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« inserito:: Luglio 12, 2007, 07:00:09 pm » |
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Ritardi, rebus e maxicode sui passaporti delle vacanze
Lorenzo Misuraca
Una sorta di legge del contrappasso. Durante tutto l’anno siamo abituati a vedere lunghe code di cittadini extracomunitari per i tanto desiderati permessi di soggiorno. All’inizio dell’estate, tocca agli italiani, tutti in fila già dall’alba con il sogno di ottenere il passa porto per andare in ferie fuori dalla Ue. Succede a Roma, Torino, Milano, Bologna e in tante altre grandi città dove il sogno si sta trasformando in un incubo per migliaia di persone, come documenta il settimanale dei consumatori Il Salvagente oggi in edicola. Con commissariati affollati da cittadini che rischiano di perdere il volo nonostante abbiano presentato la domanda di rinnovo o la richiesta addirittura 45 a 60 giorni fa. Nessuno aveva fatto i conti, però, con il cambiamento delle procedure e degli apparecchi utilizzati per la stampa dei documenti d’espatrio. E invece, come in ogni thriller che si rispetti, a rimettere in discussione le poche certezze di chi si preparava a gestire l’inevitabile affollamento di domande estive e a gettare nel caos le questure di mezz’Italia, ci ha pensato un fonogramma arrivato ai commissariati a fine maggio che imponeva regole differenti per emettere il documento necessario per l’espatrio.
Le nuove macchine
Dietro le interminabili file agli sportelli non c’è, infatti, solo il sovraccarico di lavoro dovuto all’avvicinarsi delle vacanze ma un malfunzionamento delle macchine che stampano i passaporti elettronici. Questi apparecchi, introdotti per venire incontro alle richieste degli Usa (che impongono il visto a chi non ha un documento del genere), dovevano servire ad assicurare una particolare stampa anticontraffazione anche grazie a un microprocessore che consente la registrazione dei dati, certificati elettronicamente, riguardanti il titolare del documento e l’autorità che lo ha rilasciato. E per questo già nel 2006 il governo italiano aveva deciso che tutti i nuovi passaporti rilasciati o quelli da rinnovare dopo 10 anni dovevano essere «elettronici», rendendoli obbligatori già dal 26 ottobre 2006. Un tempo sufficiente per aspettarsi ragionevolmente di risolvere i problemi inevitabilmente legati al rodaggio di un cambiamento così importante. Eppure se esasperati chiedete allo sportello passaporti della questura perché servono fino a due mesi per il rilascio del passaporto, vi diranno che la colpa è dell’affollamento estivo. Ma non è così. «A inizio luglio sono andato al commissariato di Porta Maggiore a Roma con la speranza di aver finalmente il passaporto di mia figlia richiesto il 22 maggio - racconta Roberto Sestini, - e ho notato un cartello in cui venivano date delle indicazioni precise su come fare le foto da usare per il passaporto, che appena un mese prima non c’era e di sicuro non c’era quando ho fatto la mia richiesta. A quel punto ho capito che dietro ai ritardi poteva esserci qualcosa di più dei soliti rallentamenti». «Problemi tecnici» invece spiegano nelle questure, da Roma fino a Torino, dove l’attesa media è addirittura di 60 giorni.
La trappola delle foto
Piano piano, però, si materializza il cuore del problema. A cambiare, da fine maggio, sono proprio le caratteristiche delle foto a corredo della domanda di passaporto. Alla vigilia dell’estate, infatti, qualcuno si è accorto che c’era necessità di far funzionare un database centralizzato che consentisse agli apparecchi di controllare che non circolasse in Italia un passaporto analogo a quello richiesto.
E per questo compito sicuramente delicato (ma già previsto da un decreto del 31 marzo 2006 firmato dall’allora ministro degli Esteri, Fini) le macchine che in teoria da 7 mesi avrebbero dovuto già produrre passaporti elettronici andavano sostituite. Peccato che le nuove abbiano il difetto di essere molto meno tolleranti nei confronti delle fotografie. Quando, infatti, l’immagine che ritrae il possessore del documento non rispetta precisi parametri, il nuovo apparecchio «si rifiuta» di stampare. E, sottolineano dalle questure, in ogni caso tutta la procedura è rallentata anche dai controlli da eseguire nel database nazionale.
Di certo a chi ha fatto domanda (e a chi dietro gli sportelli di un commissariato la riceveva) fino alla fine di maggio sfuggiva completamente il brusco cambiamento di mezzi, tempi e procedure che di lì a pochi giorni avrebbe fatto precipitare nel caos molte città italiane. Tanto che ancora il 22 maggio veniva accettata ogni tipologia di foto e venivano rilasciate ricevute con l’indicazione di tornare per il ritiro dopo 15 giorni.
Pubblicato il: 12.07.07 Modificato il: 12.07.07 alle ore 8.49 © l'Unità.
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