BRUTTE e tristi STORIE...

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Arlecchino:
I pm di Roma vogliono una copia della corrispondenza con il viceministro Visco-Gdf, Speciale rinuncia all'incarico

Con una lettera l'ex comandante della Finanza rifiuta il posto offertogli dal governo alla Corte dei Conti 


 
ROMA - Il generale Roberto Speciale, ex comandante della Guardia di Finanza, destituito dal governo nell'ambito del caso Visco ha rinunciato all'incarico prospettatogli dal governo alla Corte dei Conti. In una lettera inviata al ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, Speciale ha annunciato la rinuncia all'incarico presso la Corte dei Conti conferitogli dal governo venerdì scorso dopo la sua sostituzione con il generale Cosimo D'Arrigo. Una decisione che potrebbe preludere all'apertura di una controversia giudiziaria con l'esecutivo, come già fatto intendere dal generale nei giorni scorsi.

LE PRIME PAROLE - «Non sono interessato a svendere la mia dignità e nessun incarico può riparare l’oltraggio che ho ricevuto». Così l'ex comandante della Guardia di Finanza Roberto Speciale ha spiegato al presidente della Commissione Difesa Sergio De Gregorio, che ha avuto modo di sentirlo telefonicamente questo pomeriggio, le ragioni della sua rinuncia. De Gregorio riferisce di una determinazione molto forte del Generale Speciale nella tutela della propria onorabilità. «Mi ha detto che si difenderà con le unghie e con i denti» anche se il presidente della commissione Difesa dice di non sapere ancora se ci sarà o meno un ricorso giudiziario al Tar contro l'avvicendamento al vertice della Guardia di Finanza deciso dal Consiglio dei ministri.

INCHIESTA - Intanto copia della corrispondenza intercorsa tra l'ex comandante generale della Guardia di Finanza, e il viceministro dell'Economia, Vincenzo Visco, è stata chiesta dalla procura di Roma al Comando Generale delle Fiamme Gialle nell'ambito dell'inchiesta aperta sulla vicenda delle presunte sollecitazioni per il trasferimento di alcuni alti ufficiali della Gdf di Milano. Al vaglio del procuratore della Repubblica Giovanni Ferrara e del sostituto Angelantonio Racanelli ci sono già alcune copie della corrispondenza acquisite dalla procura militare, a sua volta titolare di un procedimento, e già trasmesse a piazzale Clodio insieme con altri documenti, dal procuratore Antonino Intelisano. Ma gli inquirenti vogliono l'intero carteggio e per questo è partita la richiesta ai vertici di via XXI aprile.

SOLLECITO - Alla procura di Roma, secondo quanto si è appreso, non sono ancora arrivati gli atti trasmessi dalla procura generale di Milano sul caso Visco-Speciale. Nei giorni scorsi i magistrati romani avevano inviato un sollecito ai colleghi del capoluogo lombardo dopo la prima richiesta fatta all'indomani dell'apertura del fascicolo processuale. Questo, stando alle indiscrezioni, è ancora intestato «atti relativi a», ossia senza ipotesi di reato e senza indagati.

04 giugno 2007
 

Arlecchino:
Il parlamentare indagato a Napoli.

Contestata anche l'aggravante di aver agevolato un'associazione mafiosa

De Gregorio sotto accusa per riciclaggio

In un blitz a casa di un camorrista sequestrati assegni firmati e girati dal senatore 


