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Autore Discussione: Marzio Tristano. La fabbrica di voti di Raffaele Lombardo  (Letto 2919 volte)
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« inserito:: Marzo 02, 2008, 11:07:20 pm »

Non cannoli, ma solide realtà.

La fabbrica di voti di Raffaele Lombardo

Marzio Tristano


L'erede non bacia, stringe gelidamente la mano. Non dà del «tu», offre e pretende rigorosamente il «lei». Non festeggerebbe mai una sentenza, né di condanna né di assoluzione con un vassoio di cannoli e mai indosserebbe una coppola, neanche per scherzo. Il potere, per lui, è una cosa estremamente seria, da coltivare anche alle 4 del mattino, nelle riunioni periodicamente convocate con i suoi fedelissimi. Sparito dal palcoscenico siciliano il volto roseo e bonaccione del suo amico Totò Cuffaro, condannato a 5 anni per favoreggiamento a singoli mafiosi, il nuovo messia siciliano del centrodestra ha il viso arcigno e mai sorridente di Raffaele Lombardo, 59 anni, psichiatra forense, erede unico con la benedizione di Berlusconi di un sistema che in Sicilia è una gigantesca fabbrica di voti.

Tramontato il cuffarismo, immobilità democristiana tra baci e cannoli senza un'idea di sviluppo, si apre ora la stagione del «lombardismo», in nome della rivendicazione dell'autonomia siciliana ai confini con il separatismo, ed in perfetta continuità con il passato: i due provengono dallo stesso vivaio, quello dell'ex ministro Lillo Mannino, democristiano doc con la passione del potere impigliato, come i suoi due pupilli, nelle maglie della giustizia. E come Mannino anche Raffaele Lombardo ha conosciuto il carcere per ben due volte, dalle quali, però, è uscito con il bollo di una assoluzione. Accade in piena Tangentopoli, nel '92, quando dalla sua segreteria politica uscirono in anticipo i temi per un concorso di medici alla Usl 35. Le indicazioni per gli «amici» erano molto precise: i candidati avrebbero dovuto scrivere una parola di due lettere, cancellata, all'inizio del secondo e dell'ottavo rigo. La guardia di finanza trovò gli elaborati «taroccati», Lombardo fu condannato a un anno e mezzo in primo grado e poi assolto in appello.

Due anni dopo, però, tornò in carcere, insieme ad altri big della politica siciliana, Salvo Andò e Rino Nicolosi, dopo che il presidente dell'Inter Pellegrini rivelò di avere versato ad un comitato di politici cinque miliardi di lire per aggiudicarsi l'appalto della mensa dell'ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Lombardo venne accusato di corruzione, ma il reato venne derubricato in finanziamento illecito ai partiti e dichiarato prescritto.

Siamo nel 1999 e don Raffaele, già assessore regionale agli enti locali, decide di ripartire dall'Europa, facendosi eleggere nelle file dell'Ccd, da dove ricomincia il suo paziente lavoro capillare nel territorio catanese, divenuto oggi il quartier generale del suo impero politico: don Raffaele controlla 5 deputati e 3 senatori, 18 parlamentari regionali, 80 sindaci, 97 assessori comunali e 288 consiglieri, 21 assessori provinciali e 39 consiglieri. Ha il controllo totale e dettagliato di ogni ospedale della Sicilia orientale, decide nomine di amministratori, primari, infermieri e barellieri, ha fatto assumere oltre 2000 precari nelle aziende e nei consorzi pubblici: delle acque, del vino, dei rifiuti, dei forestali. Ha «incoronato» numerosi burocrati regionali, commissari dei consorzi di bonifica, vertici dell'Ato rifiuti, amministratori della Fondazione Banco di Sicilia, delle aziende partecipate del Comune di Catania, degli istituti autonomi delle case popolari, delle cooperative e della Protezione civile.

Nel 2000 è vicesindaco di Catania ed eletto presidente della provincia nel 2003, carica che ricopre ancora; nel 2004 viene riconfermato europarlamentare, nelle file dell'Udc, dopo le dimissioni di Cuffaro.

Ma la sua gestione è duramente attaccata dall'interno e nel 2005 è costretto ad andare via trascinandosi dietro un elettorato nelle sue punte più illuminate affamato di nuove prospettive e diffidente nei confronti dei partiti tradizionali. Nasce così il sogno autonomista, con la benedizione di Umberto Bossi: «Questo Raffaele Lombardo mi sembra una brava persona, oggi è stato un buon colloquio. Queste sono cose che si mettono in piedi oggi e che renderanno nel tempo», dirà il leader padano dopo averlo incontrato.

Nell'aprile 2005 nascono quattro liste, tra cui il Movimento per l'Autonomia che, raccogliendo complessivamente il 20% circa di voti, si rivelano decisive per rieleggere Umberto Scapagnini (Forza Italia) sindaco di Catania. Ma le politiche sono alle porte, l'esito si annuncia imprevedibile e la collocazione del Movimento resta ancora incerta: don Raffaele incontra Fassino e in Sicilia lascia che i suoi corteggino il centrosinistra: «Come può un assessore del governo regionale fare un comizio con i deputati del centrosinistra?» si chiedeva Filippo Drago, uno dei dissidenti dell'Udc catanese.

Il resto è storia recente: in Sicilia la stella di Cuffaro tramonta sotto i colpi dei giudici, don Raffaele lo consola e lo consiglia: «Dimettiti, e prenditi un poco di riposo». Adesso, ci pensa lui.


Pubblicato il: 02.03.08
Modificato il: 02.03.08 alle ore 10.38   
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