Concita DE GREGORIO
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26/04/2009 13:25
Difetto di serietà
Concita De Gregorio
Proviamo a dire le cose in modo semplice. La pacificazione nazionale è una cosa seria e auspicabile. Quasi nessuno ha più la forza, il tempo, l'energia e la costanza di rendimento necessarie a vivere in una perpetua battaglia fra buoni e cattivi, indiani e cow boy. Siamo stanchi di affrontare discussioni intrise di pregiudizi e mai di giudizi, mai nel merito delle questioni, mai al cuore delle cose. Sarebbe bello che arrivasse il giorno in cui ci si misura adesso, su quello che siamo capaci di fare e di cui c'è bisogno: sulla base delle forze reali in campo, delle energie e dei talenti. In altri paesi a noi vicini per scrivere una legge sul rispetto della memoria tra vincitori e vinti ci sono volute due generazioni: possono farlo i nipoti, meno facilmente i figli di chi c'era, mai chi c'era. Non è difficile capire perché. Servono onestà d'intenti, chiarezza di vedute, serietà. È soprattutto per questo, per la serietà, che risulta molto poco credibile un appello alla pacificazione (all'equiparazione tra chi ha fatto la Resistenza e chi ha combattuto fino all'ultimo a fianco dei nazisti) proposta da un leader politico che non si caratterizza per doti di saggezza austera, di sobrietà sapiente.
Silvio Berlusconi è solito far ridere - o piangere, dipende - per i suoi motti di spirito il mondo intero. È famoso per la capacità di ridurre a fatto personale qualsiasi vicenda o relazione politica, si tratti di Gheddafi di Rasmussen o di Putin. È celebre per la passione per i sondaggi e per una certa mobilità di comportamento a seconda delle private convenienze. Gli italiani lo hanno votato dunque si comporta come ritiene utile in quel momento. Altrettanto legittimamente (in base all'esperienza) noi siamo autorizzati a diffidare. Quando propone di chiamare la Festa della Liberazione, da domani, Festa della Libertà ci viene in mente che il suo partito si chiama «delle Libertà», diventerebbe anche questa la sua festa. Ci ricordiamo di quando fondò Forza Italia facendo il verso al tifo per la Nazionale appropriandosi del colore azzurro.
Berlusconi è solito far suo quello che è di tutti. Ha una certa sapienza nell'utilizzare quel che si trovi a portata di mano per un personale incremento di polarità, 25 Aprile compreso. Del resto non aveva mai festeggiato questa data, l'ultima volta irridendola con «ho da lavorare»: lo ha fatto ieri sulle rovine di Onna per la prima volta, fazzoletto tricolore al collo. Quanti punti nel gradimento? Apicella ha pronto l'inno? In generale, nel tempo e nelle grame condizioni in cui viviamo, crediamo che sia meglio non lasciarsi illudere e preservare, al posto dell'equidistanza, la giusta distanza. Conviene, sul crinale della democrazia, praticare la prudenza. Del resto c'è molto da fare. In Abruzzo, per dire, si cercano ancora i dispersi. Le notizie ufficiali non ne parlano ma mancano ancora all'appello 50 persone. Lo avete sentito dire da qualcuno? Da leggere l'intervista di Giovanni Maria Bellu al sindaco di Gela Rosario Crocetta, un resistente dei giorni nostri minacciato di morte per la sua lotta al racket mafioso.
Questo governo voleva cambiare nome all'aeroporto Falcone-Borsellino perché «porta jella e avvilisce i turisti».
Lo dico per promemoria, a proposito delle reali intenzioni e del marketing politico.
