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Autore Discussione: BERSANI -  (Letto 67707 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Dicembre 16, 2014, 06:58:46 am »

Bersani, "Renzi chiede lealtà? Non da tutti i pulpiti si possono accettare prediche"
Dopo l'assemblea di Roma l'ex segretario commenta l'invito fatto dal premier alla minoranza interna.
E sul pericolo "franchi tiratori" per il Quirinale: "Al premier auguro di avere molti Bersani in giro"

15 dicembre 2014

ROMA - Non si ferma la polemica interna al Partito Democratico. E dopo l'assemblea di Roma è l'ex segretario, Pierluigi Bersani - che non ha partecipato ai lavori - a commentare la richiesta di "lealtà" che Matteo Renzi aveva indirizzato alla minoranza interna. "In un partito come il Pd, plurale e senza padroni, la lealtà è la materia prima senza la quale non si va da nessuna parte. Sento in questi giorni e leggo sui giornali di appelli, prediche sulla lealtà. Ma non da tutti i pulpiti si possono accettare prediche". E sull'ipotesi scissione: "Il Pd è casa mia, ci vogliono i carabinieri per buttarmi fuori".

Tra il Nazareno e il Quirinale. "A Renzi auguro di avere molti Bersani in giro", dice l'ex segretario rispondendo ai cronisti che gli chiedono un consiglio per evitare franchi tiratori all'elezione del nuovo inquilino del Colle. A chi gli domanda se Romano Prodi, che oggi ha visto Renzi, potrebbe spuntarla, Bersani replica: "Non lo chiedete a me, mi sono dimesso perchè hanno fatto fuori Prodi". E sul legame tra patto del Nazareno e decisione sul prossimo presidente della Repubblica: "Berlusconi penso conosca il patto del Nazareno, ma lui non sempre è sincero. Io i contenuti di quel patto non li conosco, ma penso occorra parlar con tutti. Il patto, poi, è una parola troppo stretta, forte e non mi piace". Poi il commento sulla legge elettorale: "Il Mattarellum è meglio dell'Italicum".

Il Pd "figlio dell'Ulivo". Così Bersani arrivando alla facoltà di Ingegneria di Roma per la presentazione di un libro. Poi, aggiunge: "Renzi si sbaglia quando parla di opposizione interna nel Pd. Io ho fatto il segretario e so cosa vuol dire minoranza, so cosa vuol dire opposizione". E nel giorno dell'incontro tra il premier e Romano Prodi, l'ex segretario interviene anche sulla polemica legata alla storia dell'Ulivo: "Il Pd è figlio dell'Ulivo e non una fusione tra modernizzatori e cavernicoli". Poi la sua idea di partito: "Deve essere organizzato, stabile, avere funzioni in tutto il territorio del Paese".

Vincere ma con le proprie idee. E se Bersani riconosce che in politica "è giusto cercare di vincere" aggiunge che è "necessario farlo con le proprie idee". E' importante, ha spiegato Bersani, che "anche il centrodestra si ristrutturi intorno ad un asse capace di rappresentare una guida per il paese, il sistema ha bisogno del centrodestra e del centrosinistra perché con una destra alla Salvini magari posso vincere facile, ma il paese degenera". E sul metodo Renzi: ""Con la politica fatta di sola comunicazione si va allo sbando. Ci vuole un collettivo in cui si possa guardarsi in faccia. Chiedo troppo?".

© Riproduzione riservata 15 dicembre 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/12/15/news/bersani_pulpito-102976604/?ref=HREC1-2
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« Risposta #91 inserito:: Dicembre 22, 2014, 06:00:43 pm »

Bersani: "Al Quirinale una figura che sappia tenere il volante"
L'ex segretario del Pd ospite di Lucia Annunziata a "In mezz'ora" su Rai Tre. Sulla battaglia per il Colle del 2013: "Il cavallo azzoppato andava eliminato"

21 dicembre 2014

ROMA - Per il Quirinale "bisogna trovare una figura di garanzia, che sappia tenere il volante perché siamo ancora nelle curve".
Lo dice Pier Luigi Bersani a "In mezz'ora" su Rai Tre.

"L'avvitamento tra crisi sociale e democratica c'è e il meccanismo democratico non è in grandissima salute. Dobbiamo cercare una figura della massima autorevolezza - ribadisce l'ex segretario del Pd - e che oltre a essere per bene deve anche essere una persona autonoma e fedele solo alla Costituzione. Non lavoriamo per soluzioni che abbiamo il carattere della partigianeria e nemmeno per soluzioni stravaganti. Non facco esempi tipo un narratore, uno scrittore o altro, quella è una responsabilità seria e impegnativa". Ad ogni modo "non è un tratto dirimente o esclusivo, ma non guasterebbe una personalità che conoscesse l'economia. Avremo davanti un paio d'anni ancora complicati".

Possono esserci preclusioni su un nome del Pd? "Assolutamente inaccettabile - risponde Bersani - Credo che non sia immaginabile una figura ostile ai valori della sinistra e del centrosinistra, ma in questo grande ambito non sono accettabili preclusioni di nessun genere. Va bene cattolico, laico, va bene tutto, purché cui siano caratteristiche per tenere il volante di un Paese che deve essere guidato e rasserenato".

E riferendosi alla battaglia per il Quirinale nel 2013, afferma: "Si disse quella volta che cavallo azzoppato andava eliminato. E quel cavallo ero io. Meglio essere un cavallo che un asino".

Questa mattina sull'argomento è intervenuto anche il leghista Roberto Calderoli che ha risposto così su Sky Tg24 a Maria Latella sulla prossima corsa al Quirinale: "Siamo ampiamente disponibili a discutere, ma cerchiamo di non tirar fuori la solita vecchia scarpa della politica.  Qual è l'identikit del prossimo Capo dello Stato, per la Lega? "Penso, ad esempio, a Caprotti di Esselunga, o a Vittorio Feltri - ha detto il vicepresidente del Senato -  Ma una cosa è certa: non possiamo più avere un presidente della sinistra".

In merito alla leadership di Silvio Berlusconi del centrodestra, Calderoli ha aggiunto: "Nei fatti il leader del centrodestra è Matteo Salvini, sono convinto che se si andrà al voto il confronto sarà tra due che si chiamano Matteo: Salvini e Renzi".

Sulla richiesta di lealtà più volte invocata da Renzi, Bersani chiarisce: "Da parte nostra la lealtà c'è. Siamo al trentesimo voto di fiducia nessuno si è lamentato. La lealtà c'è e ci vuole. Vorrei però che tra quelli che la invocano forse sarebbe simpatico che la lealtà venisse sempre praticata", rileva.

A proposito del Patto del Nazareno, afferma: "Sono contro i patti, bisogna discutere ma stringere dei patti non va bene. Temo che il Nazareno passi alla storia per il Patto, pur essendo la sede del Pd. Io sono contro i patti per un motivo molto semplice, penso che ci voglia una sinistra e una destra, che un Paese debba respirare con due polmoni e se si sfrangia la differenza e si crea una cosa troppo trasversale non è salute. Bisogna parlare, dialogare sui temi istituzionali, ma stringere patti dove chi ha firmato ha l'ultima parola non va bene. Lasciamo che facciamo l'opposizione. E lo dico senza avercela in particolare con Berlusconi".  E aggiunge: " Renzi sa bene che tenere un Paese da soli è difficile, essere in due non è male", riferendosi al fatto che il presidente del Consiglio potrebbe non desiderare al Colle una personalità troppo forte. "
 
© Riproduzione riservata 21 dicembre 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/12/21/news/bersani_pd_riforme_quirinale-103432214/?ref=HREA-1
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« Risposta #92 inserito:: Febbraio 27, 2015, 04:36:16 pm »

Pd, lo strappo di Bersani: "Io non sono un figurante".
Renzi: "Stupito da polemiche, noi per il confronto"
Con parole di fuoco, l'ex segretario fa sapere che non parteciperà alla riunione dei gruppi parlamentari dem convocata dal premier.
Attacca Jobs act, riforma costituzionale e Italicum. Anche minoranza dem pronta a disertare.
La replica distensiva: "Non sprechiamo tempo, nessuno ha verità in tasca, no a caminetti ristretti"

26 febbraio 2015
   
ROMA - E' un Pier Luigi Bersani decisamente arrabbiato quello che annuncia di non avere alcuna intenzione di andare domani all'incontro dei parlamentari Pd convocato al Nazareno dal premier-segretario Matteo Renzi. "Non ci penso proprio - è la presa di posizione dell'ex leader del partito che incassa il plauso di Pippo Civati -, perché io m'inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto". Parole di fuoco pronunciate in una lunga intervista che uscirà domani su Avvenire. Tra gli argomenti affrontati, anche la riforma delle banche popolari, il caso Rai-Mediaset e le liberalizzazioni.

Le replica (distensiva) del presidente del Consiglio arriva dopo qualche ora: "Nessuno ha la verità in tasca e nessuno vuole ricominciare con i caminetti ristretti vecchia maniera: noi siamo per il confronto, sempre. Aperto e inclusivo, senza che nessuno si senta escluso". Renzi si dice quindi "stupito" di chi, nella minoranza Pd, "gioca la carta della polemica interna" disertando l'incontro di domani.

