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Autore Discussione: Caracciolo: io e «Ciarra» amici da vent’anni. Lui fascista? Da bambino  (Letto 2468 volte)
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« inserito:: Marzo 30, 2008, 04:23:17 pm »

Verso il voto Personaggi

Caracciolo: io e «Ciarra» amici da vent’anni

Lui fascista? Da bambino

«Ci piace mangiare la pajata. E’ diretto, forse troppo»



ROMA—Ufficio di Carlo Caracciolo, viale Cristoforo Colombo. Un luminoso doppio Schifano ravviva la raffinata stanza. La candidatura di Ciarrapico è uno dei piatti forti della campagna elettorale. Parliamo di un suo amico.

Primo incontro?
«Non lo ricordo. Forse vent’anni fa. Nulla di memorabile».

Primo impatto?
«Persona subito simpatica. Forse un po’ troppo diretta, anche nelle sue manifestazioni verbali».

Lei è un principe Caracciolo. Ciarrapico è Ciarrapico. Mai avvertita una differenza, diciamo, «sociale »?
«Per niente».

Ma lei, Caracciolo, è stato un partigiano. Ciarrapico non ha mai rinnegato le sue simpatie fasciste. Che amicizia è?
«Normale. Dalla guerra è passato tanto tempo. Nel ’44 Ciarrapico aveva 10 anni. Forse sarebbe stato un insopportabile bambino. Fascista, magari, ma bambino. E poi se ho chiuso i conti con Ajmone Finestra, sindaco di Latina...».

E cosa c’entra Ajmone Finestra?
«Quando comprai la tenuta a Cisterna di Latina scoprii che il sindaco era l’uomo della Repubblica Sociale che nel 1945 mi aveva condannato a morte. Mi disse a Fondotoce, dopo l’arresto sul Lago d’Orta da parte della X Mas: "Ora pulisci i cessi, domattina ti fuciliamo". E io: "Se mi fucilate, io i cessi non vado a pulirli. Possiamo quindi trattare sull’eventuale non fucilazione". Non pulii i cessi e fui portato a Baveno, mi tennero quindici giorni e a Novara mi scambiarono con altri prigionieri. Eravamo ormai nel marzo 1945».

E con l’Ajmone Finestra sindaco di Latina come finì?
«Con un invito a cena a casa. Il tempo passa. Succede così».

In quanto a cene, quali passioni condivide con Ciarrapico?
«Io amo un piatto romano, la pajata. Anche lui. Circa il vino, c’è il Brunello di Montalcino da quando mia nipote Marella lo produce con suo marito Sandro Chia».

Avete ristoranti di riferimento?
«Non particolari. E’ più frequente che lui venga a colazione da me».

Carboni le regala prosciutti e formaggi. E Ciarrapico?
«Due anni fa mi ha regalato una mini-auto elettrica per muovermi sul mio giardino, a Cisterna. Comodissima ».

«Ciarra» sarebbe piaciuto a suo cognato Gianni Agnelli?
«Avrebbe apprezzato il suo modo diretto. Molto franco».

Di cosa parlate quando vi vedete?
«Di salute. Di giornali. (ride) Anche di donne. Quando mi devo curare mi rivolgo alla sua clinica, la Quisisana a Roma».

Avete amici in comune?
«Non molti. Forse Gianni Letta. Venne con noi quando Ciarrapico mi fece conoscere l’Abate di Montecassino. Bella visita. Faticosa. Ottimo pranzo genuino. Molto semplice».

A proposito, lei ha studiato dai gesuiti.«Il Massimo», poi il nobile collegio di Mondragone. Si sente cattolico, credente?
«Non sono cattolico praticante. Né mi ritengo un credente».