da unita.it
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10/05/2009 06:03
Senza rancore
Dire no all'Italia multietnica è come opporsi alle maree. Come dire mi oppongo al passare del tempo. Gli anni cambiano i connotati degli uomini e delle società. Nel caso delle persone si invecchia, per esempio: conoscete qualcuno che dica mi oppongo? Se lo conoscete provate a convincerlo come si fa con uno che non sta bene, spiegategli che non saranno le protesi a fermare i giorni, davvero no. Oltretutto il tempo assai spesso rasserena e migliora. Non sempre ma capita, quando succede è uno spettacolo che valeva la pena aspettare quarant'anni. In copertina Gemma Calabresi e Licia Pinelli, sono appunto quarant'anni da allora, la storia d'Italia nel mezzo. Tutte le rughe in faccia, i segni del dolore uno per uno eppure a guardarle si vede solo il sorriso, le mani nelle mani. Si vede la luce che sempre torna dall'ombra, come nei giorni. Il mondo in cui viviamo ha un presidente d'America nato da un padre africano, in Italia avrebbe problemi col permesso di soggiorno. L'Italia multietnica non è una teoria no global, è un dato di fatto censito persino dal dossier Caritas. Sulla base delle proiezioni dell'Istituto nazionale di statistica (un altro ente non sospetto di simpatie comuniste) l'organismo pastorale dei vescovi ha stimato che a metà del secolo gli immigrati nel nostro paese saranno più di dodici (12) milioni, il 18 per cento della popolazione italiana del 2050.
Una persona su cinque. «Pertanto - si legge - il futuro dell'Italia non è immaginabile senza gli immigrati e questi non possono essere più considerati una presenza accessoria». Il no all'Italia multietnica non è nemmeno un proposito realizzabile. Perché è impossibile che il capo di un governo ignori una nozione tanto elementare, che non veda la direzione della storia e il dispiegarsi della cronaca. È una pura e semplice dichiarazione propagandistica che ha, molto probabilmente, il solo scopo di blandire la Lega. Vi sembrerà piccola cosa di fronte alla forza dell'evidenza, piccola e sciocca cosa.
Eppure è così. D'altra parte la politica di questo governo sul tema immigrazione è segnata da dichiarazioni roboanti e «cattiviste» che si oppongono alla realtà. Un altro dato. Nel 2007 (governo Prodi) gli sbarchi di immigrati furono poco più di 20.000. Nel 2008 (governo Prodi, da maggio Berlusconi) quasi raddoppiarono: 37.000. Nei primi mesi di quest'anno (dati aggiornati allo scorso 22 aprile) sono raddoppiati rispetto allo stesso periodo dell' anno precedente. Fermare le maree non è possibile. Si può, al massimo, abbaiare alla luna.
«Se torno indietro negli anni - dice Gemma Calabresi a Licia Pinelli, il presidente Napolitano fra loro - mi rendo conto che le nostre due famiglie sono state divise. Siamo stati tutti vittime della stagione dell'odio e del terrorismo. Ora non è più tempo di recriminazioni ma della memoria, che deve essere sgombra da sentimenti di rancore. Chissà, a volte l'uomo è schiavo di certi preconcetti e forse questo falso pudore del mondo che ci guarda ci ha portate a non incontrarci prima». «È stata una bella giornata», dice Licia Pinelli. «Forse incontrarci prima ci avrebbe aiutate a superare un dolore che è lo stesso», risponde Gemma Calabresi. C'era bisogno di questo tempo. Di invecchiare, sì. Di trovare alla fine del cammino la serenità e la saggezza per dire: si può.
da "Insieme" unita.it
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Concita De Gregorio.
13/05/2009 08:51
Tra liberismo e cattivismo
Alla fine i nodi vengono al pettine. E si scopre che - tra un attacco agli immigrati e un insulto alla libera stampa - il governo lavora per una parte consistente della sua base elettorale: le caste. Dei farmacisti, degli assicuratori, dei banchieri, dei tassisti e così via. È in atto un'attività sistematica di smantellamento delle liberalizzazioni introdotte da Bersani col governo Prodi. Si vogliono eliminare le attività imprenditoriali che, aumentando la concorrenza, hanno già avuto effetti benefici sui portafogli dei cittadini. C'è un disegno di legge che tenta di colpire le parafarmacie (la cui nascita ha determinato una diminuzione del 20-30 per cento del costo dei farmaci da banco) e di ripristinare di fatto il monopolio delle farmacie tradizionali. C'è stato già un provvedimento che ha frenato la nascita di distributori di benzina nei grandi centri commerciali. C'è poi lo snaturamento della class action - l'azione collettiva dei soggetti deboli - sottoposta a regole così restrittive da essere diventata difficilissima. Un bel favore alle grandi aziende, un altro danno ai diritti dei cittadini. Il servizio di Roberto Rossi è una sorta di Bignami sulla distanza enorme che c'è tra le promesse di liberismo e la politica del governo Berlusconi.
