LA-U dell'OLIVO
Novembre 26, 2024, 06:04:14 pm *
Benvenuto! Accedi o registrati.

Accesso con nome utente, password e durata della sessione
Notizie:
 
   Home   Guida Ricerca Agenda Accedi Registrati  
Pagine: [1]
  Stampa  
Autore Discussione: Dal Wall Street Journal: le conversazioni segrete fra Elon Musk e Vladimir Putin  (Letto 188 volte)
Admin
Administrator
Hero Member
*****
Collegato Collegato

Messaggi: 30.949



Mostra profilo WWW
« inserito:: Ottobre 28, 2024, 11:55:54 am »

Esclusiva Wall Street Journal: le conversazioni segrete fra Elon Musk e Vladimir Putin

di Giusy Iorlano

 
Secondo il quotidiano Usa il miliardario proprietario di Tesla e il presidente russo sono stati «regolarmente in contatto» dalla fine del 2022. Il Cremlino smentisce
Il miliardario Elon Musk, proprietario di Tesla, SpaceX e X, si è mantenuto «costantemente in contatto» con il presidente russo Vladimir Putin dalla fine del 2022. È quanto afferma il quotidiano statunitense Wall Street Journal, che cita «diversi funzionari ed ex funzionari statunitensi, europei e russi», secondo cui le conversazioni tra l’imprenditore e il presidente russo hanno riguardato «questioni personali, affari e le tensioni geopolitiche».
Inoltre, in un’occasione - affermano le fonti menzionate dal quotidiano - Putin avrebbe addirittura chiesto al miliardario di non attivare il servizio Internet satellitare Starlink a Taiwan, «per fare un favore» al leader cinese Xi Jinping.
Una notizia, questa, che se confermata, a dieci giorni dalle elezioni americane, sarebbe inquietante sotto diversi punti di vista. Intanto il miliardario ha una serie di contratti in corso con il Pentagono e le agenzie di intelligence Usa, alcuni dei quali su operazioni classificate. In secondo luogo, attraverso la piattaforma X, ha un potere di influenza straordinario nella società americana; e, ultimo ma non meno importante, Musk è diventato uno dei più grandi sostenitori del candidato repubblicano alla Casa Bianca.
•   Leggi anche: Musk offre un milione di dollari a chi sostiene Trump
•   Leggi anche: Donald Trump ha avuto una bella idea: scatenare Elon Musk contro il governo
Il Cremlino smentisce contatti
In passato il magnate ha negato di simpatizzare per Mosca, sostenendo di aver parlato con Putin solo una volta, nell’aprile 2021, di argomenti legati allo spazio. Circostanza, quest’ultima, confermata dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che invece ha definito la notizia del Wsj «totalmente falsa», citando solo una telefonata tra i due «prima del 2022» per parlare di «tecnologie visionarie e soluzioni per il futuro». All’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia si è schierato al fianco di Volodymyr Zelensky e ha donato i terminali Starlink che hanno aiutato notevolmente le truppe ucraine.
Ma il suo punto di vista si è progressivamente spostato su posizioni filorusse nel corso della guerra, come quando a settembre del 2022 ha negato agli ucraini l’uso dei suoi terminali per guidare i droni nell’attacco ad una base navale russa in Crimea. Musk ha poi spiegato di aver imposto le restrizioni perché Starlink è destinato ad usi civili e temeva che qualsiasi attacco alla Crimea avrebbe potuto innescare una guerra nucleare. Nell’ottobre dello stesso anno ha preso la bizzarra iniziativa di lanciare su X il voto su un piano di pace per l’Ucraina, che rifletteva alcuni punti della proposta russa, inclusa l’occupazione della Crimea e la neutralità di Kiev fuori dalla Nato. Fu proprio allora, rivela una delle fonti, che tra il miliardario e il leader del Cremlino cominciarono i contatti, che sono andati avanti fino ad oggi. (riproduzione riservata)

(Translated from the original version by Milano Finanza Editorial Staff)


More news from The Wall Street Journal
Orario di pubblicazione: 25/10/2024 18:26
Ultimo aggiornamento: 25/10/2024 19:22
________________________________________

