Tetyana Bezruchenko
Quello che ho apprezzato davvero in quella trasmissione è stato il “coming out” di Carlo Calenda: ha volutamente ammesso il suo errore nel collaborare con la Federazione Russa, nonostante l’annessione della Crimea e l’invasione del Donbas. Questo è per me il punto principale di quel “dibattito”. Ammettere i propri errori è il primo passo nel rimediare il problema.
Il problema vero è l’invasione “su larga scala” della propaganda del Cremlino della televisione italiana, che usa i talk show per diffondere al 100% le narrazioni pro-Mosca. Dal 2014 —e/o almeno dal 2022 — basterebbe un solo fact-checker per ogni programma: ogni volta che certi “giornalisti” o “esperti” aprissero bocca, sentiremmo un “beep”. E Calenda non avrebbe dovuto chiamare un bugiardo “bugiardo”, sarebbe stato già chiaro molto prima chi sono tutti questi “ospiti”.
Vorrei proporvi un altro fatto che in Italia è passato quasi inosservato: provate a cercarlo su Euronews.
Un ex eurodeputato britannico, Nathan Gill, è stato arrestato per aver ricevuto denaro in cambio di discorsi pro-Mosca e di sostegno alle narrazioni del Cremlino al Parlamento Europeo. Indovinate da dove spuntava deputato? Era del partito della pro-Brexit. Ha ammesso che è stato pagato per portare quella narrativa. Però questo è solo la punta del iceberg, perché solo nel 2025 è stato condannato per i discorsi del 2018-2019. Quante vite sono finite in mezzo di orrore per quei discorsi pagati?
Italia dovrebbe cominciare a liberare il campo mediatico e aprire le indagini serie per capire quanto lo spazio mediatico è manipolato.
Lo ripeto: la propaganda del Cremlino non è un problema per gli ucraini — è un problema gravissimo per l’Italia.
#testiecontesti
Tetyana Bezruchenko
Leggete questo testo che riassume la situazione
https://www.facebook.com/share/p/17UA84JvsG/?mibextid=wwXIfrAlex Orsi
Sartori Andrea
pdtorSnseo9l322 95f:oe1cef01c5ttt07but0hor o53l 357mt1c32ra tle ·
Un mio contatto ha avuto una levata di scudi a sfavore perché ha scritto che i Nativi Americani Cherokee praticavano la schiavitù. È oramai un fiorire trasversale (non solo a sinistra, ma anche tra i cosiddetti "fascio-tradizionalisti") di anti-occidentalismo per cui solo noi siamo cattivi, mentre africani, arabi, turchi, cinesi, civiltà precolombiane sarebbero state pacifiche.
Ogni civiltà umana ha praticato lo schiavismo e l'imperialismo, e il genocidio non è prerogative della giacche blu, dei nazisti (o di Israele...)… Altro...
Fabrizio Illuminati
Un commentatore al post di Andrea Sartori scriveva che i nostri sensi di colpa originano dalla constatazione che l'Occidente è la fonte primaria di guerre e destabilizzazioni nel mondo. È necessario invece ribadire con forza che l'Occidente, e bisogna … Altro...
Fabio Sabatini
oesSrtondpu60tmfu50hfmmg8l5am89l1lu493g2liim5 1tguh9fml7231t ·
Fateci caso: in Italia, qualsiasi personaggio con un minimo di visibilità disposto a sostenere pubblicamente l’assurdo ha una buona probabilità di diventare una celebrità nazionale. Sostenere tesi palesemente false garantisce posti fissi nei talk show e il supporto di eserciti di bot — a condizione che quelle assurdità coincidano con i talking points del Cremlino e dell’internazionale dell’estrema destra (ormai l’unica “internazionale” rimasta in vita).
Chi diffonde la paura dei vaccini, chi nega l’efficacia delle terapie fondate sul metodo sperimentale — una delle battaglie più subdole e distruttive del mondo MAGA — chi rilancia teorie complottiste su immigrazione, energie rinnovabili, euro, stampa di moneta, “nazismo” dell’Ucraina o “mamme di Mariupol”: tutti trovano spazio.
Si ha l’impressione che, se domani la Russia riscoprisse la pietra filosofale, vedremmo sfilare schiere di “esperti” pronti a spiegare che si può trasformare la cacca in oro (ma l'Europa ce lo impedisce).
Vale in particolare per alcuni professori universitari. Gli accademici sono preziosi per la disinformazione: insinuano il dubbio che la comunità scientifica sia “divisa”, alimentano il confirmation bias dei creduloni e legittimano le bufale con la propria carica universitaria. Aiutano a presentare le menzogne come interpretazioni alternative, sullo stesso piano dei fatti accertati.
Questi accademici sono molto rari — forse uno ogni diecimila — ma bastano a inquinare il dibattito: una voce stonata, amplificata dalla propaganda, può coprire il lavoro silenzioso di 9.999 persone serie.
Perché un personaggio decaduto sul piano della reputazione accademica come Jeffrey Sachs è diventato una celebrità in Italia? Perché ripete parola per parola una propaganda che nel nostro dibattito pubblico si è talmente sedimentata da non essere più riconosciuta come “aliena”.
Non credo, però, che tutti i ciarlatani che propagano assurdità in televisione o sui social siano “utili idioti” della Russia, per dirla con un'espressione spesso attribuita a Lenin.
Mosca non ha la forza di controllare tutto questo. Piuttosto, si è determinata una pericolosa convergenza di interessi: tra gli obiettivi della guerra ibrida russa, le debolezze del sistema mediatico italiano, le ambizioni personali di studiosi di dubbia integrità (e generalmente marginalizzati dalla comunità scientifica), i bias cognitivi e le pulsioni antieuropee dell’estrema destra e di una parte della sinistra — con la prima ormai divenuta sempre più mainstream.
