Giorgio NAPOLITANO.
Admin:
2008-12-17 11:44
L'intervento di Napolitano, testo integrale
INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO ALLA VI EDIZIONE DELLA CONFERENZA DEGLI AMBASCIATORI
Farnesina, 17 dicembre 2008
Ringrazio il ministro Frattini per avermi gentilmente associato all'avvio di questa sesta edizione della Conferenza degli Ambasciatori.
E' un'occasione che ho colto ben volentieri, innanzitutto per rendere omaggio alla tradizione e alla scuola che ciascuno di voi - signori Ambasciatori - rappresenta, e che voi tutti insieme rappresentate. Una tradizione di alta professionalità e di peculiare apertura, intellettuale e umana, nel rapporto con sempre nuove e diverse realtà. Una scuola - da onorare sempre - di assoluta dedizione e lealtà al servizio della Nazione e dello Stato repubblicano. E' questa la cifra di distinzione della diplomazia italiana : e non a caso la scelta della carriera diplomatica continua ad attrarre giovani energie tra le migliori che il nostro sistema educativo riesca a formare.
Né c'è alcun limite o privilegio, nell'accesso alla carriera, relativo all'estrazione sociale degli aspiranti. Quel che conta è la passione, l'interesse e la curiosità culturale, la preparazione e la predisposizione all'impegno e al rigore necessario.Credo che perciò il corpo diplomatico rappresenti un luminoso esempio, nel più vasto e variegato panorama dell'amministrazione pubblica. Il tratto essenziale è naturalmente rappresentato dal senso dello Stato, che dovrebbe distinguere chiunque svolga una funzione rispondente solo all'interesse collettivo.Operare con autentico senso dello Stato significa anche esprimere la continuità delle nostre istituzioni e il valore supremo dell'unità nazionale, al di là delle mutevoli vicende politiche. E ciò è reso più agevole dal notevole grado di continuità e di condivisione che la politica estera italiana è venuta raggiungendo. Ormai da numerosi decenni è fuori discussione la collocazione internazionale dell'Italia, quale si definì - a cavallo tra gli anni '40 e '50 dello scorso secolo - con l'adesione all'Alleanza Atlantica e alla Comunità europea. Ed è degno di nota il consenso che in questa scia ha da ultimo riscosso e riscuote, anche nell'opinione pubblica e tra i cittadini, la partecipazione italiana a molteplici missioni militari all'estero sotto l'egida delle organizzazioni multilaterali di cui siamo parte.
In effetti, nell'ancoraggio alle fondamentali scelte euroatlantiche che ho ricordato, è cresciuta nel paese la consapevolezza del ruolo da svolgere sulla scena internazionale, e dunque della cruciale importanza per l'Italia di un'efficace, incisiva, credibile politica estera.
Non c'è bisogno di sottolineare quanto il mondo attorno a noi sia cambiato negli ultimi decenni o stia ancora cambiando. Ma la nostra politica estera non è mai rimasta chiusa nel perimetro euroatlantico, pur facendone il suo perno e punto di riferimento. Basti citare l'attenzione e l'iniziativa, anch'esse largamente condivise, sempre dedicate al Medio Oriente, al mondo arabo, all'Africa, all'America Latina. E' del tutto evidente che la rete dei nostri rapporti internazionali deve più che mai allargarsi e intensificarsi, ma c'è qualcosa di più da dire e mettere in evidenza.