ROMA — Nel novembre scorso disse che i magistrati dell'antimafia di Napoli stavano facendo uno sforzo «encomiabile» nella lotta al crimine, e che bisognava ascoltare il loro «grido di dolore» per la scarsità di mezzi a disposizione; oggi quegli stessi magistrati l'hanno messo sotto inchiesta, in uno dei tanti filoni delle loro inchieste sui clan camorristici e sul contrabbando. Il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama, è indagato per il reato di riciclaggio, con l'aggravante di aver agevolato un'associazione mafiosa. Il procedimento è stato avviato dopo alcuni accertamenti svolti dalla Guardia di finanza, a seguito del ritrovamento di una serie di assegni girati dal parlamentare eletto con l'Italia dei valori di Di Pietro (e dunque nel centro-sinistra) e poi messosi «in proprio» col movimento Italiani nel mondo per votare quasi stabilmente insieme al centrodestra. Gli assegni che hanno portato a indagare sul senatore furono trovati durante una perquisizione a carico di Rocco Cafiero detto 'o capriariello, vecchia conoscenza delle forze dell'ordine per i suoi coinvolgimenti nel contrabbando e in altri traffici, più volte arrestato e finito sotto processo, non solo a Napoli. Abita a Marano, alle porte della città, ed è considerato dagli investigatori organico al clan Nuvoletta che proprio a Marano hanno la loro roccaforte. Nel 2005 la Guardia di Finanza, a seguito dell'ennesima indagine sul contrabbando tra la Campania e la Puglia che lo vedeva coinvolto, gli ha sequestrato beni mobili e immobili per un milione e mezzo di euro. L'elenco comprendeva la villa di Marano, denaro in contanti, due auto, una moto, anelli, pellicce e assegni per oltre quattrocentomila euro.

Molti di questi assegni erano firmati o girati proprio da De Gregorio. Una parte di essi, inoltre, proveniva da un altro personaggio noto ai magistrati napoletani, sotto inchiesta in un altro procedimento della Procura antimafia sui clan camorristici attivi nella zona di Fuorigrotta. Si tratta di Mario Nocerino, arrestato un anno fa con l'accusa di aver organizzato un voto di scambio di tipo mafioso per le elezioni comunali in cui il figlio Giuseppe era candidato con Forza Italia. Il tribunale del Riesame annullò l'ordinanza perché non considerò provata la natura camorristica dei legami, e ora per Nocerino la Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio per voto di scambio «semplice»: secondo l'accusa lui e il figlio pagarono per ottenere l'appoggio elettorale del presunto clan guidato da Salvatore Zazo. Gli accertamenti svolti finora in gran segreto dalla Finanza per comprendere il motivo della presenza di quegli assegni con la firma di De Gregorio a casa di Rocco Cafiero, non hanno consentito di dare una spiegazione lecita e plausibile. Una prima giustificazione emersa si riferiva all'acquisto di un immobile, a fronte del quale non è stato però trovato nemmeno l'atto di compromesso, particolare che la renderebbe poco credibile. Di qui la decisione, nelle scorse settimane, di iscrivere il nome del senatore sul registro degli indagati, un atto dovuto per proseguire le indagini e chiarire la natura dei rapporti tra lui, Cafiero e Nocerino, nonché la provenienza e l'utilizzo che doveva essere fatto di quei titoli di credito. Già nel 2003 Cafiero aveva subito una perquisizione e un maxi-sequestro per mano dei carabinieri, quando in un sotterraneo della villa di Marano, con l'accesso nascosto da una scaffalatura per vini, saltarono fuori oltre 600.000 euro in contanti, 30 orologi di marca, due chili di gioielli e circa 200 panetti di hashish per un totale d 50 chili.

Giovanni Bianconi
06 giugno 2007
 
da corriere.it

Arlecchino:
POLITICA

Domattina alle 9.30 a Palazzo Madama aula si aprirà la discussione

In arrivo un odg che compatta la maggioranza su un unico documento

Caso Visco, vigilia tesa nell'Unione

Di Pietro: "Il viceministro deve spiegare"

L'opposizione presenta una mozione e due odg.

Quattordici i documenti da votare

L'Unione teme imboscate.

Occhio ai numeri. Forse indispensabili i senatori a vita

 

ROMA - A poche ore dal voto parlamentare sul caso Visco-Gdf, resta alta la tensione su un caso che potrebbe riservare sviluppi negativi per il governo di Romano Prodi, alle prese con il risicatissimo vantaggio dell'Unione al Senato. Il via domattina alle 9.30: prima si discuteranno le mozioni, gli ordini del giorno e le interrogazioni. In tutto 14 documenti. Poi la discussione. La replica del governo è fissata per le 19,40 per bocca del ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. A seguire le dichiarazioni. Poi il voto, che Forza Italia ha spinto per aver in tarda serata (verso le 22-22,30).