Adesso - se ce n'era bisogno - è ufficiale. L'Onu condanna il «cattivismo» di Maroni. E lo fa attraverso la sua autorità più alta, il segretario generale Ban Ki-Moon che ha fatto propria la censura pronunciata dall'Alto commissariato per i rifugiati. Parole più chiare - ne scrive Andrea Carugati - non potevano essere dette: «La politica dell'Italia mina l'accesso all'asilo nell'Unione europea e comporta il rischio di violare il principio fondamentale di non respingimento previsto dalla Convenzione del 1951 sui rifugiati». E ancora: «Il principio di non respingimento non conosce limitazione geografica e gli Stati sono obbligati a rispettarlo ovunque esercitino la loro giurisdizione, anche in alto mare». Parole chiarissime, come dicevamo. Non altrettanto si può dire di quelle pronunciate dal premier. Ha parlato di «statistiche» secondo le quali «sui barconi di persone che hanno diritto d'asilo non ce n'è praticamente nessuna. Solo casi eccezionalissimi». Ha aggiunto che i clandestini sono persone «reclutate in maniera scientifica dalle organizzazioni criminali» e «senza diritto d'asilo». Si può essere cattivi con tutto ma non con l'aritmetica. I dati ufficiali (quelli del ministero dell'Interno e della Giustizia e quelli delle organizzazioni sopranazionali) dicono che circa il 35 per cento degli oltre 36 mila migranti sbarcati in Italia nel corso del 2008 ha ottenuto lo status di rifugiato. E dicono pure che a chiedere l'asilo sono persone che vengono dalle aree più martoriate del mondo. Non da zone controllati dai criminali, più semplicemente da zone colpite dalla guerra e dalla fame come la Somalia, l'Iraq, il Kurdistan. Le loro storie (le raccontano Cesare Buquicchio e Mariagrazia Gerina) dovrebbero far provare un po' di vergogna a chi, con tanta leggerezza, gioca con la vita del prossimo siano uomini donne o bambini. Alice Miller, psicoanalista di origine polacca, scrive oggi delle conseguenze della violenza, origine del male. Causa e conseguenza, per meglio dire: una spirale.
da unita.it
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14/05/2009 09:12
Il proconsole d'Abruzzo
Guido Bertolaso ha chiamato il vescovo: «Basta, me ne vado, troppe lamentele». Aveva appena letto l'editoriale del «Centro», il quotidiano degli abruzzesi. Si chiedeva - prima che l'afa soffochi le tendopoli - di sistemare gli sfollati in prefabbricati. Questo racconta Marco Bucciantini dall'Aquila. Di come il capo della Protezione Civile (e di molto altro) abbia chiamato l'arcivescovo Giuseppe Molinari per dirgli «tenete la gente tranquilla». Di come il vescovo abbia dapprima radunato i parroci chiedendo loro un lavoro «tenda a tenda» per sedare gli sfollati, di come poi abbia scritto alla presidente della Provincia, un tempo sua allieva, rimproverandola col tono dell'antico professore di «fare politica» fomentando i malumori. Caro arcivescovo, gli ha scritto in risposta la presidente Pezzopane: «Proprio lei mi ha insegnato a privilegiare prima di tutto chi è in difficoltà. Sollecitando attenzione per le persone in tenda e chiedendo per loro tempi brevi e migliori sistemazioni ho assecondato la necessità di rispetto per le loro vite già provate». La gente in Abruzzo non può aspettare i fasti e le gare di architetti del G8. Servono soldi e risposte subito e come ora anche il ministro Tremonti sa sul fronte dei denari c'è un problema serio. Vittorio Emiliani racconta punto per punto come si declini la demagogia e la pubblicistica di corte. Il proconsole delle emergenze, ora assurto anche al rango di guida dei vescovi in supplenza del passeggero vestito di bianco che qualche settimana fa portava in auto, dovrebbe piuttosto dare risposte concrete alle popolazioni prima che photo opportunity al premier per le tv.