________________________________________
Condividi       
 
L’Europa costruisce un mondo in cui un carro armato costerà meno di un’auto. Esce «Al verde», il nuovo libro di Roberto Sommella
di Roberto Sommella
Nel suo nuovo libro «Al verde. Manifesto dei tempi moderni» (Rubbettino), in libreria dal 29 ottobre, il direttore di MF-Milano Finanza, Roberto Sommella, racconta di un nuovo mondo in costruzione in cui le auto saranno un bene di lusso, dove sarà più remunerativo fabbricarearmi che veicoli e dove la AI si sta espandendo a dismisura senza vincoli sulle emissioni. Una tendenza autolesionistica che rischia di aprire le porte alla destra più estrema e antieuropea
Pubblichiamo un estratto di «Al verde. Manifesto dei tempi moderni», il nuovo libro di Roberto Sommella in uscita il 29 ottobre per Rubbettino

L’umanità è schiacciata tra due titani: la forza digitale e la forza della guerra. Dopo anni in cui sembrava che la forza della ragione potesse prevalere sulle difficoltà, una volta sconfitto il virus globale, si è ritornati al Novecento. Ma con molte differenze dal Novecento.
In primo luogo, gran parte della nostra vita è stata messa in comune con sistemi nuovi che ne influenzano lo scorrere e la stessa capacità di discernimento. Tecnicamente si chiamano Big Tech, in sostanza si tratta di galassie di origine terrestre le quali sono nate come monopoli che restringevano l’operare di altri soggetti e sono col tempo diventati Leviatani che sovrintendono all’economia, alla politica, alla società. In una parola, queste realtà sono diventate più importanti della democrazia.
Alla ricerca di una via per recuperare la sovranità ceduta a Big Tech
Per recuperare una parte di questa enorme cessione di sovranità, che ha come metro di paragone quanto avvenuto in Europa con l’avvento dell’euro e della Banca centrale europea, i sistemi democratici occidentali hanno usato l’arma della legge, imponendo norme restrittive e stabilendo sanzioni.
La loro azione è stata però solo economica, mai storica, mai sociologica. Questi sistemi hanno agito nel buio della ragione. Senza vedere i rischi e gli spettri che hanno davanti, perché il loro metro di giudizio è unicamente quello legislativo.
Questo sistema di analisi non basta. In alcuni casi, come negli Stati Uniti, i principali azionisti di queste piattaforme sono stati chiamati a rispondere del loro operato davanti al Congresso. La paura della democrazia americana è di essere sostituita da una macchina e da un algoritmo che possano stabilire chi votare, chi candidare, cosa decidere.
I colossi tech di fronte alla vecchia Europa
In Europa è avvenuto qualcosa di analogo con misure antitrust, la legge che regola la concorrenza, che hanno tracciato dei limiti ai colossi digitali, costruendo però una rete che ha molti buchi. Questi buchi sono di origine tecnologica sicuramente, perché l’innovazione nel terzo millennio risulta molto più veloce di qualsiasi sistema che voglia regolarla; di origine fiscale, perché questi soggetti vogliono e pagano le tasse solamente dove risiedono i loro capi. Ma hanno anche un’origine più profonda, sociale e immateriale.
La risposta delle big tech alla generale messa in stato d’accusa da parte delle democrazie europee e statunitensi è stata di due generi. In primo luogo, esse hanno costruito un universo parallelo, il Metaverso dell’Intelligenza Artificiale, dove non vigono né tetti né leggi; in secondo luogo, stanno spingendo a fondo sulla sperimentazione e commercializzazione dei sistemi di AI, che da sola mansione compilativa sta diventando un nuovo fattore della produzione, senza però che vengano riconosciute la sua parte distruttiva nella mancata creazione di nuovi posti di lavoro e la minaccia turbativa che può recare ai mercati finanziari e al piccolo risparmio.
In questa situazione di forte contrapposizione tra dominio delle macchine e realtà dell’uomo, tra Homo Digital e Homo Faber, in Europa si sta sviluppando, come in gran parte del pianeta, una coscienza ecologica molto forte, che parte dal basso, soprattutto dai giovani, e ha come obiettivo quello di salvare il pianeta dall’inquinamento e dalla sua autodistruzione.
