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Autore Discussione: DApolitica@rcs.it - Massimo Rebotti - Emanuele Buzzi - (loro note, da leggere).  (Letto 454 volte)
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« inserito:: Febbraio 18, 2025, 10:51:29 pm »

18 febbraio 2025
 
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I tumultuosi sviluppi internazionali impattano direttamente sulla politica italiana. Gli attacchi di Mosca al capo dello Stato Sergio Mattarella hanno causato, oltre a un’ondata di solidarietà, due significativi distinguo: il silenzio del leader leghista Matteo Salvini e la presa di distanza del Movimento 5 Stelle dalle parole usate dal presidente della Repubblica nel suo discorso di Marsiglia, quelle argomentazioni che hanno determinato l’offensiva polemica russa verso l’Italia. E se la posizione di Salvini è un cruccio per la premier Giorgia Meloni, quella del Movimento (compreso un ritorno di fiamma “filo cinese” di Giuseppe Conte) lo sono per il Pd. Non a caso, la proposta lanciata dal capo M5S di una manifestazione contro il governo ha raccolto un sì condizionato da parte del Pd: va bene, facciamola – hanno risposto dal Nazareno – ma su temi sociali e “interni”. Quelli internazionali, in questa fase, scottano. Vale per le opposizioni e, a maggior ragione, vale per la maggioranza. La premier durante il vertice di Parigi ha affrontato la prima prova di equilibrismo tra Trump e l’Unione e altre ne arriveranno. Ed è proprio su questo punto che l’opposizione la attacca: “Al tavolo convocato dal presidente francese Macron la più trumpiana era lei”. Meloni, forte di un rapporto con Washington che al momento altri non hanno, tiene la linea: dialogo con la Casa Bianca, nonostante la virata del presidente Usa sul conflitto russo-ucraino che mette ai margini l’Europa, mentre la premier italiana in questi anni è sempre stata in prima fila nel sostegno a Kiev.  La “vicinanza” a Trump resta anche un terreno di competizione tra i due alleati di centrodestra. Per la convention dei repubblicani Usa in programma nel fine settimana sono in partenza due delegazioni: una dei Conservatori (con europarlamentari di FdI) e una dei Patrioti (con europarlamentari leghisti). Ma la sfida, in questo caso allargata anche a Forza Italia, è in pieno svolgimento anche in Italia. L’ultimo argomento di contesa è una legge sul fine vita, con la Lega che si sta spostando su posizioni possibiliste mentre Fratelli d’Italia ribadisce il no. Oltre al Veneto, lo scontro è arrivato in Lombardia. (di Massimo Rebotti)
 
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Le nuove regole che agitano il M5S  
di Emanuele Buzzi

Nuove regole pubblicate, nuove regole in attesa e i malpancisti in aumento (e potrebbero sfidare Giuseppe Conte).  Il termometro interno ai Cinque Stelle è ancora tutto concentrato sugli effetti della Costituente. Sul sito del Movimento, nonostante la discussione al consiglio nazionale sul alcuni temi non sia mai entrata nel vivo, è stato pubblicato lo statuto in vigore dal 9 dicembre, ossia dal giorno dopo la votazione che ha stabilito l’abolizione del ruolo del garante. Di Beppe Grillo e di quello che è stata la sua funzione non c’è più traccia. L’articolo 12 del vecchio statuto è stato cancellato e sostituito con ciò che veniva subito dopo. Non c’è traccia nemmeno del nuovo organo collegiale, che  in teoria avrebbe dovuto assumere il ruolo di «custode dei valori» che era stato di Grillo. Alla Costituente,  22.523 attivisti avevano chiesto appunto la creazione di una nuova struttura, 20.869 di affidare al comitato di garanzia le funzioni del garante e 10.872 di non affidarle a nessun altro organo.
Ma ad agitare il Movimento – o meglio, gli eletti e gli ex big che hanno già svolto due legislature in Parlamento – non è il nuovo statuto, bensì le regole per superare il tetto dei due mandati. «Ormai sono trascorsi più di due mesi dalla seconda votazione, Conte sta prendendo tempo per potere scegliere lui», dicono alcuni malpancisti. L’idea è che il presidente sia orientato – come sostenevano  i rumors – a concedere un pacchetto di deroghe per i meritevoli. «Così, deciderà lui vita e morte dei parlamentari», ripete chi inizia a essere insofferente per il ritardo nella scelta delle regole. Il malessere si sta allargando. Nei gruppi parlamentari sia alcuni esponenti al primo mandato (che vedono diminuire drasticamente le chance di rielezione con deroghe per Camera e Senato) sia alcuni esponenti (anche big) alla seconda legislatura iniziano a scalpitare. Il timore è che Conte definisca le norme più in là, a primavera inoltrata e – soprattutto – a ridosso con la sua rielezione. Già, perché ad agosto (spiegano i Cinque Stelle) scade il primo mandato del presidente, eletto esattamente quattro anni fa, nel 2021.  «Accentrare le deroghe e ottenere la rielezione significa tenere in scacco il partito fino al 2029», si lamenta uno stellato. Ecco allora che timidamente c’è chi caldeggia l’idea di trovare uno sfidante da contrapporre a Conte e su cui far convergere i voti dei malpancisti. Una sfida interna, che al momento sembra ardua, ma che lascia intuire quanto – nonostante le apparenze – le acque all’interno dei Cinque Stelle siano agitate.  «Lo abbiamo sostenuto fino ad ora, il presidente è ora che ci ascolti», dice uno stellato.  E lo spettro del terzo mandato rimane una spada di Damocle che ora sembra toccare tutti, nessuno escluso, nel Movimento.

 
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