Passa alla Camera con tre sì alla fiducia chiesta dal governo il decreto sicurezza, prima manovra nello scambio politico di «gentilezze» alla Lega di cui parliamo da settimane. Le intercettazioni seguiranno. Intanto arrivano le «ronde» e il reato di immigrazione clandestina (passibile di multe da cinque a diecimila euro) con obbligo di denuncia da parte dei pubblici ufficiali. I presidi spia, i medici spia. Il rischio che non si denuncino le nascite dei figli di immigrati è uno dei punti - i bambini invisibili - su cui i vescovi fanno sentire la loro voce accanto a quella dell'opposizione: «Il grande tema sotto silenzio è quello dell'integrazione», dice la Cei. Un eufemismo. Un modo paludato per dire che passano leggi razziste, xenofobe. Leggi razziali, le chiama ormai così anche la stampa estera. Roberto Rossi ci racconta il mondo degli highlander. Non sono i protagonisti di una saga nordica. Molti cittadini li hanno incontrati. Di solito sono giovani, spesso anche simpatici, ed eleganti. Aprono le loro borse piene di moduli e di brochure come si trattasse di scrigni di gioielli e offrono «prodotti finanziari» capaci di garantire un sereno futuro attraverso pensioni, assicurazioni, rendite perpetue. Ma chi sono in realtà i «promotori finanziari»? Nient'altro che venditori al servizio delle banche. Non fanno l'interesse del cliente ma quello dell'azienda che li remunera (spesso poco, e infatti solo due su 50 ce la fanno). Spesso nascondono informazioni essenziali. A volte compiono delle vere e proprie truffe. Intanto sparisce di fatto la class action sepolta da un voto al Senato: non sarà più retroattiva, dunque a che serve? Salvi i truffatori, pazienza per i truffati. Urgente trovare qualche vescovo che li conforti.
da unita.it
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27/05/2009 23:01
Sotto gli occhi del mondo
Il mondo si occupa di noi.
Incomprensibilmente ignora gli accorati appelli tv di Sandro Bondi, le minacce di querela dell'avvocato Ghedini, le grida dei proconsoli ex fascisti e dei giornali scendiletto del premier per concentrarsi sulle gesta (la vita e le opere, le parole le menzogne e le gesta) del presidente del Consiglio. Direttamente su di lui, su quello che fa, come nelle democrazie si usa. «È un pericolo in primo luogo per l'Italia ed un esempio deleterio per tutti», Financial Times. «Se il primo ministro può farla franca portando avanti una storia d'amore adulterina e semipubblica con una adolescente (e poi mentire così spudoratamente che ogni sciocco può vedere che non sta dicendo la verità) e non venir chiamato a risponderne allora la nazione è in pericolo», The Independent. «Un clima decadente da basso impero (...) una escalation inquietante di impunità morale», El Pais. Altri editoriali e commenti sono dedicati al comportamento di Silvio Berlusconi dal Clarìn di Buenos Aires, dal Times e dal Guardian di Londra, da Abc news e da quotidiani e agenzie di stampa tedeschi, francesi, nord e sudamericani. Un complotto su scala mondiale, praticamente. Tutti lì a dire che l'Italia corre un pericolo serio perché insufflati da qualche suggeritore comunista, si vede. Forse un giornalista, certo: i servizi segreti lo troveranno, statene certi, e lo metteranno a tacere al più presto. Così il nostro prestigio internazionale tornerà a rifulgere. Nel frattempo la giovane Noemi scrive alle amiche di non poter lasciare il fidanzato prima della data delle elezioni (prassi notoriamente abituale tra le adolescenti, questa del vincolo alle scadenze elettorali, da cui deve derivare l'antica formula «voto di castità»): nuovi appassionanti dettagli ci attendono. Coi corrispondenti dei giornali stranieri abbiamo appuntamento stamani qui all'Unità per un Forum. Inviate loro le vostre domande, vorremmo discutere di politica e di economia, del futuro che attende l'Europa alla vigilia di un voto della cui importanza si parla pochissimo. Inauguriamo oggi una guida al voto che speriamo possa aiutare.