C'è da dire che politica estera e politica interna si sono venute intrecciando sempre più strettamente ; che nessuno dei maggiori problemi nazionali può affrontarsi con successo se non in un più ampio quadro internazionale, come si può d'altronde desumere dalla stessa impostazione dei lavori di questa Conferenza : dai problemi della sicurezza, della lotta al terrorismo e al crimine organizzato, del contrasto dell'immigrazione illegale, ai problemi dello sviluppo economico, dell'energia, dell'ambiente. Di qui l'accresciuta responsabilità dell'Amministrazione degli Esteri e di chi la guida in seno al governo : responsabilità, anche, nel rendere sempre meglio consapevoli del ruolo della politica estera l'insieme delle istituzioni repubblicane, a partire dal Parlamento, e la più vasta opinione pubblica.Lo stesso profilo di quanti reggono le nostre ambasciate ne esce allargato e arricchito : il loro impegno ha acquisito e tende ad acquisire una inedita pluralità di dimensioni (tra le quali vorrei citare, con nuova enfasi, quella culturale), per poter meglio servire il paese, per contribuire a soddisfare le sue molteplici esigenze. E in sintonia con questo processo non può che collocarsi lo sforzo, già in corso, di rinnovamento e adeguamento della stessa struttura, e del modus operandi, del Ministero degli Affari Esteri.
In una fase complessa e difficile come quella attuale, la priorità spetta al superamento di tensioni e di minacce che insidiano la stabilità internazionale, e in particolare alla soluzione di crisi regionali, comprese quelle non lontane dal nostro territorio nazionale. E occorrono una visione globale e un approccio multilaterale, che soli possono condurre all'avanzata della pace e della sicurezza nel mondo.Ma una tale visione e un tale approccio sono ancor più richiesti oggi in presenza di una crisi finanziaria ed economica che non conosce confini, che tocca diversi continenti. Avrete modo di discuterne ampiamente. Anche a questo proposito si può dire che l'Italia abbia maturato ed espresso una sua vocazione al multilateralismo, al metodo del dialogo e del negoziato. Una vocazione che le viene riconosciuta e può permetterle di acquisire ancora maggior spazio e autorevolezza nella fase attuale delle relazioni internazionali.
Il luogo di elezione per lo sviluppo della nostra iniziativa in tutte le direzioni rimane, come sappiamo, l'Europa unita, la rete istituzionale dell'Unione Europea. E dall'Italia si attende un'azione coraggiosa e coerente per scongiurare tentazioni di chiusura, ripiegamenti protezionistici e micronazionalismi che ci riporterebbero indietro nel tempo e si rivelerebbero inani a risolvere i problemi del nostro tempo. Ci si attende dall'Italia un'azione risoluta per la riforma delle istituzioni europee, bloccata dalla mancata entrata in vigore del Trattato di Lisbona, e per un ulteriore avanzamento - anche per via di differenziazione - del processo di integrazione.
Pensiamo così ad un'Europa che possa più che mai affermarsi come partner storico e interlocutore privilegiato degli Stati Uniti, contando su una corrispondente propensione della nuova Amministrazione americana. Dovremo insieme affrontare - in risposta alla crisi che ci sta duramente investendo tutti - i problemi di una nuova governance globale e ri-disegnare le istituzioni che possano garantirla. Questa strada già si sta aprendo : e una tappa significativa può essere rappresentata dal prossimo G8, per l'impostazione innovativa e lungimirante che la Presidenza italiana intende darvi contando sul decisivo apporto della Farnesina.
Lasciate che vi rinnovi, signori Ambasciatori, l'espressione del mio profondo apprezzamento e il più cordiale augurio per l'anno che sta per iniziare.
Buon lavoro a lei, signor Ministro, e alla Conferenza.
da ansa.it
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17/12/2008 (18:31) - L'APPELLO
Napolitano: "Basta polemiche, sì a riforma bipartisan della Costituzione"
Il presidente della Repubblica: «Servono soluzioni condivise »
ROMA
Una revisione di «specifiche norme della Costituzione del 1948» è oggi «ancora più opportuna dinanzi ad alterazioni di fatto dell’assetto rimasto vigente, in particolare per quel che riguarda la forma di governo». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo discorso alle alte cariche dello Stato. Secondo il capo dello Stato, la «permanente validità» della prima parte della Costituzione «non impedisce di formulare essenziali e ben determinate proposte di riforma», come quella delineata a larga maggioranza alla fine della passata legislatura. «Non può destare meraviglia - ha sottolineato Napolitano - il mio rinnovato auspicio che quel cammino venga ripreso in un clima di costruttivo confronto».