"Il nostro popolo - prosegue il premier - quello che ci vota alle primarie e che, dopo tante sconfitte ci ha dato il 41% per cambiare l'Europa e l'Italia, non si merita polemiche ingiustificate persino sugli orari e sulle modalità di convocazione di questi incontri informali. Non abbiamo tempo da perdere, non sprechiamo neanche un minuto in polemiche sterili. Al lavoro, per ridare speranza e fiducia all'Italia. Non capisco - aggiunge - la polemica di queste ore sulle riunioni di domani al Pd. Il nostro è un partito democratico, nel nome ma anche nelle scelte e nel metodo. Tutte le principali decisioni di questi 15 mesi sono state discusse e votate negli organismi di partito: dal Jobs act fino alle riforme costituzionali, dalla legge elettorale alle misure sulla legge di stabilità. Abbiamo organizzato iniziative su scuola, politica estera, Europa, forma partito, sociale, enti locali e molto altro. Per domani abbiamo offerto una opportunità in più, una semplice occasione di confronto, come sempre diretto e schietto, che pensavamo potesse essere apprezzata da chi spesso chiede più collegialità. Un semplice scambio di idee, convinti come siamo che solo ascoltandoci possiamo migliorare".

Un attacco frontale, tuttavia, Bersani lo riserva proprio al Jobs act che "mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni Settanta" e perciò si pone "fuori dall'ordinamento costituzionale". Un secco avvertimento al premier, poi, arriva su Italicum e riforma costituzionale: "Il combinato disposto" tra i due testi “ rompe l'equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale".

Lo scontro dentro ai democratici si era già consumato ieri, quando il presidente del Consiglio aveva deciso di convocare una riunione dei gruppi dem che ha colto di sorpresa molti. La lettera aperta di Renzi ai 'suoi' parlamentari - un documento in cui si annunciava per venerdì un pomeriggio di dibattiti da un'ora ciascuno su scuola, Rai, ambiente e fisco - è piaciuta davvero a pochi. Fin da subito si era capito che buona parte della minoranza con tutta probabilità non avrebbe partecipato. Un'impressione confermata col passare delle ore, quando è apparsa sempre più realistica la possibilità di un abbandono di massa da parte della sinistra. A far sapere che non andrà all'incontro è anche Gianni Cuperlo.

Nessun "ordine di scuderia", era stata la rassicurazione, "ognuno deciderà individualmente", ma erano già stati in tanti a dare per scontato che non ci sarebbe stato né Bersani né i parlamentari a lui vicini come Davide Zoggia, Alfredo D'Attorre e Stefano Fassina. La mossa del premier era stata descritta (da fonti vicine ai dissidenti), come una reazione alla nascita della corrente dei 'catto-renziani', vale a dire quelli che fanno capo a Graziano Delrio e Matteo Richetti che proprio ieri sera si sono riuniti a Montecitorio alla presenza di Luca Lotti.

Sotto sera, 20 senatori Pd scrivono a Luigi Zanda per manifestare "perplessità" sull'incontro di domani. I firmatari sono in buona parte i protagonisti della battaglia contro la legge elettorale dello scorso gennaio: Claudio Broglia, Vannino Chiti, Paolo Corsini, Erica D'Adda, Nerina Dirindin, Federico Fornaro, Maria Grazia Gatti, Maria Cecilia Guerra, Miguel Gotor, Paolo Guerrieri Paleotti, Silvio Lai, Sergio Lo Giudice, Doris Lo Moro, Patrizia Manassero, Maurizio Migliavacca, Corradino Mineo, Carlo Pegorer, Lucrezia Ricchiuti, Lodovico Sonego, Walter Tocci.

"Le modalità e il merito della convocazione suscitano rilevanti perplessità", scrivono i senatori. "In primo luogo, quanto al metodo, riteniamo che la convocazione del gruppo parlamentare rientri nel ruolo precipuo del presidente. Ciò consente, fra l'altro, di non alterare il diverso e autonomo ruolo che i gruppi parlamentari devono avere nei confronti del governo e nei confronti del partito". "In secondo luogo - proseguono - la convocazione non può prevedere un'ora di discussione su temi di vastissima portata". Concludono i senatori: "Su di un lavoro sistematico di confronto sull'agenda parlamentare, da condurre in stretta relazione con la segreteria del partito e con i nostri rappresentanti al governo, e ovviamente, con il nostro segretario, la nostra disponibilità non è e non è mai stata in discussione, anzi è stata da noi sollecitata in più di un'occasione".

La risposta di Zanda non si fa attendere: gruppi parlamentari e partito devono lavorare insieme - dice - le riunioni possono essere "talvolta utili" vista "la complessità, la difficoltà e anche i rischi dell'attuale fase politica".

Il botta e risposta prosegue dopo l'arrivo della lettera di Renzi, che per i 20 "sembrerebbe indicare la volontà di un rilancio del confronto di merito all'interno del nostro gruppo parlamentare fra gruppi parlamentari e tra questi e il partito. Si tratta di una prospettiva di fondamentale importanza a cui siamo da sempre interessati", ma, osservano "proprio per questo le modalità e il merito della convocazione suscitano rilevanti perplessità che ci teniamo a rappresentarti".
 
© Riproduzione riservata 26 febbraio 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/02/26/news/pd_lo_strappo_di_bersani_domani_da_renzi_non_vado_non_sono_un_figurante_e_stronca_jobs_act-108264639/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_27-02-2015
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« Risposta #93 inserito:: Aprile 20, 2015, 05:48:22 pm »

Pierluigi Bersani contro Matteo Renzi e Sergio Marchionne: "Chi pensa che l'Italia debba somigliare agli Usa non ha capito

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 18/04/2015 17:00 CEST Aggiornato: 4 ore fa

Pierluigi Bersani attacca in una sola mossa sia il presidente del Consiglio, Matteo Renzi sia l'amministratore delegato Fca, Sergio Marchionne. "Il progetto di Marchionne per il contratto Fca - scrive su Facebook - è una novità non da poco. Ho sempre sostenuto che la vera sfida riformatrice del Jobs act avrebbe dovuto essere l'impostazione, nel rapporto fra capitale e lavoro, di un nuovo equilibrio fra decentramento, rappresentanza e partecipazione. Si è fatto altro. Come si vede in questi giorni, quel tema ineludibile viene così lasciato alla spontaneità e ai soli rapporti di forza".

"C'è il rischio - scrive ancora - di una pericolosa disarticolazione del sistema. Aggiungo che chi pensa sia meglio somigliare nei rapporti sociali agli Stati Uniti piuttosto che alla Germania non ha capito come è fatta l'Italia. Tanto per fare un esempio, nel nostro paese puoi anche trovare imprese capaci di esportare le tasse e di importare i modelli contrattuali".

Proprio durante il suo incontro con Barack Obama a Washington, Renzi aveva affermato in maniera entusiastica che "negli Usa, negli ultimi sette anni si è ridotta la disoccupazione ed è aumentato il Pil. In Europa è aumentata la disoccupazione e si è ridotto il Pil. In Europa qualcosa non ha funzionato. Per questo l'economia Usa deve essere un modello per l'economia europea".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/04/18/bersani-contro-marchionne-e-renzi_n_7092296.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #94 inserito:: Giugno 16, 2015, 11:48:58 pm »

Regionali Liguria, Pier Luigi Bersani si spende per Raffaella Paita.
"Sto dando una mano dove ci sono problemi politici"

Andrea Carugati, L'Huffington Post
Pubblicato: 29/05/2015 08:32 CEST Aggiornato: 1 ora fa

Pier Luigi Bersani atterra a Genova a ora di cena, e si butta subito nella mischia di questa difficile campagna elettorale in Liguria. Pontedecimo, quartiere popolare, epicentro del dissenso di sinistra verso la candidata renziana Raffaella Paita. Da queste parti le primarie di gennaio le aveva vinte Sergio Cofferati, e del resto il “padrone di casa” in questa storica società di mutuo soccorso che ospita la cena elettorale, la Fratellanza, è Giovanni Lunardon, segretario regionale, capolista Pd e tra i primi sostenitori del Cinese. Solo che Lunardon, quarantenne della Ditta, a differenza di Cofferati e di Luca Pastorino (che hanno fatto un comizio poche ore prima in piazza Negri a Genova con Pippo Civati), ha scelto la disciplina di partito. E così Bersani, che ha spiegato alle oltre duecento persone sedute tra i tavoli che “in questi ultimi giorni di campagna vado più in giro, soprattutto dove ci sono delle ammaccature, perché ho capito che tra tanti miei amici per l’Italia c’è del disagio”.

“Sono in giro per dire che tante cose che sta facendo il Pd non le condivido e non le farei così. Però il Pd è casa mia, è la mia speranza, il mio sogno. Le battaglie si fanno nel Pd perché è un partito che ha 8 anni, è un bambino. Sapete quante ne vedremo da qui ai prossimi anni? Questo sto dicendo in giro. Sto dando una mano là dove ci sono problemi politici”.

Insomma, Bersani ha rimesso i panni del pompiere, come aveva fatto mercoledì qui in Liguria Roberto Speranza, e il disagio cerca di curarlo. O almeno, non vuole passare nella file dei gufi in caso di sconfitta. Per questo invita tutti a “fare il nostro dovere” domenica alle urne, e a sostenere “la nostra candidata Paita”. La candidata si è detta “onorata” dalla presenza di Bersani, e ha ringraziato Lunardon “per come hai gestito il partito in questi mesi difficili”. Presente anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, spezzino come Paita, anche lui tra i sostenitori del Cinese alle primarie. “Non è che fai la sinistra sostituendo un selfie di Renzi con uno di Ferrero”, ha scherzato il Guardasigilli, riferendosi al leader di Rifondazione schierata con Pastorino.