Le capacità cognitive crescenti e la forza dei sistemi normativi illudono chi le usa di poter dare risposte così grandi in un piccolo tempo, che è racchiuso nella vita di un parlamento o di un governo. La scelta di andare avanti sull’analisi e sulla progettazione di un mondo diverso da quello di oggi, afflitto dal male del secolo che sono le crescenti disuguaglianze e l’alienazione dei giovani, pone i sistemi democratici di fronte ad una grandissima sfida: quella di sopravvivere alle macchine in un mondo più giusto e più pulito.
Il new green deal in senso della transizione ecologica
Nello scorrere i criteri e gli obiettivi del piano europeo per le nuove generazioni, il New Green Deal, attuale trasposizione ecologica del New Deal americano dei primi del Novecento, emerge il tentativo di costruire una nuova società: più verde, più giusta, più inclusiva. Costruendo auto, case e fabbriche che inquinino di meno, liberando nell’aria meno anidride carbonica possibile.
Un’auto elettrica venti stipendi di un operaio
Questa idea di società, che qualcuno potrebbe definire utopistica, ha come limite quello di ipotizzare un nuovo modello di sviluppo, dove un’auto elettrica costerà venti stipendi di un operaio alla catena di montaggio e non più cinque, semplicemente fissando su carta delle regole, degli obiettivi, che, pur condivisibili, dimenticano di fare i conti con il fattore umano.
Un fattore umano e un lavoro umano che non hanno gli stessi diritti e gli stessi costi nel mondo. Lo stesso fattore umano si cerca di preservare dalla forza dell’Intelligenza Artificiale, ultima emanazione della innovazione digitale, che non ha ancora compiutamente dispiegato i suoi possibili effetti sul benessere diffuso, a parte i certi benefici che alcuni settori, come quelli bancari, assicurativi e sanitari, possono avere dal calcolo computazionale delle percentuali di rischio.
Poco si sa del futuro delle fabbriche, delle industrie, degli operai. Il mondo di una volta. Si sta provando dunque a combattere la tecnologia dominante e l’inquinamento con una serie di provvedimenti legislativi e non con l’utilizzo della stessa Intelligenza Artificiale al servizio della persona e non sostitutiva del capitale umano.
In questa situazione di aspro confronto tra sistemi democratici e sistemi digitali o autocratici, tra merito e demerito, tra popolo ed élite, è tornata a bussare alla porta della nostra storia la guerra.
Gli effetti economici della guerra
La guerra è il mezzo attraverso il quale spesso gli uomini hanno fatto prevalere le loro ragioni e la loro forza sugli altri. L’Homo Faber è nato proprio dall’invenzione dell’arma, può trasformare un drone da cinepresa a dinamite, da oggetto di pace a mezzo di morte. E perciò è tentato di rispondere con la guerra al dominio dell’Homo Legislativus.
Le persone che si trovano a vivere il tempo presente hanno due soli modi per far parte del loro futuro: ribellarsi oppure rispondere con il loro voto alla chiamata delle democrazie in pericolo perché esse cercano di tenere tutto insieme: i destini dell’Homo Legislativus, i bisogni dell’Homo Faber, gli obiettivi dell’Homo Oeconomicus e la visione dell’Homo Digital. Pensando che possano tutti convivere e dominare il progresso con le sole capacità umane, con il solo sapere.
Il confronto con chi pensa che si debba però delegare gran parte della propria vita ad un’unica persona è già iniziato da tempo e ha esiti incerti. Negli Stati Uniti si confrontano coloro che credono che l’America venga prima di tutto e prima di tutti sappia amministrare sé stessa e i grandi monopoli digitali.
In Europa si trovano invece di fronte coloro che sono convinti che proprio a causa delle guerre ci siano solo risposte nazionali a problemi globali e quelli che vogliono ideare un nuovo modello di sviluppo con la forza della ragione ma soprattutto con l’emanazione delle leggi comuni.
La risposta alle richieste sempre più pressanti di una società più giusta e inclusiva sarà quella delle macchine o c’è ancora un piccolo spazio per l’uomo e tutto ciò che ha costruito in questi millenni della sua storia? (riproduzione riservata)
Orario di pubblicazione: 25/10/2024 18:13
Ultimo aggiornamento: 25/10/2024 18:13
 