Il confronto politico per le decisioni sulle leggi e le riforme deve avvenire in Parlamento. È un’indicazione molto stringente quella che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano fornisce alle massime autorità istituzionali e politiche, di governo e di opposizione, presenti nel Salone dei Corazzieri al Quirinale -con la sola eccezione, per motivi di salute, del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi- per la tradizionale cerimonia di scambio d’auguri di Natale e Capodanno. «È il Parlamento il luogo in cui vanno confrontate analisi obiettive delle situazioni su cui intervenire e libere valutazioni delle possibile scelte da compiere.
È il Parlamento il luogo in cui vanno consultate le rappresentanze politiche, di maggioranza e di opposizione, preparate e infine adottare le decisioni -ribadisce con forza il Capo dello Stato- può scaturire da ciò una legislazione meno pletorica e dispersiva e di migliore qualità, del che c’è grande bisogno; e può scaturire una piena affermazione del Parlamento, sia come legislatore sia nelle sue funzioni di indirizzo e di controllo e di valutazione costante delle politiche pubbliche». Napolitano non si nasconde che «da noi, molto si deve ancora fare per accrescere la produttività del Parlamento, per rendere più spedito e sicuro il cammino legislativo, per rispettare il diritto-dovere della maggioranza di governare. Ma ciò -avverte- non comporta e non deve sancire una mortificazione del ruolo del Parlamento».
Il presidente della Repubblica esorta a «rispettare effettivamente il ruolo dell’opposizione, essenziale in ogni sistema democratico; ma, più in generale, il ruolo del Parlamento nel suo insieme». Napolitano stigmatizza il fatto che «i lavori parlamentari appaiono spesso condizionati da un sovraccarico legislativo, in un clima di concitazione e talvolta di vera e propria congestione». Ma, «l’urgenza si deve combinare con un realistico ordine di priorità dei provvedimenti da condurre al voto finale, a garanzia della necessaria ponderazione e del normale diritto di emendare le proposte del governo».
Il presidente interviene poi sul tema economico. La preoccupazione per la crisi e finanziaria che sta investendo l’Italia «non giustifica reazioni di paura, di scoramento e di rassegnazione». Nè, d’altro canto, può giustificare «il ripiegare su logiche di mera difesa nazionale e su tentazioni protezionistiche che non salverebbero l’Europa nè alcuno dei suoi Paesi». È la crisi economica il primo tema che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affronta nel suo incontro alle alte cariche dello Stato, il tradizionale incontro con il mondo della politica. Napolitano spiega che certamente «preoccupano tutti i fenomeni di recessione e i rischi di arretramento» e preoccupa il diffondersi «del malessere sociale per le condizioni difficili delle famiglie a più basso reddito». Realtà «particolarmente pesante per una parte del nostro paese, per le regioni del Mezzogiorno».
da lastampa.it
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NAPOLITANO E LA GIUSTIZIA
Quel monito del Presidente
di Vittorio Grevi
Ancora una volta i temi della giustizia irrompono sulle prime pagine dei giornali. Ma, questa volta, non nella prospettiva, ancora ieri sottolineata con vigore dal presidente Napolitano, di una doverosa riforma concernente il rispetto di «essenziali norme di condotta» nell'esercizio della giurisdizione (una riforma condivisa, ha chiesto giustamente il Presidente, anche perché c'è un rischio di arbitrio che va contrastato), bensì con specifico riferimento ad alcune clamorose inchieste in corso. A cominciare da quella della procura napoletana per l'«affare Global Service».
