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Autore Discussione: Trump al Congresso: siamo solo all’inizio “L’America è tornata” . . .  (Letto 119 volte)
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« inserito:: Marzo 07, 2025, 12:43:02 am »

5 Mar 2025
Trump al Congresso: siamo solo all’inizio
“L’America è tornata”: nel primo discorso-show al Congresso, Trump rivendica l’operato del primo mese di governo, attacca sui dazi e sfuma i toni su Zelensky.
Daily Focus Relazioni Transatlantiche

“Siamo solo all’inizio”: è una verità che suona come una minaccia quella pronunciata da Donald Trump nel suo primo discorso alle camere riunite del Congresso dall’insediamento alla Casa Bianca. Il presidente ha passato in rassegna tutti “successi” della sua squadra di governo che, ha detto “ha realizzato più cose in 43 giorni di quanto la maggior parte delle amministrazioni realizzi in quattro o otto anni”. Una lunga autocelebrazione – la stampa americana ha sottolineato che con i suoi cento minuti rappresenta il discorso più lungo nella storia presidenziale moderna –  in cui Trump ha annunciato che “l’America è tornata”: uno slogan utilizzato a suo tempo da Joe Biden e che oggi, pronunciato dal tycoon, assume un tono provocatorio e beffardo. Poi, passando in rassegna i drastici tagli ai dipendenti e alle agenzie federali, la cancellazione dei progetti sulla diversità, ha elogiato Elon Musk e il suo DOGE per aver “ripreso il potere da questa burocrazia irresponsabile”. Fatta eccezione per le politiche di contrasto all’immigrazione irregolare, a cui ha dedicato ampia parte del suo intervento ma senza mai scendere in dettaglio, il tycoon non ha fatto riferimento alle prossime iniziative legislative né tracciato la rotta che l’esecutivo intende percorrere nei prossimi quattro anni. In quello che molti osservatori hanno definito più “un comizio” o “uno show” alla Trump, anziché un discorso programmatico, si è scagliato più volte contro il suo predecessore, attribuendogli la responsabilità di una serie di problemi, tra cui l’aumento del costo delle uova – in realtà determinato dall’influenza aviaria e allo smantellamento del sistema vaccinale in campo veterinario – la criminalità e la diffusione della droga, definendolo “il peggior presidente della storia americana”. Il presidente ha anche annunciato nuovi “dazi reciproci” su una vasta gamma di paesi che esportano negli USA, nell’ennesimo capitolo di quella che ormai sembra una guerra commerciale in piena regola.

Proteggere “l’anima” del paese?
Nel corso dell’intervento – interrotto a più riprese dalle proteste dei democratici – Trump ha rilanciato piani per espulsioni di massa di migranti, definiti una “liberazione dell’America” da criminali e stupratori. E sul fronte sociale ha rivendicato le iniziative di contrasto ai diritti transgender, e la messa al bando di programmi di diversità, equità e inclusione (cosiddetti programmi DEI). “Il buonsenso è diventato un tema comune, e non torneremo mai indietro” ha detto Trump, aggiungendo “il nostro paese non sarà più woke… il wokeismo è un problema. È un male. E ora è sparito”. Il tycoon ha quindi difeso la sua decisione di imporre tariffe del 25% su Canada e Messico e un’ulteriore imposta del 10% sulla Cina, definendoli un’arma per salvaguardare “l’anima degli americani” e volti a raddrizzare presunti torti subiti per mano di alleati e rivali. Parole che non sembrano rassicurare i mercati e le borse, crollate nei giorni scorsi mentre cresce il nervosismo, tra le aziende e i consumatori, circa gli effetti che le misure protezionistiche rischiano di avere sulle catene di approvvigionamento e i prezzi. “Ci saranno dei piccoli disordini, ma per noi va bene” ha detto, annunciando che il 2 aprile saranno imposti “dazi reciproci” su merci provenienti da un’ampia gamma di paesi: “Tasseremo chi ci tassa. Se ci tengono fuori dai loro mercati, terremo loro fuori dai nostri”.

