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Autore Discussione: Oggi partiremo dal primo, dai "Signori della guerra" che è centrale nel discorso  (Letto 1147 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Maggio 08, 2023, 11:01:12 pm »

Giorgio Saugo
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Marco Ardemagni
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Qualche giorno fa, in un lungo post che parlava del mancato pagamento per la mia partecipazione al Concertone del Primo Maggio 2013, ho definito "imbarazzante" l'intervento di Carlo Rovelli al Concertone 2023.
Diverse persone, anche tra quelle che avevano espresso solidarietà per il mio problema, mi hanno detto che dissentivano e che, anzi, il discorso di Rovelli era stato tra le cose migliori dell'intero evento. A loro avevo promesso di spiegarmi con calma, meglio, nei giorni successivi.
Ed eccoci qua, ma quando mi sono trovato a mettere giù i punti alla base di questa mia posizione, mi sono reso conto subito che la sintesi sarebbe stata quasi impossibile.

In compenso, però, se non proprio sintetico, posso provare a essere quantomeno schematico. E allora dico subito che ci sono quattro concetti-chiave da considerare con la massima attenzione.
1) Il primo è la categoria dei "Signori della Guerra",
2) il secondo è "disuguaglianza" (potremmo anche dire "disuguaglianza vs. povertà";
3) il terzo è la parola "democrazia";
4) il quarto concetto è "promettente" nel senso di qualcosa realisticamente in grado di produrre effetti positivi.

Oggi partiremo dal primo, dai "Signori della guerra" che è centrale nel discorso di Rovelli: una categoria che viene citata per ben 5 volte su una lunghezza di sole 935 parole e che costituisce senza dubbio il "cattivo", il "villain" della sua argomentazione. Ma chi sono di preciso i "Signori della guerra"? E cosa li muove?
Sicuramente la citazione prende le mosse dalla canzone "Master of War" di Bob Dylan, il cui testo, curiosamente, venne pubblicato pochi giorni prima della mia nascita.
Ma cosa occorre per essere un "signore della guerra"? Nel suo testo, Rovelli cita almeno tre episodi di ribellione armata implicitamente non attribuibili ai “signori della guerra”: a) "attaccare la Bastiglia", b) "bruciare il Palazzo d’Inverno" e poi, nel finale, l'opera omnia di Garibaldi in Italia: "L’Italia l’ha fatta Garibaldi che tutti i benpensanti chiamavano “terrorista”, poi gli hanno fatto le statue".
Garibaldi, lo ricordo con il massimo rispetto, non era certamente un pacifista, anzi era un Generale (d'accordo: mai perfettamente inquadrato), ma che ha servito ben sei istituzioni nazionali, compresi il Regno di Sardegna e il Regno d'Italia, e nella cui carriera si annoverano dozzine di azioni di guerra con vittime e feriti.

Ma, evidentemente, questi tre "filoni" (Francia 1797, Russia 1917, Italia 1859-1870), pur in presenza di vittime umane, non vengono annoverati da Rovelli tra le nefandezze a carico dei signori della guerra.
E allora, di grazia, chi ricade sotto questa etichetta? Le etichette troppo larghe non servono a nulla, fanno solo effetto, commuovono, ma alla fine fuorviano.
Negli anni '30 Hitler si riarmò, facendo quello che non avrebbe dovuto fare secondo il Trattato di Versailles del 1919 (entrato in vigore nel 1920: non un grandissimo episodio di diplomazia internazionale, ma tant'è).
Noi non sappiamo, è controfattuale, cosa sarebbe successo se la Francia, partendo dal vantaggio di aver vinto la Prima guerra mondiale, si fosse riarmata sempre il doppio di quanto avrebbe fatto la Germania a partire dal 1933. Qualcuno potrebbe immaginare che la Francia avrebbe forse ottenuto un effetto di deterrenza e, senza sparare un solo colpo, avrebbe dissuaso Hitler dall'attaccarla nel 1940. Oppure si sarebbe difesa meglio. E invece i francesi confidarono nella cogenza dei trattati e nella ragionevolezza dei nazisti.

[qui accolgo nel testo principale la precisazione dello storico Giovanni Federico: Piccola precisazione. I francesi investirono nella linea Maginot ma anche in armamenti. Avevano più carri dei tedeschi e non necessariamente peggiori - ma i tedeschi li avevano riuniti in panzer divisionen i francesi li volevano usare come appoggio alla fanteria. In pratica i francesi si erano preparati a combattere la 1 guerra mondiale. Compreso la risposta al piano schleiffen]
Oppure, ipotesi opposta, avrebbero potuto comportarsi in modo ancora più pacifista, e armarsi ancora meno di quanto non fecero e così la campagna di Francia, invece di durare un mese e mezzo, sarebbe, con ogni probabilità, durata ancora meno. Ma, almeno, in questo secondo caso, davvero nessuno avrebbe potuto tacciare i francesi come "Signori della Guerra", nemmeno Rovelli, immagino.
C'è un piccolo paese, Taiwan, che dopo traversie enormi (basta studiarne la storia) è diventato la capitale mondiale dei semiconduttori, ovvero della tecnologia più importante al mondo in questo momento. La Cina non fa passare settimana senza minacciarli, anche se poi, sotto sotto, ha un bisogno enorme di quelle tecnologie, si tratta un settore che richiederebbe 30-40 anni ed enormi investimenti per duplicarlo. La tentazione potrebbe essere quella di inghiottire paese e tecnologia. E probabilmente l'avrebbero già fatto, se gli occidentali non avessero sostenuto i taiwanesi anche con quelle armi e mosse che Rovelli aborrisce.

Quante possibilità ci sono che la Cina, prima o poi, attacchi Taiwan come la Russia ha fatto con l'Ucraina? Alcune. Quante possibilità ci sono che invece sia Taiwan ad attaccare la Cina? Zero.
La differenza sta tutta lì. Chi dobbiamo aiutare noi?
Quante possibilità ci sono che fornendo qualche arma di difesa all'Estonia questa poi si "trasformi" in "signoria della Guerra" e si metta ad attaccare la Russia"? Direi zero, no? Ma fornire delle armi di difesa all'Estonia è già, a sua volta, da "signori della guerra"? Per me no, e per voi, amici di Rovelli?
Dare delle armi di difesa a Taiwan è da "signori della guerra"? Riarmare la Francia nel 1935 sarebbe stato da "signori della guerra"?
Io so, più o meno, cos'è il pane, cosa sono le rondini, cos'è uno smartphone o cos'è un lampone. Cosa sia un "Signore della guerra" non mi è chiaro se non mi precisi chi tirate fuori da questa definizione, oltre a combattenti come Garibaldi, i bolscevichi e i giacobini.
E' un problema linguistico, filosofico e retorico ancor prima che politico e militare.

da Fb del 7 maggio 2023
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