Bersani, dal canto suo, ha spiegato la sua presenza a Genova dicendo che “per essere ascoltati e legittimati bisogna esserci anche nei momenti difficili, e io sono qui”. Ma non ha rinunciato a criticare il Pd renziano, e il partito della Nazione. “Per me lo slogan deve essere ‘tornare al Pd’, un partito di centrosinistra, ulivista, alternativo alla destra, che vuole costruirsi come un grande partito popolare, che non rinnega le radici ma le fa evolvere. Un grande collettivo. “Questo intendo farlo valere nel Pd. Se mi dite che non c’è molta comprensione e che tutto può essere ricambiato da insulti…io comunque sono sereno”, ha scherzato. Per poi ribadire che “quando abbiamo vinto lo abbiamo sempre fatto con la fatica delle nostre idee”. Lunardon ha fatto più volte riferimento alla necessità di tenere unito il Pd in questa sfida: “Siamo un partito di passione e di energie, le controversie che ci sono state tra noi non devono far vincere la destra o il M5s”. “Una destra sempre più lepenista”, gli ha fatto eco Orlando, “e anche per questo i liguri non hanno nessuna intenzione di essere cavie di qualche laboratorio…”. Bersani vede diverse regioni “al pelo”, ma non condivido il pessimismo e non prevedo brutte sorprese per il Pd. Anzi il Pd potrebbe prendersi anche qualche bella soddisfazione”.

Dal comizio con Pastorino, Civati aveva attaccato duro Bersani: “Non so come faccia a sostenere una candidata che è più renziana di Renzi. Pier Luigi stasera ha sbagliato piazza, lui è nella piazza del Jobs Act, delle riforme costituzionali, della riforma elettorale, del patto con Forza Italia”. L’ex leader replica senza acrimonia: “Con tutto il bene che voglio a Civati gli dico ‘Dove vai?’ E’ uno sbaglio, bisogna combattere nel Pd…”.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/05/29/liguria-bersani-con-paita_n_7466356.html?1432881144&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #95 inserito:: Settembre 08, 2015, 04:36:42 pm »

LE RIFORME E LA TENSIONE NEL PD
Nuovo Senato, Bersani a Renzi: «Non c’è disciplina di partito»
L’ex segretario dem: «No a prove di forza sul nuovo Senato. Non si può chiamare alla disciplina di partito davanti alla Costituzione. Noi liberi»

Di Redazione Online

«Non si tocca l’art. 2 della riforma? Renzi ha ragione a chiedere che non si apra un vaso di Pandora, ma poi c’è il libero convincimento». Lo dice Pierluigi Bersani a Radio Anch’io. «Non si può chiamare alla disciplina di partito davanti alla Costituzione. Non si è mai fatto in nessun partito», ammonisce l’ex segretario del Pd.

Che continua: «Non pretendo di dettare il compito e questa è la mia opinione», ma sulla riforma «c’è il libero convincimento di senatori che, davanti a temi costituzionali, non possono essere richiamati a una generica disciplina di partito. Nessun partito nella storia di Italia ha mai richiamato alla disciplina davanti alla Costituzione».

Spaccare il Pd sulle riforme? «Io lo chiedo a Renzi, io sono per il sì, non per il no» alla riforma costituzionale. «Ma qui non è in gioco il superamento del bicameralismo perfetto, il doppio voto di fiducia, ecc... Tutti vogliono la riforma e intendono portarla in porto, qui è in gioco se, dopo la legge elettorale, noi possiamo avere un Parlamento dove la grandissima parte dei membri viene scelta a tavolino». «La questione è questa e qui non c’è Bersani - spiega l’ex leader dem - ma il libero convincimento di un numero di senatori con i quali bisogna discutere e trovare una soluzione. Non mi risultato tentativi di mediazione, ho visto ricostruzioni prive di sostanza». Quanto all’ipotesi listino, circolata in questi giorni come possibile terreno d’incontro, «è priva di sostanza», poiché, a detta di Bersani, «non si può scrivere una cosa in un articolo e poi correggerla in un altro». La questione è «sì a un ruolo degli elettori. Punto».

8 settembre 2015 (modifica il 8 settembre 2015 | 11:18)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/politica/15_settembre_08/nuovo-senato-bersani-non-c-disciplina-partito-ed901e5c-55fc-11e5-b0d4-d84dfde2e290.shtml
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« Risposta #96 inserito:: Dicembre 17, 2015, 07:17:58 pm »

La diretta
Bersani a #Corrierelive: «Contrario alla sfiducia a Boschi e al governo, ma Renzi sia meno arrogante»
L’ex segretario del Pd all’appuntamento negli studi del Corriere della Sera parla del salvabanche e di un Partito che «ha bisogno di più cura».
E rivela: «Mi chiamarono quando stava cadendo Letta, io non avrei fatto quell’operazione in quel modo»

Di Valentina Santarpia
 
Lo spettro del conflitto di interessi ora arriva sul governo Renzi, con il decreto salvabanche. Pierluigi Bersani, che è stato anche ministro dello Sviluppo economico e si è occupato di banche più volte, ne parla in studio con Alessandra Arachi, Monica Guerzoni, Tommaso Labate, Antonio Polito. «A me appare che in questo caso non ci sono atti pubblici che intervengono a favore di atti privati- sostiene l’ex segretario Pd- ma consiglierei a Renzi e alla Boschi di non affrontare questa vicenda con toni muscolari, perché c’è turbamento in giro e quindi bisogna rispondere con trasparenza, chiarimenti, senza arroganza. Quindi affrontiamo anche l’appuntamento parlamentare della fiducia con questa impostazione. Per quanto mi riguarda non ho dubbi nel negare la sfiducia alla Boschi, ma attenzione perché è una vicenda che è stata percepita con profondo turbamento da parte degli italiani».
 
«Consiglio a Renzi e alla Boschi di rispondere senza arroganza»
Renzi accusato di doppiopesismo: si era comportato nei confronti della Cancellieri con una richiesta di dimissioni, ora si sta comportando diversamente? «Io sono più analitico: una fattispecie paragonabile a questa è quella del ministro Lupi. Negli altri casi, Josefa Idem, la Cancellieri, la Di Girolamo, uno formalmente può dire che erano accusati di qualcosa che li riguardava personalmente, non di figli e padri, però è vero che si è stati in quei casi un po’ tranchant e sbrigativi. E quindi qual è il criterio del rigore, della moralità? Io sono per ripristinare una cosa logica, e cioè il conflitto di interessi c’è quando fai una cosa a favore di un interesse collegato. Quando capitano cose come quelle della Cancellieri, della Idem, io sarei per avere più misura. Con loro non sono stato colpevolista. Se poi mi si dice che siamo negli Usa, allora posso essere più fermo, però un banchiere che frega negli Stati Uniti buttano la chiave. Se siamo in Italia, siamo in Italia, non possiamo a fasi alterne fare quelli che stanno negli States e quelli che stanno in Italia».
 
«Il governo faccia un decreto per i consumatori»
Bersani il salvabanche l’avrebbe scritto così com’è o pensa che in realtà sia troppo tenero con le banche? «Io penso che con l’Unione europea si poteva anche insistere. Ma una volta arrivati lì, non ho alcuna obiezione. Io dico che forse in quel rapporto con l’Ue qualcosa sia cambiato. Il salvabanche per definizione salva le banche, poi la giustizia vedrà se può rivalersi qualcuno. Io ho un’altra logica. Se la Consob e la Banca d’Italia tutelano la stabilità del consumatore, la difesa del consumatore chi la porta avanti? Come faccio a difendere un consumatore contro le prepotenze del mercato? Ci vuole la norma. Quando feci la norma sulla trasferibilità dei mutui, mi arrivò addosso uno tsunami, perché mi ero permesso di infilare la mano nei mutui. Ma io sapevo che era un furto legalizzato, e allora ho fatto la norma. In questo caso avrei fatto una norma per impedire di vendere obbligazioni allo sportello, punto e basta. Io consiglierei che il governo facesse una bella riunione e piazzasse un decreto con 4-5 norme secche. Non ho obiezioni sul salvabanche, arrivati lì: ma il cittadino doveva essere difeso prima dallo Stato, dalla politica». Questo scandalo può essere messo in conto al Pd, o che il Pd possa perdere voti? «Il rischio c’è per il semplice fatto che governiamo. Perciò dico che ci sono materie per cui il governo deve mettere le mani nel mercato. C’è un momento in cui la gente è debole, a a chi chiede qualcosa? Al governo. Normalmente siamo chiamati a far qualcosa».

«La Boschi determinata ma usi toni più umili»
Cosa pensa della Boschi? «Una persona molto determinata, che ha forza. Mi trovo più nella fase di formatore, e quindi noto che è una che studia, ma le consiglierei un tono più umile. Per il resto è una persona che ha delle qualità notevoli, e poi sono contento che ci siano più donne in politica. I messaggini? Ma con me non parlano: siamo nell’autosufficienza più totale. Sono meccanismi troppo autocentrati, dovrebbero essere sia lei che Renzi più aperti, riflessivi, dialoganti».