Il rapporto di Amnesty international è dedicato alle politiche sull'immigrazione e contiene un duro attacco all'Italia a partire dai respingimenti. Insieme all'osservatorio Italia-razzismo trovate oggi una doppia pagina di «Le belle bandiere» dedicata ai giovani di seconda generazione: nati in Italia da genitori stranieri. Delle migliaia di commenti arrivati sull'on line faremo un dossier. Debuttano oggi sul giornale il giuslavorista Massimo Pallini, l'autista Yuri e l'operaio Davide. I loro commenti, da punti di vista evidentemente diversi, ci aiuteranno a decifrare la realtà.
P.S. Due giorni fa per un errore di impaginazione l'attacco dei vescovi alle politiche del governo sul lavoro è finito a pagina 15 anzichè a pagina 9 come avrebbe dovuto. Un disguido che capita in ogni giornale e sul quale non vorremmo annoiarvi. Il collega Paolo Franchi, che salutiamo con la consueta stima, ha voluto sottolinearlo sul Corriere della Sera. Escludendo che ritenga che questo giornale non si occupi dei temi del lavoro e dei lavoratori lo prendiamo come un contributo da caporedattore esterno di sostegno.
Grazie Paolo, e buon lavoro.
da concita.blog.unita.it
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30/05/2009 22:43
Gioco sporco
Niccolò "Mavalà" Ghedini, avvocato personale del premier e dunque deputato, detta la linea difensiva e stuoli di suoi assistenti - spesso parimenti deputati - eseguono solerti. I giornali di famiglia si incaricano del lavoro sporco: picchiano, insinuano. La strategia è questa: screditare personalmente i «testimoni d'accusa», infangarne la reputazione. Non entrare nel merito delle circostanze provate ma distruggere le prove: siano intercettazioni telefoniche (con una legge, addirittura, se serve) o fotografie: ci sono dirigenti Rai che procacciano ragazze «per il morale del Capo»?. Illegittimo diffondere i testi, al macero. Ci sono foto che mostrano il premier con decine di ragazze giovanissime a seno nudo in altalena? Violata la privacy, sequestrate le foto.
Fingiamo per un momento che non siano enormemente più importanti il processo Mills, All Iberian, la corruzione eletta da trent'anni a sistema. Parliamo solo di quest'ultimo inconveniente senile. Siamo di fronte da mesi, forse da anni - un crescendo peggiorato con l'età - ad un premier che sistematicamente usa il suo enorme potere economico e politico per procacciarsi, tra molti altri benefici privati, ragazze a decine di cui circondarsi nelle festicciole a palazzo. Tutti lo sanno, i protagonisti di questa esibizione di grandeur da basso impero sono migliaia.
Ogni ragazza ha un'amica, che ha un fidanzato, che ha un amico. Le foto sui cellulari circolano senza controllo. Le ragazze sono sempre più giovani: crisalidi sul punto di diventare farfalle. Per prima Veronica Lario, la moglie, ha detto: è un uomo che non sta bene, frequenta minorenni, figure di vergini che si offrono al drago. Libero l'ha messa in prima pagina a seno nudo, foto di scena giovanili, col titolo «Velina ingrata». Nessuno dei figli ha reso in quell'occasione dichiarazioni pubbliche.
L'ex fidanzato della ex minorenne Noemi ha rivelato la data dell'avvento nella sua vita di Silvio Berlusconi: 2008.
Gli avvocati e i giornali del premier lo hanno aggredito personalmente senza mai smentirlo: ha precedenti penali, si è fatto pagare. Dal testo si evince che Repubblica non l'ha pagato, Novella 2000 ha smentito, il Giornale gli ha dato 500 euro. L'unico ad aver pagato è dunque finora il Giornale. Il fotografo sardo che custodisce centinaia di scatti di ragazzine in villa è da ieri indagato, le foto sotto sequestro. Non avendo altro a cui attaccarsi Libero ha titolato ieri in prima pagina «Pure Concita al servizio del Cavaliere». L'argomento è che pubblico libri con Mondadori.