Ampiamente preannunciata da numerosi segnali, la bufera giudiziaria scatenatasi negli ultimi giorni sul comune di Napoli, con il coinvolgimento di diversi assessori ed ex assessori, nonché di un imprenditore finito in carcere, proietta un'ennesima ombra inquietante su certe modalità di gestione del potere negli enti locali, in questo caso da parte di amministratori di centrosinistra. E poiché l'inchiesta di Napoli segue di poche ore la notizia di analoghe indagini avviate a Pescara e a Potenza, e sempre per fatti corruttivi legati ad intrecci di malaffare politico- amministrativo, nel quale risultano indagati diversi esponenti del Partito democratico (sebbene a Napoli, per la verità, fra i parlamentari coinvolti figuri altresì un esponente del Pdl), l'impressione è che anche il principale partito di opposizione non possa ormai più vantare la tradizionale rendita di immagine, rispetto alle ombre di una «questione morale» tuttora irrisolta.
Naturalmente per ora si tratta soltanto di ipotesi di reato formulate dagli organi del pubblico ministero (peraltro già avallate in vario modo dai provvedimenti di un giudice), sicché è buona cosa attendere l'esito delle inchieste prima di formulare un giudizio definitivo. Questa, tuttavia, è una precisazione da farsi, e doverosamente, sul piano tecnico processuale, come riflesso della presunzione di non colpevolezza che assiste qualunque indagato. Sul piano politico, però, il discorso è differente, essendo palese che un partito non può attendere mesi od anni, prima di dare segnali di pulizia e trasparenza al suo interno. E questi segnali devono essere dati sulla base di valutazioni politiche (ponderate, ma tempestive), attraverso provvedimenti che rimuovano anche il minimo sospetto: senza condanne anticipate, ma anche senza atteggiamenti di indulgente lassismo, soprattutto quando determinati fatti o determinate condotte risultino comunque da circostanze obiettive, benché non (ancora) sanzionati da una sentenza.
È fin troppo facile ripeterlo, di fronte a notizie come quelle provenienti dalle inchieste di Napoli, di Potenza, di Pescara ed anche di altre sedi.
Tuttavia bisogna essere consapevoli che oggi, non saremmo qui a parlare ancora una volta di «questione morale», ed a lamentare il riesplodere di episodi di pubblica corrutela dai contorni già ben noti, se dopo la stagione degli scandali di Tangentopoli, all'inizio degli anni '90, il nostro ceto politico avesse trovato in sé la forza di rigenerarsi a fondo nelle proprie radici etiche. Sia nel senso di recuperare da parte di tutti un più profondo senso dello Stato, sia nel senso di predisporre rigorosi congegni diretti comunque a prevenire (anche attraverso adeguate selezioni dei soggetti da candidarsi), certi disdicevoli comportamenti, all'insegna dello scambio tra tangenti ed affari. Così purtroppo non è avvenuto, per cui ancora una volta spetta all'autorità giudiziaria — nell'esercizio della sua funzione istituzionale di controllo della legalità — il compito di accertare fatti e responsabilità di vicende riconducibili, per lo più, allo schema penalistico della corruzione.
Adesso occorre che alla magistratura venga data piena fiducia ai fini dello sviluppo delle indagini in corso (ovviamente nel rispetto di tutte le garanzie difensive previste per gli indagati), così da poterne verificare ogni possibile implicazione, senza privilegi per nessuno. Nemmeno per i parlamentari che sono stati indirettamente coinvolti in intercettazioni telefoniche operate non a loro carico, i quali per primi avranno interesse a dimostrare la propria estraneità ai fatti.
Quanto allo strumento delle intercettazioni, la circostanza che esse siano all'origine di molte delle inchieste per corruzione rese note in questi giorni, costituisce una ulteriore dimostrazione della concreta utilità di questo mezzo investigativo, anche nei procedimenti per i reati contro la pubblica amministrazione. E, nel contempo, costituisce altresì un serio monito per quanti, in sede di politica legislativa, vorrebbero invece escludere la loro ammissibilità proprio nell'ambito di tali procedimenti. Ma questo pericolo sarà evitato se in tema di riforme della giustizia si cercheranno, secondo l'auspicio rinnovato ieri dal presidente Napolitano, soluzioni «condivise».