«Il governo durerà fino al 2018»
Previsione sulla durata del governo Renzi. «Durerà finché vorrà, nel senso che le elezioni ci saranno quando sono previste, nel 2018. Non vedo francamente problemi tali da mettere un pregiudizio sul governo. Mentre vedo la difficoltà di affrontare un’opinione pubblica che cambia ciclicamente. Non c’è nessun mago che possa ovviare al problema della nuova onda che arriva. Forse noi siamo ancora sulla vecchia onda, forse la nuova che arriva è un’altra.Questa è la paura che ho nel profondo. Non abbiamo una ripresa davvero forte davanti a noi, ma meccanismi di difesa, a chiusura nel campo sociale. Io dico: rinnoviamola la bandiera della sinistra, ma non ripieghiamola. Se no arriviamo alla prossima onda disarmati».

«Rivendico ancora il famoso streaming con i grillini»
Ma perché non si è fatto il governo con Grillo? «Io avevo un’idea, quella di fare dell’instabilità una forza. Io avevo detto loro: lasciatemi partire e poi si vede. Ma lo sapevo che non venivano. Non potevo sperarci, erano arrivati appena anche loro, ma in quel famoso streaming misi in chiaro, a costo di fare la figura del pirla, che io ci stavo. Ancora adesso, che loro stanno studiando per capire le cose di governo, ci ripenso. Caro M5S, puoi ancora far da solo? Dicendo io non parlo con nessuno?».

«Se fosse rimasto Letta avremmo meno velocità ma più partito»
Il passaggio Letta- Renzi: «Se fosse rimasto Letta forse avremmo avuto più cacciavite e meno velocità ma un partito messo meglio. E nella prospettiva del Paese avere un Pd in forma è molto importante. Questo nuovo meccanismo ha dato un dinamismo incredibile ma pagando qualche prezzo. Se ci fossi stato io in quei giorni lì, non avrei votato a favore o in direzione del governo Renzi. Mi chiamarono, avevo un gran mal di testa - all’epoca Bersani era ricoverato in ospedale, ndr -ma spiegai: si può fare tutto, compresa quest’operazione, ma qualsiasi cosa deve essere proposta da tutti e due. Dal capo del governo e dal capo di partito. Questo dissi io allora. Ho sempre avuto un’idea di centrosinistra come vasta area culturale, rispetto a cui il Pd era il perno. Adesso è prevalso un meccanismo di autosufficienza, e in un Paese orientato da cento e più anime, è un azzardo. Lo so che è difficile governarlo il centrosinistra quando governi ma è così».

«Nel Pd c’è ancora qualcosa di mio»
C’è la speranza che Bersani riprenda la segreteria? «Speranza ha mollato la poltrona- ride Bersani- Penso che bisogna stare nel Pd, non condivido quelli che parlano del Partito della nazione, bisogna giocarsela lì». In questo Pd c’è ancora qualcosa di Bersani? «Se mi venite dietro qualche volta, quando mi chiamano in qualche roba popolare, vedete che c’è tanto di mio. Adesso è un momento in cui qualcuno mi sorride. Io voglio tenere accesa la fiammella di un’idea di sinistra, e penso che sia giusto tenerla nel Pd: vuol dire difendere il cittadino dalle prepotenze del mercato, un universalismo nel sociale, una sanità equa per tutti. Con i socialisti europei diciamo questo: se ci tassiamo tutti per il terremoto in Nepal vogliamo fare un fondo presso l’Oms per remunerare i brevetti e rendere accessibili i farmaci per tutti? Altrimenti tra qualche anno non ci sarà nessun universalismo che può reggere».

La Stabilità: «Si può fare di più, la voterò con qualche dubbio»
Questa legge di stabilità è di sinistra? «C’è qualcosa di sinistra. Per esempio quando fai una misura per favorire l’ammortamento degli investimenti e l’acquisto dei macchinari, oppure gli interventi per le iniziative ambientali. Meno di sinistra quando fai un’operazione sulla casa: per l’amor di Dio togliamo le tasse a chi non può pagarle ma lasciamole a chi può. Oppure l’intervento sul contante. Io la voterò, con qualche dubbio. Il lavoro lo fai con gli investimenti, se non c’è lavoro la ruota non gira. Non ci sono abbastanza investimenti. Se vuoi aiutare la crescita devi ridurre la forbice sociale, uno degli elementi per ridurla è il welfare: se la gente deve pagarsi una risonanza magnetica, sono due Imu; secondo, la progressività fiscale. Queste sono le cose che riducono la forbice e quindi migliorano la crescita. Si può fare di più».

La Leopolda: «Renzi metta fuori le bandiere del Pd»
«Caro Renzi, se ce l’hai nel cuore mettile fuori le bandiere del Pd, sei il segretario. Ognuno deve fare il suo mestiere. Ho fatto 16 anni l’amministratore in una regione rossa dove il Resto del Carlino era il giornale ufficiale, ma io non ho mai aperto bocca perché mi piacerebbe che ci fosse l’idea di una stampa, un’informazione, che non si legga come le carte del popolo. Mi piace che ognuno faccia il suo mestiere. Nella stampa e nell’informazione troppo conformismo non lo gradirei: più c’è servio encomio, più c’è codardo oltraggio».

Renzi vuole il partito della Nazione? «Non lo escludo»
Il fatto che Nardella apra al partito della Nazione la infastidisce? «Non condivido niente di quell’intervista, con tutto l’affetto e la simpatia, soprattutto quando dice che destra e sinistra sono vecchie categorie. Io ho in testa una sinistra sociale e liberale. Vedo dentro tutte le esigenze di innovazione. Ma se non teniamo alta la fiammella, dimentichiamo che essere di sinistra è sentire che tutti gli uomini e le donne hanno eguale dignità. E quindi è contro ogni idea di prevaricazione, ingiustizia, sopruso. Non devi fare il predicatore della sinistra, ma gli atti devono avere un senso: se fai una tassa, la devi fare per chi può pagarla. Tu governi, fai mille atti, devono avere un senso percepibile. Quanto sfugge il senso, ti disarmi. Poi se mi si dice che il bersanismo è in salita, lo so anche io. Ma vincere per perdere non mi interessa. Lo schema del partito della Nazione è quello che ha in testa Renzi? Non posso escluderlo».

Il caso Roma
A Roma chi era il candidato di Bersani? «Era Zingaretti». «Non trovo sia un vanto per il Pd aver cacciato Marino, è stato spiacevole per entrambi. Quando è capitato nella mia esperienza un dramma, come a Roma è scoppiata Mafia capitale, si reagiva elaborando il lutto venendone fuori come un collettivo. Io trovo che a Roma davanti a questo dramma sia mancato questo: il collettivo».

La vicenda Penati
La faccenda Penati: «Credo che ci siamo capiti senza telefonarci. Io son contentissimo perché non ho mai avuto dubbi, ma lui se l’è portata grossa. Io piccola piccola, però spero che ci siamo capiti senza parlarci, bisogna venire fuori dalla bufera, e quel che ho avuto io di distanza è per tutelare la ditta. Quando dico ditta intendo il centrosinistra, non è una partita Iva».

Un’assemblea per capire il senso del Pd
«Più che un congresso straordinario farei un appuntamento senza pesi e magliette, ma una riunione per capire cosa è il Pd, come si faceva con la vecchia conferenza di organizzazione. Un partito giovane come il nostro ha bisogno di cure. L’accordo con i Cinque Stelle? Bella svolta. L’invio di militari in Iraq? Stiamo prudenti, però bisogna portare coerenza. Non confondiamo la storia con la cronaca: quello che sta succedendo è una riorganizzazione del Medio Oriente. La gente che dice combatto l’Isis vuole solo prendere posizione nella nuova riorganizzazione. Allora a questo punti bisogna che Europa e Stati Uniti chiamino tutti gli amici e li invitino alla coerenza. Dopodiché, il tema militare diventa da poco se si risolviamo quello politico».

Da - http://www.corriere.it/politica/15_dicembre_16/bersani-corrierelive-afe1299a-a3fc-11e5-900d-2dd5b80ea9fe.shtml?cmpid=PA178012501DCOR&refresh_ce-cp
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« Risposta #97 inserito:: Dicembre 23, 2015, 06:13:12 pm »

Elezioni spagnole, intervista a Pier Luigi Bersani: "Caro Renzi, serve la sinistra delle lenzuolate"

Pubblicato: 21/12/2015 18:17 CET Aggiornato: 57 minuti fa

Pier Luigi Bersani, partiamo dall’interpretazione del voto spagnolo.
È chiaramente un voto in sintonia coi processi profondi che stanno avvenendo in Europa. E cioè: già prima della crisi c’è una sinistra di stampo socialdemocratico, socialista, riformista che ha preso uno schiaffone con la globalizzazione. Globalizzazione che ha minato le situazioni di forti servizi, alta fiscalità e alti salari. Poi è arrivata la crisi e l’Europa del grande compromesso sociale si è trovata sbragata, indebolita, divisa. È chiaro che la rottura di questo equilibrio che, ripeto, inizia prima della crisi, viene pagato dalle forze che hanno costruito il welfare europeo, cioè quel peculiare punto di equilibrio tra società ed economia. Questi processi portano a Podemos ma non solo.

Ma anche Ciudadanos, la Le Pen, qualche tempo fa Tsipras. Fenomeni diversi che però...
Esatto, esatto. Diverse forme tutte con una caratteristica: una critica all’establishment e un riflesso isolazionista. In tutti questi casi che ha elencato ci sono queste due cose. E infatti sono fenomeni che trovano radici popolari.

