori da noi, liste civiche, abbiamo circa gli stessi consensi che hanno eletto Sala dopo il successo di Pisapia. Eppure accontentarsi è miopia. Oggi Milano è un'isola, ma troppo sola e a noi piace la compagnia. Attraversata la seconda cerchia dei Navigli e avvicinandoci alle città che le fanno corona, o a qualche chilometro di distanza, in Brianza, nel pavese, a Sesto o Senago, inizia una emorragia che si allarga nelle valli. Fatichiamo nelle periferie del lavoro, delle solitudini, della precarietà o di chi vorrebbe essere riconosciuto per i suoi meriti. E se al signore in felpa guardano per un riflesso d'ordine che alimenta egli stesso, nei 5Stelle qualcuno del nostro popolo non ha visto solo l'anti casta, ma una speranza.
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A noi era successo alle ultime europee e con ragioni più solide. Quel 40 per cento c'è stato: era voglia di riuscire, di cambiare. Tra pochi mesi votiamo in molti comuni. Il prossimo anno si voterà di nuovo in Europa. La prova è un nuovo inizio, una rigenerazione. Ecco perché, abusata che sia, scelgo la parola rifondazione: del PD, della sinistra di una alleanza per l'alternativa. E mai come ora voglio ascoltare, imparare dalle altre e dagli altri, avere l'umiltà di vedere i miei errori. Questo è il mio sentimento.
Il giorno dopo c'è.
Da -
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