18 dicembre 2008
da corriere.it
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Napolitano e i suoi miglioristi, così lontani e così vicini a Craxi
di Gianni Barbacetto e Peter Gomez,
da "Il Fatto Quotidiano", 20 gennaio 2010
"Non dimentico il rapporto che fin dagli anni Settanta ebbi con lui... Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni”. “Lui” è Bettino Craxi. E chi “non dimentica” è Giorgio Napolitano, oggi Presidente della Repubblica. Nella sua lettera inviata alla vedova di Craxi a dieci anni dalla morte del segretario del Psi, il capo dello Stato sostiene che, nel “vuoto politico” dei primi anni Novanta, avvenne “un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia”. A farne le spese fu soprattutto il leader socialista, per il peso delle contestazioni giudiziarie, “caduto con durezza senza eguali sulla sua persona”.
Il rapporto tra Craxi e Napolitano fu lungo, intenso e alterno. Naufragò nel 1994, quando Bettino inserì Napolitano nella serie “Bugiardi ed extraterrestri”, un’opera a metà tra la satira politica e l'arte concettuale. Ma era iniziato, appunto, negli anni Settanta, quando il futuro capo dello Stato si era proposto di fare da ponte tra l’ala “riformista” del Pci e il Psi. Negli Ottanta, Napolitano rappresentò con più forza l’opposizione interna, filo- socialista, al Pci di Enrico Berlinguer: proprio nel momento in cui questi propose la centralità della “questione morale”. Intervenne contro il segretario nella Direzione del 5 febbraio 1981, dedicata ai rapporti con il Psi, e poi ribadì il suo pensiero in un articolo sull’Unità, in cui criticò Berlinguer per il modo in cui aveva posto la “questione morale e l’orgogliosa riaffermazione della nostra diversità”.
È in quel periodo che la vicinanza tra Craxi e Napolitano sembra cominciare a farsi più forte. Tanto che nel 1984, il futuro presidente appoggia, contro il Pci e la sinistra sindacale, la politica del leader socialista sul costo del lavoro. Il mondo, del resto, sta cambiando. E in Italia, a partire dal 1986, cambiano anche le modalità di finanziamento utilizzate dai comunisti. I soldi che arrivano dall’Unione Sovietica sono sempre di meno. E così una parte del partito – come raccontano le sentenze di Mani pulite e numerosi testimoni – accetta di entrare nel sistema di spartizione degli appalti e delle tangenti. La prova generale avviene alla Metropolitana di Milano (MM), dove la divisione scientifica delle mazzette era stata ideata da Antonio Natali, il padre politico e spirituale di Craxi. Da quel momento alla MM un funzionario comunista, Luigi Miyno Carnevale, ritira come tutti gli altri le bustarelle e poi le gira ai superiori. In particolare alla cosiddetta “corrente migliorista”, quella più vicina a Craxi, che “a livello nazionale”, si legge nella sentenza MM, “fa capo a Giorgio Napolitano”. E ha altri due esponenti di spicco in Gianni Cervetti ed Emanuele Macaluso.
Per i “miglioristi” Mani Pulite è quasi un incubo: a Milano molti dei loro dirigenti vengono arrestati e processati per tangenti. Tutto crolla. Anche il loro settimanale, Il Moderno, diretto da Lodovico Festa e finanziato da alcuni sponsor molto generosi: Silvio Berlusconi, Salvatore Ligresti, Marcellino Gavio, Angelo Simontacchi della Torno costruzioni. Imprenditori che sostenevano il giornale – secondo i giudici – non “per una valutazione imprenditoriale”, ma “per ingraziarsi la componente migliorista del Pci, che in sede locale aveva influenza politica e poteva tornare utile per la loro attività economica”. Il processo termina nel 1996 con un’assoluzione. Ma poi la Cassazione annulla la sentenza e stabilisce: “Il finanziamento da parte della grande imprenditoria si traduceva in finanziamento illecito al Pci-Pds milanese, corrente migliorista”. La prescrizione porrà comunque fine alla vicenda.