Si può dire che in Italia, nel 2013, con l’esplosione del Movimento 5 Stelle si è visto l’anticipo di ciò che sarebbe accaduto in Europa?
Direi che l’Italia, non da oggi, è piuttosto in anticipo sui fenomeni... Nell’ultimo secolo è successo diverse volte compreso il 2013 con l’irrompere del movimento Cinque stelle. Per questo dico: attenzione.

Dice Renzi: benedetto Italicum. Non rischiamo l’ingovernabilità che si rischia in Spagna.
Sono radicalmente in disaccordo. Ra-di-cal-men-te. Dire che dopo la Spagna va bene l’Italicum significa dare una lettura profondamente sbagliata di quel che è accaduto in Spagna. Che è un po’ quello di cui stavamo parlando: la crisi della sinistra riformista, i populismi, eccetera. Detto questo, sull’Italicum a Renzi dico: in una società moderna, la governabilità non può essere una camicia di forza. Voglio dire: se io sono un catalano e mi si dice se dovrò scegliere tra Rajoy e Sanchez io ribalto il tavolo. Le pentole a pressione hanno la caratteristica che hanno uno sfogo sennò scoppiano. Io non sono un proporzionalista ma non penso che si possa blindare in modo ortopedico l’opinione della gente.

Ormai l’Italicum è legge. Si rassegni.
Io continuo a essere per il doppio turno di collegio. E dico: occhio che misure ortopediche ci predispongono a qualche tsunami.

Tipo la vittoria dei Cinque stelle. Con l’aria che tira in Europa...
Beh, ammucchiare tutti i populismi che sono contro è fin troppo facile. E in Italia, oltre ai Cinque stelle c’è ancora una destra. E nel profondo dei meccanismi di ripiegamento e regressivi c’è un terreno per la destra.

Però Bersani, andando al cuore del problema, anche Renzi dice: basta austerità perchè sta alimentando i fenomeni populisti, antieuropeisti.
Io sono d’accordissimo sullo slogan "basta austerità" e sulla necessità di avere un atteggiamento propositivo e combattente rispetto a una deriva germanocentrica. Dopo di che devo dire che bisognerebbe essere conseguenti sui due punti fondamentali su cui ci stanno impiccando, ovvero le banche e l’energia. Dico questo: sulle banche, se si voleva fare un braccio di ferro, si poteva fare alla Corte di Lussemburgo sul tema dell’uso del fondo di garanzia interbancario. Mentre sull’energia la questione South Stream è ben precedente alle sanzioni. Il sabotaggio vero e proprio del South Stream è avvenuto ben prima delle sanzioni alla Russia: è stato prodotto da una combinazione tra Stati Uniti e Unione Europea a traino tedesco.

E dunque?
Dunque già lì, quindi già un paio di anni fa, abbiamo perso l’attimo per dire che per noi il South Stream esisteva in quanto c’era il North Stream e quindi andava posto il problema di un corridoio sud che facesse da bilancia con il corridoio nord. Ora l’Italia deve puntare i piedi e sfruttare tutti gli strumenti diplomatici in suo possesso perché l’Unione europea ristabilisca un equilibrio energetico con un corridoio sud.

Però, a proposito lotta all’austerità, va detto che sulla legge di stabilità il governo apre i cordoni. Non si può parlare di austerità. Soldi a pioggia alle forze di polizia con gli 80 euro, soldi forze armate, intelligenze, welfare capitolo sulle povertà, bonus ai 18 anni. Dove è l’errore?
Sono il punto numero due. Manca il punto numero uno, cioè gli investimenti se dici “basta austerità”. Sennò di cosa parliamo? Quello che voglio dire in generale, e a maggior ragione dopo il voto spagnolo, è: non sarà ora di porsi la domanda: che cosa deve fare la sinistra riformista per riprendersi il suo profilo?

Che cosa deve fare?
Guardi, io ce l’ho ben chiaro da tempo. Deve fare due cose, una verso l’alto una verso il basso. Quella verso l’alto gliela spiego con un esempio: la sanità. Una sinistra riformista non può esistere se su un tema come la sanità non riesce a dire che ha una proposta di governo perché non ci siano né poveri né ricchi. Oggi, coi nuovi costosi farmaci salvavita, la sinistra dovrebbe porre il problema dicendo: ci tassiamo noi Stati per un fondo presso l’organizzazione della sanità che remuneri i brevetti salva-vita e consenta di avere tutti, in Europa e in Africa, di avere farmaci. Dunque portare i temi su scala globale è il primo compito: vale per la sanità, per la finanza, per il clima.

Passiamo alla cosa verso il basso.
Deve costruire un riformismo radicale, non tanto nel senso dei costi della politica, che, per carità, va bene ma sul populismo si arriva sempre secondi. Deve costruire un riformismo sulla difesa radicale delle condizioni di vita della gente comune contro l’establishment e le elite.

Per esempio sulle banche.
Per esempio... Si poteva fare, o no, qualche bella norma sulla possibilità di vendere obbligazioni subordinate allo sportello come facemmo sulla flessibilità dei mutui? Sarebbe servita sulle banche una sinistra delle lenzuolate.

Bersani, mi sembra visibilmente contrariato, arrabbiato.
Ma abbia pazienza. La Banca d’Italia si occupa di stabilità, la Consob la trasparenza, ma la difesa del cittadino, che poi è la sostanza, chi la garantisce? Glielo dico io che cosa avrei fatto: una norma. Bisognava e bisogna mettere mano alle norme. Si ricorda quando feci la norma sulla trasferibilità dei mutui che bufera che arrivò perché mettevo il dito nel mercato e si smascheravano le truffe? Ecco. Poi, per amor di Dio, se si doveva fare una un braccio di ferro con l’Ue per l’uso del fondo interbancario si faceva.

Ho capito...
Mi faccia finire il ragionamento. Faccio questi esempi per dire che la sinistra deve alzar lo sguardo da un lato sulla dimensione del mondo se vuole salvare l’universalismo, dall’altro se vuole assorbile le inflessioni populiste e isolazioniste deve riprendere contatto con la vita comune dei cittadini mettendosi dalla loro parte anche contro meccanismi di establishment e di élite.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2015/12/21/spagna-bersani-renzi_n_8854528.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #98 inserito:: Gennaio 22, 2016, 08:46:07 pm »

Pier Luigi Bersani attacca Matteo Renzi su Verdini, Carrai e Banca Etruria: "Direzione Pd? Nel partito non si discute"

Redazione, L'Huffington Post
Pubblicato: 21/01/2016 16:58 CET Aggiornato: 1 minuto fa

Nel Pd non si discute sui temi in agenda, le riunioni della direzione sono puro "formalismo". L'accusa, forte, arriva dall'ex segretario del partito Pier Luigi Bersani: "Discussione? Non abbiamo fatto nessuna vera discussione, su questo (le unioni civili, ndr) e su altri temi. La direzione dove si parla cinque minuti è un formalismo...". Intervistato da L'Espresso, Bersani parla anche del caso Carrai, in via di nomina alla guida dell'agenzia sulla cybersecurity del Governo: la nomina di Marco Carrai a Responsabile del governo per la sicurezza online "sarebbe incredibile e se Renzi davvero l'avesse presa in considerazione farebbe bene a ripensarci". "Non riesco a credere che Renzi abbia pensato una cosa così. E se l`ha pensata ci ripensi".

Nell'intervista a Marco Damilano su l'Espresso, Bersani torna sulla vicenda di Banca Etruria e mette in guardia il presidente del Consiglio e il ministro Maria Elena Boschi: dalla vicenda emergono "troppe relazioni amicali" e Renzi e Boschi farebbero bene a mostrare maggiore "umiltà. Lasciamo fare alla magistratura che chiarirà quel che c'è da chiarire. Ma sul piano dei comportamenti emerge una sovrabbondanza di relazioni amicali, localistiche".

Insomma, "troppe cose in pochi chilometri quadrati. Lette con attenzione anche all'estero dagli investitori. Consiglierei a Renzi e alla Boschi di non usare toni troppo assertivi che possono apparire arroganti. Un po' di umiltà non guasta".

Riforme. Secondo l'ex segretario, Renzi commetterebbe un errore a trasformare il referendum in un plebiscito su di sé: "Il Pd sarà unito. A meno che si contraddica il punto di equilibrio che ci ha spinto tutti a votare la riforma, l`elettività dei senatori. Mi schiero con il senso comune: la gente pensa che sia un passo in avanti da appoggiare, ma non percepisce un appuntamento epocale. Se trasformi il voto in Armageddon rischi un ballottaggio anzitempo tra chi è pro o chi è contro Renzi, con qualche rischio. Non ne vedo l`utilità né per l`Italia né per il Pd. E neppure per Renzi".

Infine il caso Verdini. Se si dovesse arrivare ad un 'listone' Pd con dentro anche Denis Verdini, sarebbe un "bel problema": "Ho visto che poi si è corretto (rispetto all'ipotesi di "affiliarsi" al Pd, ndr), parla di affiancarsi al Pd ma ha ragione lui: se fai un listone con un altro partito il termine tecnico è affiliazione... E se dovesse esserci lui con noi avrei un bel problema. Non accetterei mai uno snaturamento del Pd così evidente e palese. Il Pd non può diventare l`indistinto dove tutto si ammucchia. Queste pensate tattiche e trasformistiche sono destinate a essere spazzate via".