Solidarietà alla Gdf da parte di governo e maggioranza - Non ci sarà l'odg di Antonio Di Pietro, che nei giorni scorsi non ha fatto mistero delle critiche sulla gestione dell'intera operazione: "Non voterò quelli della Cdl" ha assicurato l'ex pm. E la maggioranza, "assolutamente compatta" assicura Manuela Palermi, capogruppo Pdci-verdi al SEnato dopo la riunione dei capigruppo, ha deciso di presentare un odg che esprime "solidarietà" alla Gdf (e non ai vertici del corpo). Un documento che il ministro della giustizia Clemente Mastella aveva chiesto alzando anche i toni: "Se non viene votato, non c'è più il governo". Però il ministro delle Infrastrutture fa alzare la temperatura perché prende le difese di Speciale. "Occorre capire il motivo di questa rimozione - dice Di Pietro - ad oggi non si conosce se non dai borbottii di palazzo. Non sono ingenuo, ho capito cosa c'è dietro. Ma lo rendessero pubblico. L'accusa che il Comando della Guardia di Finanza sia portatore di interessi diversi da quelli di Giustizia deve essere provata altrimenti nemmeno lo si pensa. Questa vicenda deve essere chiarita dall'interessato, cioè da chi aveva richiesto lo spostamento dei quattro ufficiali".

"Se il Generale è stato rimosso per normale avvicendamento - osserva Di Pietro - dovrebbe essere avviata una procedura che preveda una serie di proposte alternative concordate con l'interessato, nei tempi e modi previsti dalla legge. Se viene messo fuori dalla sera alla mattina, ci vuole una motivazione.
In assenza di motivazioni ufficiali, diventano più drammatiche le motivazioni ufficiose. Bisogna capire il motivo di questa rimozione".

La strategia della Cdl - Intanto la Cdl rimodula la sua mozione e chiede il voto su altri due ordini del giorno. In una mozione, provocatoriamente, l'opposizione sostiene che "ci sono due comandanti della Gdf visto che manca un provvedimento di revoca all'incarico del generale Speciale". A questo il governo risponde con una nota in cui spiega che la sostituzione di Speciale con D'Arrigo "firmata dal presidente della Repubblica il 1 giugno" è ora "al vaglio della Corte dei Conti" che ha dei tempi tecnici. E comunque, specifica Palazzo Chigi, "il testo del decreto è in linea con gli analoghi provvedimenti di sostituzione dei comandanti generali della Gdf".

Nei due ordini del giorno invece la Cdl chiede al governo di rispettare la legge secondo cui la Finanza dipende dal ministro delle Finanze e poi un altro in cui si impegna il governo ad accogliere la richiesta di Speciale di rimanere al comando fino al 21 giugno "quale giusto riconoscimento alla carriera svolta al servizio della patria e delle sue istituzioni".

La maggioranza teme imboscate - "Pronto per la maratona di domani presidente Marini?". La risposta del presidente la dice lunga: "Speriamo di sì". Speriamo di sì perchè la giornata sarà lunga, molto lunga (dalle 9 alle 22 come ha insistito Forza Italia) e quello che la maggioranza teme è proprio questo: in un arco di tempo così lungo, in cui non puoi chiedere a tutta la maggioranza e ai senatori a vita di presidiare l'aula non stop, l'opposizione - che sui regolamenti e sui trabocchetti d'aula ha già dimostrato di saperne una più del diavolo - può tentare l'imboscata. Nel momento a lei più utile. Ecco che domani la maggioranza dovrà obbligatoriamente tenere sotto controllo presenze e voti.

I numeri - Obbligatorio, per l'ennesima volta, il pallottoliere. La maggioranza ha una maggioranza di 158 voti, al netto dei senatori a vita. L'opposizione tallona a 156. Il problema è che la maggioranza ha due senatori malati che non potranno essere in aula. Indispensabili, quindi, i voti dei senatori a vita.

Il ministro diessino Vannino Chiti sposta l'orizzonte in avanti e analizza l'accidentato stato dei rapporti interni al centrosinistra. La sua è una disamina preoccupata: "Il centrosinistra è incerto perché se non c'è unione è difficile rispondere con determinazione. Questo continua ad essere il nostro principale problema del centrosinistra".