La prima casa editrice di questo paese, come Einaudi, esistevano prima di Berlusconi e gli sopravviveranno. Ho un rapporto personale con Cristina Mondadori da quando, negli anni Ottanta, vinsi la prima edizione del premio giornalistico intitolato a suo marito Mario Formenton: fu quella borsa di studio a portarmi nei più grandi giornali europei e poi a Repubblica dove ho lavorato vent'anni. Con Cristina Mondadori ho condiviso il lavoro per una fondazione dedicata ai bambini affetti da malattie congenite, vicende personali ci accomunano. I proventi dei miei libri vanno ad associazioni che di questo si occupano.
Sono vicende personali, queste sì. Provo un poco di imbarazzo per i colleghi che con tanta leggerezza le sollevano senza sapere cosa toccano. Mi scuso di aver abusato di questo spazio per rispondere, non accadrà più.
da concita.blog.unita.it
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12/06/2009 22:18
La morale dei sultani
Concita De Gregorio
La questione è questa. Siamo diventati un Paese in cui il rispetto delle regole, persino quelle semplici della buona educazione e del rispetto degli altri, è completamente in disuso. Le leggi e i tempi li detta il sultano che del resto li vìola quando gli pare e piace e li modifica a suo uso, dunque così fanno i sudditi. Nel loro ambito, certo, ma lo fanno e considerano da sciocchi non farlo: da perdenti, da moralisti, da poveri. È l'andazzo generale, è lo spirito del tempo. Ecco che persino il normale gesto di Fini - annullare un incontro dopo due ore di ritardo dell'invitato - diventa una specie di simbolo della resistenza. L'invitato era Gheddafi, atteso alla Camera da Fini D'Alema e Pisanu oltreché da decine di parlamentari e ospiti del convegno in agenda. Anche Gheddafi - che non è un sultano ma un colonnello - in generale fa come gli pare: d'altra parte è una delle caratteristiche proprie dei dittatori, per quando indicati dalle biografie ufficiali come «dittatori buoni». Perciò non gli deve essere nemmeno passato per l'anticamera del pensiero l'idea di avvisare. Stava male - abbiamo appreso dopo - o forse aveva la preghiera. Comunque: aveva deciso di non andare e non deve spiegare a nessuno, Gheddafi fa come vuole. Una parte degli italiani lo troverà senz'altro un esempio inarrivabile, la versione perfetta di modelli minori. Ad altri piace meno ma lo dicono poco: convenienza, timore, in qualche raro caso convinzione. Così è sembrata proprio una ribellione, quella di Fini. Accidenti: qualcuno dice no. Un respingimento di Stato, ma senza scherzare troppo su quei disperati che dalla Libia anziché con le amazzoni al seguito ci arrivano in barcone, in mare muoiono e se non muoiono tornano indietro. Persino Casini, moderato per statuto, ha osservato che «va bene i soldi e gli interessi, ma la politica è fatta anche di valori e princìpi». Anche, effettivamente. Ci sarebbe poi da dire dell'incontro avvenuto prima che Gheddafi si sentisse male - o che dovesse pregare - con la ministra Carfagna e le donne «di successo» italiane alle quali il colonnello ha dato lezioni di femminismo: nei paesi arabi le donne sono «pezzi di mobilio», ha detto. Qui si è opposta Rosy Bindi: prima di parlare di diritti delle donne bisognerebbe che la Libia ratificasse la Convenzione internazionale sui diritti dei rifugiati. Lo so, sarà bollata come una disfattista. Non capisce l'importanza della posta in gioco, sottilizza. In Iran lo sfidante moderato Moussavi annuncia la sua vittoria contro Ahmadinejad, poco dopo l'agenzia di Stato ribalta il risultato: ha vinto il presidente uscente. Sono momenti in cui diventa chiaro a cosa servano l'opposizione e la libera informazione.
Da noi in Italia è per adesso ancora molto chiaro chi ha vinto e chi ha perso. Il Pd, per esempio, ha perso molte amministrazioni locali. Tuttavia in tanti altri casi ha vinto, inaspettatamente e in luoghi «ostili»: se ne parla meno. Siamo andati a vedere cosa sia successo dove il Pd ha battuto il centrodestra a dispetto dei pronostici o è cresciuto fino a sfiorare il sorpasso. Magari ad osservare bene si capisce meglio quale sia la formula, la combinazione vincente. Si ascoltano le storie, si prende nota, chi ha da imparare può eventualmente farlo.
da unita.it
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