Dello stesso avviso un altro esponente della minoranza dem, Roberto Speranza: "Ieri il voto di Verdini & company al Senato, decisivo ai fini del raggiungimento della maggioranza assoluta. Oggi la elezione di tre vice presidenti delle commissioni al Senato appartenenti al gruppo Ala. Forse è il caso che Renzi ci dica se esiste una nuova maggioranza politica che sostiene il governo e che comprende anche Verdini. Se è così si deve aprire un dibattito pubblico e in Parlamento", ha detto l'ex capogruppo alla Camera interpellato dall'Ansa.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/01/21/bersani-renzi-pd-etruria_n_9039944.html?1453391913&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #99 inserito:: Marzo 01, 2016, 06:22:25 pm »

Bersani: "No a congresso anticipato è una risposta arrogante"
"Non è vero che abbiamo bisogno di Verdini come non avevamo bisogno di Berlusconi. Renzi scelga se vuol fare quello che rottama o quello che resuscita"

01 marzo 2016

ROMA - "Una risposta arrogante, tranciante". Così Pierluigi Bersani ha commentato il 'no' ad un congresso anticipato arrivato dalla segreteria Pd all'indomani del voto in Senato sulle Unioni Civili. "Mi spiace che non si veda un po’ di gente che sta cercando di raffigurare un Pd ospitale per un'idea di sinistra - ha aggiunto Bersani - se non si apprezza questo sforzo vuol dire che non si sta capendo cosa sta succedendo". "Ci sono dei problemi - ha proseguito Bersani - che richiederebbero una discussione. Un congresso sarebbe più utile ma cercheremo comunque di far vivere una discussione nel partito, ci vediamo a Perugia per questo", facendo riferimento alla convention della minoranza Pd che si terrà l'11, 12 e 13 marzo.

Bersani ha poi affrontato il tema della maggioranza e dei voti del partito di Verdini: "Non è vero che abbiamo bisogno di Verdini come non era vero che avevamo bisogno di Berlusconi con il Patto del Nazareno. E' una scelta, Renzi scelga se vuol fare quello che rottama o quello che resuscita e su questo bisognerebbe fare una discussione anche congressuale". "Se uno che vota la fiducia non è in maggioranza - ha aggiunto - uno che non la vota non è all'opposizione...Siamo fra aggiuntivi e disgiuntivi. Eccoci finalmente approdati nella casa delle libertà. Devo riconoscere a Renzi una straordinaria qualità: è riuscito a cambiare le papille gustative di un bel pezzo dell'area democratica e dell'informazione. Il mondo di Verdini risulta improvvisamente commestibile. Io continuo a trovare questa cosa

"Se uno riesce a buttarmi fuori deve avere un gran fisico..." ha poi scherzato Bersani rispondendo ai cronisti che chiedevano conferme sull'eventualità che, con l'avvicinamento di Verdini al Pd, la minoranza possa uscire dal partito.

© Riproduzione riservata
01 marzo 2016

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/03/01/news/bersani_no_a_congresso_anticipato_rispostea_arrogante-134563751/?ref=HREC1-5
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« Risposta #100 inserito:: Marzo 12, 2016, 09:45:17 am »

Pier Luigi Bersani: "Noi per alternativa nel Pd e per centrosinistra"

L'Huffington Post  |  Di Redazione

Pubblicato: 11/03/2016 19:06 CET Aggiornato: 1 ora fa

"Roberto Speranza è uno che non ha bisogno di rottamare" Lo ha detto Pierluigi Bersani alla convention della sinistra Pd. "La mia generazione non ha bisogno di essere rottamata perché non ha nulla da chiedere. Salvo: chiedimi chi erano i Beatles", ha aggiunto.

Bersani ha continuato: "Dice che alla prossima direzione se non si dimostra lealtà, le nostre strade si dividono. Ma hai visto uno che vuole uscire dal Pd? Io sono per un'alternativa nel Pd e per il centrosinistra". "In una democrazia rappresentativa - ha aggiunto - i rappresentanti devono rappresentare, non devono ubbidire".

Bersani ha sottolineato di tenere "tutti e due i piedi nel Pd".
L'ex segretario parlando alla convention della minoranza ha commentato così l'ipotesi di una scissione del partito evocata da Massimo D'Alema in una intervista al Corriere della sera: "Mi metto pienamente nel solco di quello che ha detto Roberto (Speranza, ndr): tutti e due i piedi nel Pd".


Semmai, può essere qualcun altro a decidere di andarsene, ha aggiunto con una battuta riferita a Matteo Renzi: "In un retroscena è uscita una cosa che dice 'se alla prossima direzione non si dimostra lealtà le nostre strade si dividono...' Oh, hai visto mai che vuole uscir dal Pd? sarebbe una notizia, ragazzi!".

Sulla riforma del credito cooperativo, Bersani ha attaccato: "Prendiamoci qualche libertà in più. Se ad esempio osano insistere nel cancellare la indivisibilità delle riserve di una cooperativa, io anche se mettono dieci fiducie non le voto. È una cosa che non ha mai fatto neppure la destra. Te la fai votare da Verdini, che è un noto esperto di credito cooperativo".

Sul doppio incarico segretario-presidente del consiglio, Bersani ha spiegato: "Il fondatore della non obbligatorietà del doppio incarico è stato Renzi: fu lui a chiedermi di potersi candidare premier contro di me che ero il segretario. Avesse vinto, io sarei ancora segretario. Sento sollevare grandi strali sul doppio incarico, ma non lo ordina il dottore. È la prima volta che il Pd è al governo. Vuoi che non ci sia uno schiacciamento su questo? Non è affatto un tema da prima repubblica".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2016/03/11/pierluigi-bersani-sinistra-riformista_n_9440068.html?1457719592&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #101 inserito:: Marzo 13, 2016, 06:31:31 pm »

Pd, Bersani: "Renzi ricordi che noi l'abbiam fatto l'Ulivo. Non lo tocchi o mi sentirà"
Botta e risposta a distanza tra il premier e l'ex segretario dem all'assemblea di Sinistra riformista di San Martino in Campo: "Se lui è la vera sinistra, noi cosa siamo?". Tra i temi trattati anche la legge elettorale: "Penso tutto il peggio possibile dell'Italicum". D'Alema: "Ci sarà il tempo, un momento per replicare"

12 marzo 2016
   
PERUGIA - "Avete sentito uno qui che dice andiam fuori dal Pd? Ecco, avete la risposta". Così Pier Luigi Bersani risponde a una domanda sulle parole di Massimo D'Alema, a margine dei lavori dell'assemblea della minoranza dem a San Martino in Campo.

"Il disagio testimoniato" dall'intervista di D'Alema, "c'è. Ma noi abbiamo una certa idea di come rispondere", aggiunge. Certo è che così "il Pd non va" continua Bersani, "stiamo approfondendo alcuni temi che riguardano la vita comune cercando di darci una organizzata per il futuro". "Perché se si dà per perso il Pd non c'è più il centrosinistra, alla barca bisogna dare una raddrizzata", aggiunge l'ex segretario. D'Alema incalza: "Voglio esprimere il mio apprezzamento per il lavoro di elaborazione che si svolge qui: mai come in questo momento c'è bisogno di idee nuove per rilanciare la sinistra, senza ripercorrere ricette sperimentate da altri o anche da noi in altre epoche storiche". Ma, continua, "non intendo rispondere su altri aspetti: ci sarà tempo, ci saranno luoghi. Ho espresso le mie preoccupazioni" sul Partito democratico, "ci sono state delle risposte. Ci sarà il tempo, un momento per replicare".

Il botta e risposta Bersani-Renzi-D'Alema arriva a distanza. Il premier parla dalla scuola di formazione del Pd. "Quando erano al governo hanno iniziato a dividersi e mandare a casa chi doveva fare il cambiamento, quelli che oggi chiedono più rispetto per l'Ulivo e la sinistra sono quelli che hanno distrutto l'Ulivo e hanno consegnato l'Italia a Berlusconi, non accetto lezioni da nessuno", dice il presidente del Consiglio.
Pd, Renzi: ''Quelli che mi accusano sono quelli che hanno distrutto l'Ulivo''

A rispondere è Bersani. "Affermazioni del genere non meritano un commento. Renzi ricordi che noi l'abbiam fatto l'Ulivo. Noi l'Ulivo l'abbiamo fatto", e ancora "se lui è la vera sinistra, noi cosa siamo?". E continua, "Renzi sta andando veramente oltre il segno. Non tocchi l'Ulivo perché allora ci sentiamo davvero. Non tocchi l'Ulivo, questo lo deve sapere".

L'ex segretario poi passa a criticare la legge elettorale. "Penso tutto il peggio possibile dell'Italicum. Non è una novità". L'ex segretario ribadisce la sua posizione. Il tavolo sulle riforme di San Martino chiede che l'Italicum sia modificato. "Penso che sarebbe interesse di Renzi cambiarlo. Perché ho l'impressione che al M5s e alla destra la legge elettorale così com'è va bene. Avrebbero l'occasione di mettere insieme un listone al ballottaggio e tentare di prendere tutto", spiega. E aggiunge: "ma non sono sicuro che Renzi abbia ben presente il rischio, anche sul piano sistemico. Qui si sta parlando di un 25-27 per cento" di consensi "che può tenere in piedi da solo un governo. Una base di rappresentanza troppo esigua. Una situazione persino rischiosa".