Speciale: "Voglio gli onori militari". Continua a fare sentore la sua voce l'ex comandante generale della Guardia di Finanza, Roberto Speciale. Prima sui giornali, adesso davanti alle telecamere di 'Porta a Porta'. "Sono e resto un soldato" dice Speciale, che, dopo aver rinunciato all'incarico presso la Corte dei Conti ("un contentino") dice di voler terminare la carriera da comandante generale della Guardia di Finanza. "Io voglio uscire con il mio onore militare che ho sempre difeso, schiena dritta e senza macchia, come sono sempre stato".

(5 giugno 2007)

da repubblica.it

Arlecchino:
MASSONERIA

WOODCOCK, "C'E' UNA COMMISTIONE AFFARI-POLITICA"
 

"Una inquietante commistione tra massoneria, affari, politica e apparati pubblici di ogni genere e specie". La frase eloquente e' quella usata dal pm di Potenza, Henry John Woodcock, per descrivere le indagini sulle presunte attivita' illecite delle logge massoniche sulle quali indaga dal 2005. Anche in questo caso il magistrato potentino ha sviluppato il lavoro investigativo partendo da un filone principale: quello che circa due anni fa porto' in carcere, tra gli altri, il faccendiere Massimo Pizza per una truffa ai danni di alcuni imprenditori.

Contro i 24 indagati il magistrato ipotizza i reati di associazione a delinquere finalizzata a un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione. Per raggiungere questo scopo gli indagati avrebbero promosso e partecipato associazioni segrete vietate dall'art. 18 della Costituzione, in particolare costituendo strutture associative di tipo massonico la cui esistenza e' stata occultata. "Ovvero - aggiunge il Pm - venivano tenute segrete congiuntamente finalita' e attivita' sociali, rimanendo sconosciuti, in tutto o in parte, e anche reciprocamente i rispettivi soci".

Dalle intercettazioni e dalle indagini effettuate, gli indagati non apparterrebbero a famiglie massoniche conosciute, quali il Grande Oriente d'Italia (GOI) o la Grande Loggia d'Italia degli antichi liberi accettati muratori (GLDI). Infatti le due organizzazioni create dai personaggi finiti nell'inchiesta, ovvero la Gran Loggia Unita Tradizionale (GLUT) e il Grande Oriente Universale (GOU), non hanno ottenuto il riconoscimento di quelle che sono le organizzazioni massoniche piu' autorevoli in Italia. Secondo gli inquirenti, le indagini hanno messo in luce un quadro "piuttosto allarmante" riferito all'attivita' criminosa perseguita da un gruppo di persone "legate ed espressione di ambienti massonici deviati", riconducibili a logge 'coperte' e cioe' a strutture carenti di quelle caratteristiche di pubblicita' interna ed esterna e di reciproca conoscenza tra i componenti.

Secondo quanto accertato, inoltre, le logge che hanno le connotazioni di un gruppo 'ben organizzato' avrebbero una capacita' operativa su tutto il territorio nazionale e anche all'estero. Per gli inquirenti potentini i soggetti coinvolti, assidui frequentatori e animatori dell'associazionismo massonico in generale, "trovano in questo contesto un ambiguo ambito privilegiato nel quale, di volta in volta, instaurare contatti, raccogliere informazioni, cementare legami, procurarsi entrature, assicurarsi appoggi e rapporti privilegiati con la Pubblica amministrazione in particolare.

Sarebbero emersi interessi sterminati che riguardano opere pubbliche, costituzioni di societa' off shore, fino alla compravendita di istituti bancari e di lotti di idrocarburi". Una attivita' che poteva godere di un articolato intreccio di relazioni con soci in affari, ex commilitoni, fratelli di logge, ex appartenenti alla P2 e compagni di partito. Intercettazioni ambientali e telefoniche, avrebbero, infatti, permesso di accertare i forti legami con gli ambienti di alcuni partiti politici in particolare.