Più complessa la storia dei “miglioristi” di Napoli, che anche qui hanno problemi con il metrò. L’imprenditore Vincenzo Maria Greco, legato al regista dell’operazione, Paolo Cirino Pomicino, nel dicembre 1993 racconta ai pm che nell’affare è coinvolto anche il Pci napoletano: il primo stanziamento da 500 miliardi di lire, nella legge finanziaria, “vide singolarmente l’appoggio anche del Pci”. E lancia una velenosa stoccata contro il leader dei miglioristi: “Pomicino ebbe a dirmi che aveva preso l’impegno con il capo-gruppo alla Camera del Pci dell’epoca, onorevole Giorgio Napolitano, di permettere un ritorno economico al Pci... Mi spiego: il segretario provinciale del Pci dell’epoca era il dottor Umberto Ranieri, attuale deputato e membro della segreteria nazionale del Pds. Costui era il riferimento a Napoli dell’onorevole Napolitano. Pomicino mi disse che già riceveva somme di denaro dalla società Metronapoli... e che si era impegnato con l’onorevole Napolitano a far pervenire una parte di queste somme da lui ricevute in favore del dottor Ranieri”.
Napolitano, diventato nel frattempo presidente della Camera, viene iscritto nel registro degli indagati: è un atto dovuto, che i pm di Napoli compiono con grande cautela, secretando il nome e chiudendo tutto in cassaforte. Pomicino, però, smentisce almeno in parte Greco, negando di aver versato soldi di persona a Ranieri e sostenendo di aver saputo delle mazzette ai comunisti dall’ingegner Italo Della Morte, della società Metronapoli, ormai deceduto: “Mi disse che versava contributi anche al Pci. Tutto ciò venne da me messo in rapporto con quanto accaduto durante l’approvazione della legge finanziaria... Il gruppo comunista capitanato da Napolitano ebbe a votare l’approvazione di tale articolo di legge, pur votando contro l’intera legge finanziaria”.
Napolitano reagisce con durezza: “Come ormai è chiaro, da qualche tempo sono bersaglio di ignobili invenzioni e tortuose insinuazioni prive di qualsiasi fondamento. Esse vengono evidentemente da persone interessate a colpirmi per il ruolo istituzionale che ho svolto e che in questo momento sto svolgendo. Valuterò con i miei legali ogni iniziativa a tutela della mia posizione”.
Alla fine, l’inchiesta finirà con un’archiviazione per tutti. Anche Craxi, quasi al termine della sua avventura politica in Italia, aggiungerà una sua personale stoccata a Napolitano. Nel suo interrogatorio al processo Cusani, il 17 dicembre 1993, dirà, sotto forma di domanda retorica: “Come credere che il presidente della Camera, onorevole Giorgio Napolitano, che è stato per molti anni ministro degli Esteri del Pci e aveva rapporti con tutta la nomenklatura comunista dell’Est a partire da quella sovietica, non si fosse mai accorto del grande traffico che avveniva sotto di lui, tra i vari rappresentanti e amministratori del Pci e i paesi dell’Est? Non se n’è mai accorto?”. Fu la brusca fine di un dialogo durato due decenni. E riannodato oggi con la lettera inviata da Napolitano alla moglie dell’antico compagno socialista.