Jbl Tour Pro 3, auricolari al top per qualità audio e versatilità
di Davide Fumagalli
Dotati di un sistema di cancellazione elettronica del rumore al vertice del settore anche per le telefonate e di doppi driver per qualità audio da audiofili, gli auricolari Bluetooth Tour Pro 3 di Jbl dispongono di una custodia intelligente con display che permette di gestire tutte le opzioni e si trasforma in un trasmettitore audio wireless

Con gli auricolari Tour Pro 3, Jbl si pone al vertice del settore non solo per l’eccellente qualità audio e le chiamate cristalline e prive di rumori di sottofondo, ma anche per una custodia dotata di display che permette di sfruttare al meglio le molte funzioni disponibili. L’architettura acustica studiata da Jbl vede infatti un doppio driver per ogni auricolare, con un tweeter avvolto da un’armatura schermata acusticamente per produrre le alte frequenze in modo cristallino e senza interferenze abbinato a un midwoofer con membrana dinamica da 10,2 millimetri di diametro dedicato alle frequenze basse e medie, comprese quelle tipiche della voce umana.
Equalizzazione personalizzata e isolamento acustico a prova di metropolitana
Nel corso della prova, l’architettura acustica ha mostrato di essere decisamente efficace, con un suono potente e bilanciato su tutte le gamme di frequenza, rendendo così i Tour Pro 3 adatti all’ascolto di ogni genere musicale, dal rock al jazz sino alle opere. La notevole potenza consente inoltre di tenere il volume intorno al 30% anche ascoltando la musica in ambienti molto rumorosi grazie anche all’ottimo isolamento acustico meccanico e al sistema di cancellazione elettronica del rumore. Certificati Hi-Res Audio wireless, i Tour Pro 3 sono certificati anche per le conversazioni sulla piattaforma Zoom e compatibili con il codec Ldac per smartphone Android, che garantisce l’alta fedeltà anche con trasmissioni Bluetooth grazie a uno streaming a 24-bit. Jbl ha inoltre curato molto l’ergonomia a livello progettuale, con un design avvolgente che si adatta perfettamente al padiglione auricolare anche grazie agli adattatori in silicone di ben 5 misure, dall’extra small all’extra large, e in alternativa adattatori in schiuma, abbinati alla comoda funzione sull’app Jbl Headphone per smartphone che permette di trovare facilmente e in modo oggettivo la misura dell’adattatore perfetta a ogni orecchio, e spesso diversa tra le due orecchie. L’app consente anche di personalizzare l’equalizzazione del suono andando a misurare la percezione delle singole bande di frequenza per ogni orecchio, e creando quindi un profilo personalizzato di equalizzazione che enfatizza in modo naturale le frequenze adeguate, oltre a consentire di limitare il volume eccessivo, oltre gli 85 db, a tutela della salute dell’udito anche nel lungo periodo.
Telefonate senza rumori anche in mezzo alla folla

Grazie ai tre microfoni integrati in ogni auricolare, di cui uno rivolto verso il padiglione auricolare, i Tour Pro 3 si sono dimostrati al vertice del settore per la gestione delle telefonate, eliminando non solo i rumori circostanti a beneficio di chi li indossa, ma anche garantendo una qualità ottimale agli interlocutori, pressoché priva di ogni rumore ambientale e con un volume soddisfacente. Un risultato di eccellenza merito anche del sistema di cancellazione elettronica del rumore con tecnologia True Adaptive Noise Cancelling 2.0 di Jbl, capace di calibrare istantaneamente l’intervento degli algoritmo software a seconda dell’ambiente in cui ci trova, campionato migliaia di volte al secondo per valutare tipo e volume dei rumori. L’app consente inoltre di di personalizzare il livello di cancellazione del rumore in modo manuale o automatico, tenendo conto non solo del volume dei disturbi nell’ambiente in cui ci si trova, ma anche del livello percepito all’interno di ogni singolo padiglione auricolare. Sempre nelle impostazioni è possibile anche attivare la funzione di audio spaziale, che simula tramite algoritmi una sensazione immersiva tenendo conto anche dei movimenti della testa, rilevati tramite appositi sensori integrati.
Custodia intelligente con display per controllare ogni funzione