(AGI) - Potenza, 5 giu. -
 

Arlecchino:
La scheda

Visco-Gdf, il documento del governo

Il dossier presentato al Senato: dai rapporti tra Speciale e Moggi alle telefonate «molto accese» con il viceministro

 
La vicenda della Guardia di Finanza nacque precisamente un anno fa, il 7 giugno 2006, e cioè quando al viceministro Vincenzo Visco vennero conferite le deleghe sulla Guardia di Finanza. E già all'epoca il nome del generale Speciale era sulle pagine dei giornali in merito alla bufera
giudiziaria che coinvolse il mondo del calcio.

Il documento del Governo depositato al Senato ricostruisce le tappe della vicenda. Ecco in sintesi, quelle più salienti.

- 7 giugno 2006. Al Viceministro Visco vengono conferite le deleghe sulla guardia di Finanza. Nel frattempo vengono pubblicate «intercettazioni riguardanti le indagini sullo scandalo del calcio in cui venivano citati fatti e nomi di alti ufficiali della Guardia di Finanza per i rapporti con Luciano
Moggi e tra questi emergeva quello del generale Speciale».

- 9 giugno 2006. Primo incontro tra Visco e Speciale il quale prospettò per prima cosa «l'opportunità di avvicendare il Capo di Stato Maggiore Generale Spaziante il quale, a suo dire, gli era stato imposto dal precedente Ministro».

- 26 giugno 2006. Nuovo incontro tra i due. Speciale presenta a Visco «un'ipotesi di impiego di dirigenti piuttosto ampia» con avvicendamenti presso importanti comandi operativi in molte sedi «ma non a Milano». Visco sconsiglia la rimozione del capo di Stato Maggiore e si riserva di esprimere un parere sulle proposte di trasferimento.

- Dopo il 26 giugno. Visco cerca di approfondire il motivo per cui «mentre venivano cambiate le posizioni di vertice di diverse importanti sedi, si mantenevano fermi tutti gli incarichi a Milano». A quel punto emergono «valutazioni negative» in particolare nei confronti del Generale Forchetti,
Comandante regionale delle Fiamme Gialle.

LE TELEFONATE - Il documento ricostruisce anche due telefonate fatte tra il viceministro e il Comandante della Guardia di Finanza nella quale furono usati «toni molto accesi». La prima telefonata è del 17 giugno, la mattina successiva alla notizia pubblicata dall'Ansa sull'avvicendamento dei vertici della Guardia di Finanza a Milano. «La mattina successiva (17 luglio) vi fu una telefonata tra il Vice Ministro e il Comandante Generale dai toni molto accesi - è scritto nel dossier - Il Vice Ministro, infatti, contestò al Generale Speciale di non aver posto in essere misure idonee ad impedire che trapelassero sulla stampa notizie distorte e strumentali, mentre la decisione dei trasferimenti era stata formalmente proposta al Vice Ministro dallo stesso Speciale in pieno accordo con i vertici del Corpo. Gli chiese, quindi, di procedere al completamento della procedura di trasferimento». «Di analogo tenore - ricostruisce il documento del governo - era stata un'altra telefonata avvenuta il 14 luglio pomeriggio, mentre il Comandante Generale si trovava a Bari. In nessuna delle due telefonate furono avanzate minacce, ma in ambedue fu sottolineato come il Vice Ministro considerasse una gravissima mancanza etica e deontologica l'aver interrotto immotivatamente una procedura partita per iniziativa dello stesso Comando Generale e concordata senza obiezioni di sorta, così come altrettanto grave era il fatto che il Comandante Generale, il successivo giorno 17, non avesse in alcun modo smentito il collegamento della vicenda con il caso Unipol, cosa che non ha fatto nemmeno nei mesi successivi». In sostanza il Vice Ministro - è scritto nel documento del governo - «ebbe la sensazione che il comportamento del Generale Speciale non fosse ispirato a quei criteri di lealtà e trasparenza che devono sempre caratterizzare i rapporti tra un Comandante di un Corpo militare come la Guardia di Finanza e l'Autorità Politica di vertice da cui funzionalmente dipende e, pertanto, gli ricordò con tono deciso il proprio ruolo di indirizzo e direzione».

06 giugno 2007
 
da corriere.it

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