(20 gennaio 2010)
da temi.repubblica.it/micromega-online
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06 marzo 2010, 19:46
Napolitano: Il diritto di voto va garantito Regionali
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, difende la scelta di aver firmato il decreto legge finalizzato a una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento delle prossimi elezioni regionali. E lo fa rispondendo, attraverso il sito internet del Quirinale, a due cittadini che sulla vicenda avevano esposto al capo dello Stato i propri punti di vista divergenti tra loro
Scrive Napolitano che non era sostenibile che non potessero prendere parte alla competizione elettorale "nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo". Per uscire dall'impasse, ricorda Napolitano, era stata ipotizzata da più parti una "soluzione politica" cioè un'intesa tra gli schieramenti politici. Che era stata però caldeggiata "senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso". In ogni caso, al capo dello Stato preme sottolineare che, visti i tempi ristretti, "quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge". E, a differenza dalla bozza di decreto presentata a Napolitano dal governo "in un teso incontro giovedì sera", il testo presentato ieri sera al presidente della Repubblica non conteneva "evidenti vizi di incostituzionalità. Né si è indicata da nessuna parte politica - puntualizza il capo dello Stato - quale altra soluzione, comunque inevitabilmente legislativa, potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura". Napolitano, che ribadisce di essere "deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo e di rigoroso esercizio delle prerogative", conclude: "Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri".
Questo il testo integrale della risposta di Napolitano: "Egregio signor Magni, gentile signora Varenna, ho letto con attenzione le vostre lettere e desidero, vostro tramite, rispondere con sincera considerazione per tutte le opinioni dei tanti cittadini che in queste ore mi hanno scritto. Il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio competente costituito presso la corte d'appello di Milano.
Erano in gioco due interessi o "beni" entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi. Non si può negare che si tratti di "beni" egualmente preziosi nel nostro Stato di diritto e democratico. Si era nei giorni scorsi espressa preoccupazione anche da parte dei maggiori esponenti dell'opposizione, che avevano dichiarato di non voler vincere - neppure in Lombardia -"per abbandono dell'avversario" o "a tavolino". E si era anche da più parti parlato della necessità di una "soluzione politica": senza peraltro chiarire in che senso ciò andasse inteso. Una soluzione che fosse cioè "frutto di un accordo", concordata tra maggioranza e opposizioni?".
Napolitano prosegue osservando che "sarebbe stato certamente opportuno ricercare un tale accordo, andandosi al di là delle polemiche su errori e responsabilità dei presentatori delle liste non ammesse e sui fondamenti delle decisioni prese dagli uffici elettorali pronunciatisi in materia. In realtà, sappiamo quanto risultino difficili accordi tra governo, maggioranza e opposizioni anche in casi particolarmente delicati come questo e ancor più in clima elettorale: difficili per tendenze all'autosufficienza e scelte unilaterali da una parte, e per diffidenze di fondo e indisponibilità dall'altra parte. Ma in ogni caso - questo è il punto che mi preme sottolineare - la "soluzione politica", ovvero l'intesa tra gli schieramenti politici, avrebbe pur sempre dovuto tradursi in soluzione normativa, in un provvedimento legislativo che intervenisse tempestivamente per consentire lo svolgimento delle elezioni regionali con la piena partecipazione dei principali contendenti. E i tempi si erano a tal punto ristretti - dopo i già intervenuti pronunciamenti delle Corti di appello di Roma e Milano - che quel provvedimento non poteva che essere un decreto legge.
Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal Governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell'interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità.
Né si è indicata da nessuna parte politica quale altra soluzione - comunque inevitabilmente legislativa - potesse essere ancora più esente da vizi e dubbi di quella natura. La vicenda è stata molto spinosa, fonte di gravi contrasti e divisioni, e ha messo in evidenza l'acuirsi non solo di tensioni politiche, ma di serie tensioni istituzionali. E' bene che tutti se ne rendano conto. Io sono deciso a tenere ferma una linea di indipendente e imparziale svolgimento del ruolo, e di rigoroso esercizio delle prerogative, che la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, nei limiti segnati dalla stessa Carta e in spirito di leale cooperazione istituzionale. Un effettivo senso di responsabilità dovrebbe consigliare a tutti i soggetti politici e istituzionali di non rivolgersi al Capo dello Stato con aspettative e pretese improprie, e a chi governa di rispettarne costantemente le funzioni e i poteri. Cordialmente".
da aprileonline.info
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