Altro punto di forza dei Tor Pro 3 è la custodia di ricarica intelligente, che oltre a provvedere a rigenerare la batteria interna degli auricolari, capace di garantire un’autonomia reale superiore alle 10 ore con sistema di cancellazione elettronica del rumore attivato, è dotata di un utile display touch a colori da 1,57 pollici che consente di gestire tutte le principali funzioni degli auricolari, oltre a fornire indicazioni sulla riproduzione o la chiamata in corso con i relativi comandi per gestire il passaggio tra i brani o il volume. Possibile anche variare l’equalizzazione, o gestire la cancellazione elettronica del rumore e persino la foto dello sfondo del display, direttamente dalla custodia, che si trasforma inoltre in un trasmettitore Bluetooth da collegare con un cavetto audio standard da 3,5 millimetri compreso nella confezione a televisori, sistemi audio degli aeroplani o lettori multimediali privi di una scheda Bluetooth (riproduzione riservata)
Orario di pubblicazione: 25/10/2024 18:00
Ultimo aggiornamento: 25/10/2024 18:00
 
Manovra, Ali: enti locali affossati con stangata da 4 miliardi
di Giusy Iorlano

Il presidente nazionale della Lega delle Autonomie Locali Italiane (Ali) Roberto Gualtieri: è una scelta profondamente sbagliata, saranno i cittadini a pagarne i costi
La legge di bilancio «affossa gli enti locali». È il giudizio della Lega delle Autonomie Locali Italiane (Ali) che elenca i tagli: «4 miliardi di euro nel triennio, con 570 milioni per il 2025, di cui 140 milioni saranno a carico di comuni province e città metropolitane, che aumenteranno a 290 milioni dal 2026 al 2028 e a 490 milioni nel 2029».
Per i soli comuni sono 1 miliardo e trecento milioni di tagli, «che si sommano a già quelli pesantissimi dello scorso anno, e che non possono essere considerati compensati dai 100 milioni per l’accoglienza minori e dal contributo parziale per la compensazione verticale della perequazione, che andranno a beneficio solo di una parte dei comuni e non compenseranno comunque i costi della perequazione – sottolinea Ali - Considerando poi anche il taglio alle spese per investimenti, il costo complessivo per il 2025 raggiunge 1,6 miliardi. In tutto questo non è ancora chiaro quale saranno gli effetti del taglio ai ministeri, costi che potranno ricadere nuovamente sugli enti locali».
•   Leggi anche: Manovra, battaglia sui tetti agli stipendi dei dirigenti pubblici
A tutto questo , fa notare l’associazione guidata da Roberto Gualtieri, «si aggiunge il blocco sul turnover al 75% delle assunzioni che si trasformerà in un pesante indebolimento delle pubbliche amministrazioni sul fronte dell’efficienza e dell’innovazione. L’impianto della manovra certifica la volontà di cristallizzare gli squilibri distributivi tra amministrazioni già presenti a livello geografico. Ne faranno le spese i territori più in difficoltà e i cittadini più deboli».
«Il governo - continua Gualtieri - colpisce con una stangata da più di 4 miliardi centinaia di amministrazioni tra regioni, comuni e città metropolitane, scaricando i costi sui cittadini. É una scelta profondamente sbagliata che rischia di mettere in ginocchio gli enti locali e di colpire i servizi e la qualità della vita di tutti gli italiani. Non staremo certo a guardare e faremo sentire la nostra voce». ( riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 25/10/2024 17:38
Ultimo aggiornamento: 25/10/2024 18:12
Registrato

Admin
Pagine: [1]
  Stampa  
 
Vai a:  

Powered by MySQL Powered by PHP Powered by SMF 1.1.21 | SMF © 2015, Simple Machines XHTML 1.0 valido! CSS valido!