Renzi replica: "Le primarie sono il migliore strumento per la scelta della classe dirigente e un presidio di garanzia democratica per tutti". "Vogliamo decidere regole nuove, sono pronte ma non si mettono in discussione", aggiunge Renzi. "Noi abbiamo i nostri limiti, certo, se ci sono dei casi, e ci sono stati, anche se alcuni sono stati presentati opposti alla realtà, va bene il ricorso, ma i ricorsi non diventino una scusa per chi ha perso e deve diventare quello che ha vinto", continua il presidente del Consiglio. "Gli ulteriori ricorsi saranno verificati, aspetteremo l'esito e se il risultato delle primarie sarà confermato, tutti insieme a Valeria Valente andremo a restituire una speranza di cambiamento ad una città che va rilanciata e non passa il tempo a discutere delle regole interne al Pd".
Renzi: "Chi discute il concetto di primarie offende la democrazia''

Infine, sulla possibilità che la sinistra dem possa non votare il referendum costituzionale se non arriveranno modifiche alla legge elettorale, Bersani risponde: "Io ho detto la mia sull'Italicum, il resto? Certo, il combinato disposto non dà un bel risultato ma il problema prima di tutto è la legge elettorale".

Su Renzi si dice "preoccupato". "Se dico cosa penso di Renzi vado su tutti i tg, ma se dico che sono preoccupato perché è in corso un processo silenzioso e strisciante di privatizzazione della sanità pubblica nessuno se ne occupa, così non va bene" continua e non tralascia di rispondere a previsioni sul futuro.

Un segretario del Pd per il futuro? "Zoro", risponde secco Bersani. "E' lui, è lui...", aggiunge sorridendo all'inviato di Gazebo, il programma ideato da Diego Bianchi, alias Zoro. A Bersani non piacerebbe affatto la chiusura o il ridimensionamento di Gazebo.  "Ne approfitto e lo dico da persona che non ha mai detto una parola sulle televisioni e sulle radio: se la Rai servizio pubblico si privasse o indebolisse una trasmissione come la vostra da spettatore mi girerebbero molto perché io credo che certe cose che avete fatto sono una delle cose più belle che ha fatto il servizio pubblico negli ultimi anni".

Anche Renzi nomina Zoro. Nel centrodestra "per anni Berlusconi sceglieva, alla fine, i candidati", invece "nell'ultimo periodo, con Salvini che gli ha messo dei paletti, pare che Berlusconi li abbia mandati a stendere e a Roma abbia detto 'il candidato lo metto io'". Quindi "hanno fatto le 'gazebarie' o qualcosa del genere, da non confondersi con un'importante trasmissione televisiva di Rai3 o a Zoro gli prende un coccolone".

Poi, a distanza, continua con i riferimenti a quando accade all'assemblea di Sinistra riformista : "In questi giorni tutta la discussione politica è al nostro interno, ma il mondo fuori da qui non è interessato alle nostre discussioni. Al mondo non importa nulla". Poi elenca una lunga serie di provvedimenti adottati, rivendicandoli come di sinistra e un invito a non farsi del male da soli: "Essere di sinistra non è fare le manifestazioni sull'articolo 18 ma aumentare i posti di lavoro. Essere di sinistra significa cercare di cambiare la realtà per quella che è e non la realtà parallela delle nostre discussioni interne".

Da - http://www.repubblica.it/politica/2016/03/12/news/bersani_italicum_pd_disagio-135333517/?ref=HREA-1
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« Risposta #102 inserito:: Maggio 30, 2016, 05:57:22 pm »

Bersani: “Mi batto per un Pd ulivista mentre c’è chi si diverte a dividere”
L’ex segretario: “Ho fatto campagna elettorale per le amministrative più di ogni altro. L’Italicum? Inaccettabile perché non dà sovranità ai cittadini”


Amarezza, preoccupazione, ma nessuna intenzione di arretrare di un millimetro sulle questioni «squisitamente politiche» che ha messo sul tavolo della discussione. L’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, dopo aver letto quanto ha detto il premier Matteo Renzi dal Giappone sull’Italicum – «non si cambia» -, dice che non si stupisce. «Sono stato sostituito in Commissione, insieme ad altri, perché avevo obiezioni sulla legge elettorale, quindi nulla di nuovo…». E alla fine di questa lunga intervista le distanze dalla maggioranza del Pd restano intatte.

Ammetterà che l’ultima critica che lei ha mosso – sulle 10-15 persone che contano che si stanno aggiustando le cose con il governo e in cambio fanno applausi attraverso i giornali – è pesante. Le sembra poco?
«È l’osservazione del paesaggio. Essendo sul campo da molti anni mi accorgo quando questo capitalismo italiano ha bisogno di riorganizzare le sue cose e di non essere disturbato. È un istinto a tenersi affiancati fra sistema politico e sistema economico con il risultato di non guardare spesso la realtà e dirsi reciprocamente che tutto va bene quando invece i problemi sono acuti. Nel tempo questo atteggiamento può diventare elemento di pericolo. C’è troppo conformismo nei confronti della situazione, non lo dico per polemica, ma come un avviso ai naviganti».

Bersani, c’è qualcosa che va bene? Il quadro che traccia è sempre fosco…
«L’Italia ha ancora dei problemi, di natura economica e sociale, relativi al tema del lavoro e dei redditi, della protezione sociale e a una dinamica dell’allargamento della forbice della diseguaglianza. Se la si vive come una polemica, vuol dire non si vuole prendere atto di un problema che c’è».

Che risponde al senatore Andrea Marcucci che, riferendosi alle sue dichiarazioni, parla di una insana tendenza all’autogol?
«Sono esterrefatto. Marcucci e compagnia dovrebbero ringraziarmi, cerco di tenere nel Pd anche chi percepisce il disagio. Se interpretano anche questo come autogol vuol dire che non vedono la realtà».

Non le sembra che le critiche più dure al Pd arrivino dal Pd più che dagli altri partiti?
«Ma è l’Unità che vede questo?»

È quello che raccontano gli altri giornali ogni giorno.
«Credo di aver fatto campagna elettorale per queste amministrative più di ogni altro, vado a chiedere i voti per il Pd, con i miei argomenti e mi sembra che i miei argomenti riescano a convincere buona parte di questo partito. Ogni volta ripeto che si deve restare nel Pd con una buona dialettica. Sono io quello che fa polemica? Quando c’è polemica nel Pd non sarà che c’è un gruppo dirigente che se la prende con un pezzo di Pd? Chi dirige deve tenere assieme, non deve non dividere. Io faccio lo sforzo di tenere assieme, di fronte a un gruppo dirigente che si diverte a dividere».

Renzi dal Giappone risponde: l’Italicum non si tocca. Quindi, che succede, visto che per lei è una condizione per votare Sì al referendum?
«Non mi meraviglio della risposta. Insieme ad altri sono stato sostituito in commissione perché avevo obiezioni sull’Italicum. So bene come la pensa Renzi, ma sono convinto che procedere così per quattro mesi significhi fare una riforma a prezzo di un solco difficilmente colmabile nell’area democratica. Se vogliamo dividere l’Italia tra l’Italia del “Sì”e l’Italia del “No”, rischiamo di prendere una strada che provocherà un mare di problemi e non aiuterà il Paese. Io ho suggerito un modo diverso con il quale il “Sì” può rivolgersi al “No”. Le norme che sono state votate, con tutti i difetti che hanno, sono comunque un passo avanti se accompagnate con l’elezione diretta dei senatori, ma sono in dissenso radicale con la conduzione politica di questa battaglia. Sommare i destini di un governo a quelli di una Costituzione crea un precedente non accettabile, fuori dal nostro sistema e con l’aria che tira in Europa può, in prospettiva, creare guai seri al Paese».

Le chiedo: c’è un modo per accorciare le distanze?
«Quello che sto dicendo lo dico per trovare una strada che unisca. L’Italicum è una legge inaccettabile per il fatto che non dà sovranità ai cittadini e si propone di garantire la governabilità sacrificando la rappresentanza in un momento in cui in Europa e in Italia c’è bisogno di essere flessibili. Dopo di che, se mi si viene a dire che è ora di smetterla perché abbiamo avuto 63 governi io rispondo: è colpa delle leggi elettorali? L’ultimo governo è caduto per le leggi elettorali?».

Cacciari dice che nel fronte del No ci sono quelli che hanno fallito per 40 anni…
«Il fallimento di 40 anni? Ma questa retorica di 40 anni buttati via da dove nasce? Noi, che siamo eredi del buono che c’è stato in questo Paese, adesso facciamo in coro la condanna di quello che questo Paese ha fatto? Come si può dire che 63 governi non hanno fatto nulla? Ci sono stati limiti, errori, ma questo è un Paese che ha fatto passi avanti, progressi. È tutto fallimento in attesa del Messia? Noi stessi, per esempio, abbiamo cambiato già la Costituzione col Titolo V facendo qualche errore. Un vero fallimento, ad esempio, è che non siamo riusciti a cambiare i regolamenti di Camera e Senato. In due anni, alla Camera, abbiamo fatto 70mila votazioni e al Bundestag 80. Cerchiamo di essere meno sbrigativi e di non fare “ante Christum natum, post Christum natum”. Per favore…».