Il mondo visto da Trump?
In un’aula divisa, tra i democratici che accompagnavano le sue parole con cori di ‘buuuuuh’ e cartelli di protesta e gli applausi fragorosi dei repubblicani, Trump ha ribadito le mire imperiali del suo ‘America First’: dal desiderio di “riprenderci il Canale di Panama” a quello di annettere  la Groenlandia “in un modo o nell’altro”. Sebbene i sondaggi suggeriscano che i groenlandesi abbiano poco interesse ad unirsi agli Stati Uniti, infatti, il presidente ha insistito sul fatto che il controllo sul territorio danese è fondamentale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. “Vi terremo al sicuro, vi renderemo ricchi e, insieme, porteremo la Groenlandia a vette che non avreste mai pensato possibili prima”. Era stato lo stesso tycoon ad alimentare le aspettative per il discorso, annunciando sui social che avrebbe detto “qualcosa di grosso”. Il pensiero di molti si era concentrato sull’Ucraina, dopo il disastroso incontro alla Casa Bianca di venerdì scorso con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Sul tema, però, Trump ha mostrato toni più moderati di quelli dei giorni scorsi, dichiarando di aver ricevuto una lettera in cui il leader ucraino si dice “pronto per la pace” e a lavorare “sotto la leadership” di Trump. Non è mancata neanche una frecciatina agli alleati europei che “purtroppo – ha detto, senza fornire prove – hanno speso di gran lunga più soldi per acquistare petrolio e gas russi che per difendere l’Ucraina”.

Un’America amareggiata e rancorosa?
I democratici, da parte loro, hanno preso parte allo ‘show’ politico di Trump al Congresso brandendo cartelli con la scritta ‘falso’ e ‘bugia’ mentre molte deputate indossavano il rosa per protestare contro l’impatto delle politiche del presidente sulle donne. Pochi minuti dopo l’inizio del discorso, il deputato democratico Al Green ha interrotto il presidente, gridando che non aveva “alcun mandato per tagliare il Medicaid”, il programma di assicurazione sanitaria su cui fanno affidamento milioni di americani a basso reddito. Il rappresentante texano è stato espulso mentre diversi colleghi di partito lasciavano l’aula in cui il presidente parlava. Trump, a sua volta, li ha criticati in un discorso estremamente fazioso, che ha sottolineato le profonde fratture che dividono gli Stati Uniti. “Queste persone sedute qui non applaudiranno, non staranno in piedi e certamente non esulteranno per questi risultati astronomici”, ha detto Trump. Più che una ‘luminosa città sulla collina’, l’America incarnata ieri da Trump appariva come una potenza amareggiata e rancorosa. Il cui leader, un 78enne con precedenti penali, si è anche permesso di sbeffeggiare alcuni tra i paesi più poveri al mondo. Liberia, Mali, Mozambico e Uganda “beneficiano tutti, ingiustamente dei nostri aiuti” ha detto, riservando la stoccata più acuta al Lesotho. Un paese “di cui nessuno ha mai sentito parlare” e in cui gli americani “hanno sprecato” 8 milioni di dollari per promuovere i diritti Lgbt.

Il commento

Di Mario del Pero, ISPI e Sciences Po

“Un comizio elettorale più che un discorso presidenziale davanti alle Camere congiunte, come sempre con Donald Trump. In un contesto rumoroso e sovraccarico, che ha perso da tempo la sobrietà e la necessaria gravitas istituzionale e con il Presidente che insulta e irride gli avversari politici. Fatta la tara ai toni apocalittici e autocelebrativi, tre aspetti politici del discorso vanno sottolineati. Il primo è il pieno appoggio all’azione di Musk e del suo DOGE. Il secondo è la mano tesa a Zelensky, che sotto le pressioni statunitensi ed europee ha evidentemente capitolato ed è pronto a firmare l’accordo dai contenuti neocoloniali sulla gestione delle potenziali risorse minerarie ucraine. Il terzo è la riaffermazione della volontà di annettere la Groenlandia (“in un modo o nell’altro”) e di riacquisire il controllo del Canale di Panama, costruito – ha affermato (incorrettamente) il Presidente – “dagli americani e per gli americani, non per altri”.


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