A questo si aggiunge un pubblico stanco, provato da anni di difficoltà economiche e abituato da due decenni di televisione commerciale a cercare adrenalina e intrattenimento anziché informazione e approfondimento.
In Italia abbiamo assistito al collasso dell’etica professionale del giornalismo televisivo, all’eclissi del fact-checking e alla progressiva erosione delle competenze.
Non solo mancano i giornalisti capaci di analizzare problemi complessi, ma anche quelli in grado di riconoscere chi le competenze le possiede davvero. Chi sa leggere un CV accademico o distinguere una correlazione da un nesso causale è ormai un’eccezione.
E sempre meno giornalisti sanno distinguere una fonte affidabile da un canale di disinformazione russo. Può sembrare normale in un mondo dove perfino la Casa Bianca promuove nelle istituzioni noti agenti della disinformazione straniera, ma resta un segnale drammatico.
Come ha scritto Nona Mikhelidze (Istituto Affari Internazionali), in Italia la disinformazione è diventata una forma di intrattenimento. I talk show, plasmati più dall’infotainment che dal giornalismo, sono sistematicamente trasformati in teatri di manipolazione. Con il pretesto dell’“equilibrio”, si mettono sullo stesso piano verità e falsità: le bugie — come quelle sulla pericolosità dei vaccini o sull’Ucraina dominata dai nazisti — vengono presentate come “opinioni” che hanno lo stesso valore di fatti accertati, nel contesto di un collasso deontologico che ha reso l’accertamento dei fatti sempre più minoritario e inessenziale ai fini del modello di business dei mezzi di informazione. Uno scenario estremamente funzionale alla propaganda manipolatrice dei regimi autoritari.
Figure legate al Cremlino vengono invitate senza trasparenza persino in trasmissioni finanziate dal servizio pubblico; quando la disinformazione va in onda, nessuno la corregge. Così, canali controllati da Mosca — come RT o Sputnik — o blog di pura propaganda finiscno per essere citati come fonti affidabili.
Lo scambio Calenda–Sachs non ha solo smascherato un singolo individuo: ha messo a nudo, per una sera, la crisi strutturale di un intero ecosistema mediatico. Sachs è il simbolo di un paradosso: una biografia accademica usata come scudo per diffondere, con apparente autorevolezza, messaggi di disinformazione sistematica.
Il risultato è devastante: la normalizzazione della narrazione del Cremlino, l’erosione della fiducia nelle istituzioni e la diffusione del cinismo come abitudine mentale.
La standing ovation internazionale per Calenda, in questo senso, segnala il desiderio di cambiamento di una minoranza che non ne può più di bugie così grossolane da diventare un insulto all’intelligenza comune. È una nicchia, certo. Ma ogni reazione civile comincia come un’anomalia — ed è per questo che la macchina della disinformazione cerca di screditare chi reagisce.
In effetti, non se ne può più.
--------------------------------
PS: Questo thread è tratto dal mio blog (il link è nei commenti), dove si legge meglio — e dove ci si può iscrivere alla newsletter per ricevere nuovi approfondimenti su economia e politica.
Autore
Fabio Sabatini
Ecco il link:
https://substack.com/@fabiosabatini/note/c-170281193...
Fabio Sabatini (@fabiosabatini)
SUBSTACK.COM
Fabio Sabatini (@fabiosabatini)
7 h
Rispondi
Massimiliano Bondanini
Per par condicio a ogni verità sarà contrapposta una invereconda bugia
1 h
Rispondi
Daniela Nardi
Fabio Sabatini, Grazie professore. Non ho seguito il confronto con Calenda ma, per puro caso, un altro intervento di Sachs a Piazza pulita. Presentato come il massimo esperto di economia, dopo averlo ascoltato per un po', certi ragionamenti non mi tornavano, frasi e giudizi dal sentore propagandistico (era il tono che era "stonato"). Ora, speravo che qualcuno potesse fugare il dubbio sul mio senso critico e ho sperato che fosse lei. Quindi, grazie. Aggiungo che era sconcertante vedere che i giornalisti ospiti del confronto e definiti "specialisti", si erano azzittiti di fronte alle analisi di Sachs e annuivano imbarazzati.
6 h
Rispondi
Luigi Spagnolo
Il dibattito pubblico, in Italia e non solo, si riduce ai talk show televisivi, e al nuovo talk show 24/7 a cui tutti possiamo partecipare: i social.
Lo scambio tra Calenda e Sachs a dire il vero non mi pare abbia cambiato granché, visto che le tifoserie continuano a pensarla allo stesso modo, pro e contro. E il fatto che Sachs sia un personaggio quantomeno discutibile e filoputiniano non rende Calenda chissà quale gigante del pensiero e paladino dell'Occidente. Sono tutti pupazzetti di un teatrino che continua imperterrito.
6 h
Rispondi
Modificato
Luca Gaballo
Sono d’accordo su tutto tranne la premessa. Conosco un sacco di imbecilli cui nessuno da retta e che nei e poi mai riuscirebbero a infilarsi in un talk shaw.
2 h
Rispondi
Michele Tizzoni
Tutto vero, ma non sono del tutto d'accordo sul fatto che questi accademici di cui parli siano così rari. Il panorama universitario italiano è pieno di queste figure. E molti di loro non sono affatto marginalizzati, anzi.
4 min
Rispondi
Giulio Lo Iacono
Bellissimo post
2 h
Rispondi
Modificato
Paolo Sinigaglia
Sì, adoriamo i freak…