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Autore Discussione: Michele Farina. «Strafalcioni e lealtà, ecco le ragioni per rimpiangere Bush»  (Letto 2271 volte)
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« inserito:: Novembre 06, 2008, 11:59:57 am »

La stampa Usa e il presidente uscente

«Strafalcioni e lealtà, ecco le ragioni per rimpiangere Bush»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI


PHOENIX (Arizona) — Chi può immaginare Barack Obama che sostiene le tesi di George Bush, il presidente più impopolare degli ultimi decenni?

Incredibile ma vero. È successo nei giorni più neri della crisi finanziaria. È stato proprio Obama — secondo il Wall Street Journal di ieri — a raccontarlo ai collaboratori mentre lasciava la Casa Bianca in auto: «Vi rendete conto? Io e Bush cercavamo di convincere questo gruppo di repubblicani smidollati ad accettare il piano di salvataggio. Non è pazzesco?». Pazzesco, visto che Obama ha passato gli ultimi 22 mesi facendo di Bush il suo punching- ball.

Incredibile come rimpiangere George W detto Dubya. Solo 26 americani su 100 approvano la sua condotta. Eppure, tra coloro che hanno passato anni a sferzarlo, c'è chi nell'ora del tramonto ammette: un po' ci mancherà. «Ci mancherà la sua lotta indomita con la grammatica» ha scritto Jacob Weisberg, direttore di Slate, autore di The Bush tragedy e della fortunata serie dei «bushismi» che hanno fatto il giro del mondo. «Gli avversari hanno visto negli strafalcioni di Bush un segno della sua idiozia. Per quanto mi riguarda, me l'hanno reso più simpatico». Bush che parla di «internets» al plurale, Bush che mostra di capire quanto sia difficile per gli americani «mettere il cibo sulle loro famiglie» anziché in tavola.

Dalle parole alla sostanza. Scott McClellan, ex portavoce di Bush passato dalla parte di Obama, riconosce al vecchio capo l'onore delle armi per gli sforzi «in difesa della dignità umana» e «la compassione per la gente che soffre». Robert Draper, autore di un libro sulla presidenza Bush, plaude al suo senso di lealtà: «Ha sempre preso su di sé responsabilità che magari erano di altri. Come quando si rifiutò di prendere le distanze dagli errori di Donald Rumsfeld in Iraq». Protesse Rummy, per poi sostituirlo con l'ammirata Condi Rice. Oggi Rummy vive rinchiuso nel suo ufficio di Washington, fingendo di limare le sue memorie, in realtà aspettando che qualche editore accetti di dargli i milioni che chiede. Bush prepara il trasloco in Texas.

Il presidente desaparecido (voto per posta così da non imbarazzare nessuno) ha consolato McCain al telefono («Hai dato il massimo») prima di rispuntare nel Giardino delle Rose per congratularsi con il vincitore, invitando Obama alla Casa Bianca con la moglie e le loro «beautiful girls». Analisti autorevoli come David Gergen dicono che Bush e Obama lavoreranno benissimo insieme nei prossimi mesi di transizione. Che passaggio: da mister strafalcione a mister eloquenza. Chi esce meglio dopo 8 anni alla Casa Bianca è la first lady Laura: Curtis Sittenfeld, democratico, autore del romanzo American Wife, ieri le ha riservato un ritratto adorante sull'International Herald Tribune: colta, intelligente nonché nello spirito ancora un po' democratica (com'era prima di sposare George W). «L'immagine della moglie tradizionale non le si addice affatto». Sittenfeld ricorda il suo impegno umanitario. E le sue prese di posizione di alto profilo: la first lady è stata una delle poche voci, per esempio, a ricordare la tragedia di Aung San Suu Kyi in Birmania.
Laura l'ironica: «Sono molto contenta che arrivi il giorno delle elezioni — ha detto alla vigilia —. Un po' perché è il mio compleanno. Un po' perché in questa campagna hanno parlato così tanto di George: credo che troverò il suo nome sulle schede».

Michele Farina
06 novembre 2008

da corriere.it
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