Condivide la decisione di Ciarrapico di candidarsi sotto i simboli berlusconiani? Lei non ama Berlusconi...
«Non ho condiviso naturalmente la scelta. Ma non gli ho chiesto niente. Capisco che voglia diventare senatore. Aspirazione che il Pd non avrebbe mai potuto realizzare... Berlusconi? Durante l’affare Mondadori disse tante bugie. Pagò i giudici per poter chiudere la vicenda, ma poi tutto è andato in prescrizione. Berlusconi resta quello di sempre. La mia opinione non cambia. Solo in Italia avviene che un uomo così si candidi a guidare il governo».

Ciarrapico mediò tra voi e Berlusconi. Cosa ricorda?
«Lo incontrai con un pretesto, segnalargli Vissani come chef per la sua Casina Valadier. In realtà volevo chiedergli di spiegare ad Andreotti che la vittoria di Berlusconi su Mondadori si trasformava in una vittoria di Craxi. Si fece di colpo attentissimo. Sentito Andreotti ci convincemmo tutti che Ciarrapico era l’unico mediatore possibile. La situazione era in stallo. Mondadori era in mano a Berlusconi ma le azioni dell’Espresso (che controllava anche Repubblica, i giornali locali e la Manzoni) mie e di Scalfari, erano state sequestrate dal tribunale...».

La mediazione si chiuse come tutti sanno. "Espresso" e "Repubblica" a lei e De Benedetti, "Mondadori" e Panorama a Berlusconi. Ciarrapico parteggiò per qualcuno, secondo lei?
«No...Mi resta un dispiacere».

Quale, Caracciolo?
«Aver perso la casa editrice Einaudi ».

Non le piace l’attuale linea editoriale?
«Sì. Ma i prodotti, con noi, sarebbero certo stati migliori. E poi c’era la mia vecchia amicizia con Giulio Einaudi ».

Per chi voterà?
«Per il Pd»

Tentazioni bertinottiane?
«No. Sarebbe un voto buttato. E niente tentazioni radicali».

Luci ed ombre di Walter Veltroni.
«Mi è piaciuta la decisione di presentarsi da solo. Addio al coacervo di infinite alleanze che ha immobilizzato Prodi. La scelta ha giovato a Veltroni e ha chiarito il quadro politico. Ha costretto Berlusconi a fare lo stesso e a privarsi dell’aiuto di Casini. Ombre? Una campagna elettorale un po’ debole. Fin qui priva di idee forti. Emi irrita l’insistenza di certi Teocon. Anche se capisco la necessità di Veltroni di dover tenere un’arco che va dai radicali a quel mondo. È il suo mestiere».

La sua idea di un ipotetico governo Veltroni?
«Un senso generale laico. Necessariamente stemperato, per me negativamente, da certe frange della ex Margherita. Frange...».

Quindi le piacerà il modello Zapatero.
«Mi ha molto rallegrato la sua vittoria nonostante la ingerenza della Chiesa. Dovrebbe essere un insegnamento per tutta la sinistra italiana: mai accettare supinamente indicazioni dal mondo ecclesiastico».

Visto che siamo in Europa. Cosa pensa di Sarkozy?
«Non amo questo suo irrefrenabile desiderio di concludere tutto insieme: cambiare le leggi fiscali, la scuola, sostituire una moglie con un’altra immediatamente...».

Davvero non invidia nulla a Sarkozy?
«Ovviamente Carla Bruni. Ma non avrei più l’età».

Per citare il libro Laterza scritto con Nello Ajello, lei si sente un "editore fortunato". Guardandosi indietro ora, rivivrebbe la stessa vita che ha vissuto?
«Ma sì. Rifarei l’editore, non conosco altri mestieri. Non mi sarebbe piaciuto lavorare alle dipendenze di qualcuno. Infatti cominciai come avvocato. Ma poi, i casi della vita...».

Berlusconi, sembra, vincerà le elezioni. Medita l’esilio?
«Figuriamoci (ride). Il mio posto è qui. E poi mai dare nulla per scontato. Fino all’ultimo momento».

Paolo Conti
30 marzo 2008

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