La moratoria delle polemiche interne sembra una chimera…
«Io terrò testardamente la linea di un Pd ulivista con l’idea che il nostro Paese non può sopportare divisioni. Per me questa è una moratoria quotidiana. Se invece si continua con atteggiamenti muscolari e divisivi e non si accetta di discutere con le ragioni degli altri, continuando sulla strada dell’ambiguità, non si va da nessuna parte. Le faccio un esempio pratico: a Bologna, dove vinceremo le elezioni e le vinceremo bene, c’è in lista una giovane che si è fatta le ossa con l’antimafia: come sta assieme con la circostanza che abbiamo fatto un matrimonio con Verdini e quindi con D’Anna che insulta Saviano e Capacchione? Pongo questa domanda e aspetto risposte».

La scelta, quindi, sarebbe Bersani o Verdini?
«Qui non è questione di nomi, stiamo parlando del profilo di un partito. Quel che mi colpisce non è Verdini, è il fatto che ogni 48 ore il nostro segretario giustifichi l’alleanza con Verdini. Fa impressione. Forse ha intenzione di fare un’altra cosa?».

Lei sa quanti annunciano che sta pensando di andare via dal Pd. Questo voleva dire con quel “Io non ci sto”?
«Prima di me se ne vanno altri. Io parlo in nome del Pd per come lo concepisco io. “Non ci sto” vuol dire che non ci sto, non ho niente da chiedere, si aspettino però che non mollerò, continuerò la mia battaglia in nome di un Pd ulivista».

È stato un errore far partire la campagna referendaria adesso?
«Assolutamente sì, in piena campagna per le amministrative si creano più problemi che opportunità. Stiamo confondendo la nostra gente, tra i nostri elettori ci sono sensibilità diverse».

Sarà anticipato il congresso, è questo che rende ancora più aspra la polemica interna?
«Un congresso è necessario, se si vuole fare in autunno dovremmo già essere all’opera. Dovremmo cioè garantire che sia un congresso serio perché per come vedo messo il partito, non vorrei che si finisse su tutte le gazzette locali per questo o quell’episodio».

Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre la invitano a sfilarsi e lavorare a una nuova sinistra.
«L’Italia ha bisogno di un centrosinistra, il centrosinistra di un Pd che sappia organizzare un campo. Se non ci fosse speranza nel Pd non ci sarebbe speranza per il centrosinistra. A queste sollecitazioni rispondo “no”. Quelli che danno per perso il Pd danno per perso il centrosinistra, che invece resta la sola chiave politica per il futuro democratico del Paese».

Da - http://www.unita.tv/interviste/bersani-mi-batto-per-un-pd-ulivista-mentre-ce-chi-si-diverte-a-dividere/
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« Risposta #103 inserito:: Agosto 28, 2016, 11:31:08 am »

L’avviso di Bersani a Renzi: “Modifiche all’Italicum o vedrò come votare al referendum”
L’ex segretario del PD: «Il premier fa ammuina, ma ci sono oltre due mesi di tempo per intervenire sulla legge elettorale»
27/08/2016

La tragedia del terremoto ha silenziato lo scontro dentro la politica e il Pd sul referendum e sulle modifiche all’Italicum. Ma da domani, domenica 28 agosto, quando si alza il sipario sulla Festa nazionale dell’Unità a Catania o al massimo nei prossimi giorni, scommettono i più, il dibattito ricomincerà dal punto in cui è stato sospeso. Pier Luigi Bersani, pur con il tono che si addice a giornate di lutto, butta un sasso nello stagno: «Non vedo ancora una vera intenzione di modificare la legge elettorale. Ci sono due mesi e mezzo per rimediare al combinato disposto tra legge elettorale e riforma elettorale. Vedrò cosa si fa e poi dirò come voto», avverte l’ex segretario Pd tenendosi le mani libere.

Matteo Renzi non ha cambiato idea: di cambiare la legge elettorale, venendo incontro alla sinistra interna, per ora non se ne parla. L’obiettivo dei prossimi mesi resta la campagna referendaria per il sì al referendum di novembre e per questo saranno concentrate forze e energie del Pd proprio a partire dalle Feste dell’Unità. Il premier è pronto al confronto con l’Anpi sulle ragioni del sì e del no anche se tra impegni a Roma ed il G20 in Cina, i primi giorni di settembre sembrano occupati. Ma la richiesta di fare modifiche alla legge elettorale è destinata a cadere nel vuoto. Ed anche i ricorsi alla Consulta, che si riunirà il 4 dicembre, non sembrano spaventare il governo. 

Davanti al muro renziano, la minoranza dovrà scoprire le carte: Roberto Speranza, che ha presentato la proposta del Mattarellum 2.0, ha già chiarito che senza modifiche alla legge elettorale, che riequilibrino gli effetti della riforma istituzionale, voterà no al referendum. Una scelta che sembra destinata a non essere solo personale dentro la minoranza. «Sono per questi boschi da molto tempo e so quando si fa sul serio e quando si fa solo ammuina», è la metafora di Bersani per criticare l’immobilismo di Renzi sull’Italicum. Comunque, aggiunge, «ci sono due mesi e mezzo per rimediare al combinato disposto tra legge elettorale e riforma elettorale». Altrimenti, avverte, «davanti alla Costituzione ognuno è libero di decidere come crede».

Ma oltre alla minoranza, qualche crepa sull’Italicum si è aperta anche nella maggioranza del Pd. Dopo Dario Franceschini, anche Andrea Orlando dei Giovani Turchi, nelle scorse settimane, ha sostenuto che «sarebbe ragionevole una norma che eviti il doppio turno». Per garantire la governabilità, secondo il Guardasigilli, «un premio di maggioranza proporzionale al risultato potrebbe evitare le coalizioni forzate e al contempo garantire buone probabilità di governabilità». 
 
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Da - http://www.lastampa.it/2016/08/27/italia/politica/lavviso-di-bersani-a-renzi-modifiche-allitalicum-o-vedr-come-votare-al-referendum-jgHNjkBzrTibgG9JUlmOyN/pagina.html
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« Risposta #104 inserito:: Ottobre 10, 2016, 11:46:55 am »

Referendum, Bersani: “Da Renzi solo chiacchiere, voto No”.
Franceschini: “Così spacchi il Pd”


09/10/2016

«Sono addolorato dalla scelta di Bersani, la minoranza per mesi ha posto il tema della modifica dell’Italicum per votare sì, Renzi ha detto che in direzione le modifiche all’Italicum erano al centro della riunione con la disponibilità a modifiche e Bersani, senza aspettare la riunione di domani anticipa il no. Così si lacera partito, è una scelta motivata da altro: andare contro Renzi». Così Dario Franceschini, su Sky Tg24 a L’Intervista di Maria Latella, commenta le dichiarazione di Pier Luigi Bersani.

 Bersani: «Modifiche all’Italicum? Solo chiacchiere» 
L’ex segretario e ministro dello Sviluppo economico ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, nella quale annuncia il no ai referendum nonostante le modifiche alla legge elettorale promesse dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Dal canto suo, Bersani si è tolto ben più di qualche sassolino dalla scarpa. Dalle pagine del Corriere definisce «chiacchiere» quelle di Renzi sulle modifiche all’Italicum e accusa: «In un anno e mezzo non ho mai avuto occasione di discutere di riforme nel partito. E dire che un po’ ci capisco». «Noi abbiamo cercato di salvare il salvabile - ha detto ancora Bersani - ma a volte trattenersi è molto difficile. E anche adesso dico quel che dico perché un pezzo del nostro popolo non vada via».

Speranza: «tempo scaduto sull’Italicum, voto No» 
Dalle pagine di Repubblica, invece, arriva l’affondo di Roberto Speranza, tra gli esponenti di spicco della sinistra Dem: «Legge elettorale e riforma costituzionale rappresentano un’unica grande riforma dell’architettura istituzionale. Una sola Camera farà le leggi e darà fiducia. E’ ovvio che il modo in cui si elegge quella Camera è decisivo. Da mesi dico che questo meccanismo non va perché cambia la forma di governo. L’unica strada per scongiurarlo è votare No». E ancora: «Da mesi chiediamo una modifica della legge elettorale. Purtroppo non si è fatto nulla. La direzione è l’ultima possibilità. Però non per annunci generici».

Nasce il comitato dei Democratici per il No 
Intanto a Roma, nella storica sede del Pd di Testaccio, sono nati i Democratici per il No al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. Alla prima riunione hanno partecipato un gruppo di iscritti, militanti ed elettori del Pd e del centrosinistra. Tra i promotori il consigliere regionale del Pd del Lazio Riccardo Agostini e l’ex responsabile comunicazione del Pd, nonchè ex portavoce di Pier Luigi Bersani Stefano Di Traglia. «Sono sempre di più gli elettori del Pd e del centrosinistra che - affermano Agostini e Di Traglia - stanno manifestando l’intenzione di votare No al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. Pensiamo sia giusto rappresentare e sostenere le loro argomentazioni, con l’obiettivo di promuovere, nelle settimane che ci separano dal voto, occasioni di confronto coinvolgendo singoli cittadini, associazioni, organizzazioni che hanno già mostrato o che mostreranno l’intenzione di sostenere la campagna a favore del No». «Crediamo che il cambiamento fine a se stesso - affermano i promotori - non sia sempre positivo. L’Italia ha necessità di riforme, ma di riforme vere, giuste e utili per i cittadini. È in atto da anni un restringimento della base democratica il cui unico effetto sui cittadini è la diminuzione del diritto di votare i propri rappresentanti. Per tutto ciò e per molto altro - concludono i due esponenti democratici - è necessario fermare la giostra e invertire la direzione. Noi diciamo si al cambiamento, ma non così». 

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