Jack Daniel A proposito di dura realtà e programmi demagogici: la pensione ...

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Jack Daniel
 
A proposito di dura realtà e programmi demagogici: la pensione minima a 1.000 euro. Ormai sono in diversi, sia a destra che a sinistra (Berlusconi e Si/Verdi, ad esempio) che, nel programma elettorale, ne parlano. E chi non sarebbe d'accordo? Anzi: fosse di 2.000 sarebbe ancora meglio.
Solo che...
Solo che si calcola che già ora, dato il sistema contributivo, si va in pensione con un tasso di sostituzione medio del 70%. (Ricordo che il tasso di sostituzione è il rapporto tra l'ultimo stipendio e la pensione). Ciò vuol dire che, per andare in pensione a 1.000 euro, un lavoratore dovrà avere uno stipendio netto di circa 1.400/1.500 euro. Che non è affatto bassissimo, anzi. Ma non basta, perché il lavoratore, per avere 1.000 euro di pensione, oltre a guadagnare netti i quasi 1.500 di cui sopra, deve anche aver versato contributi per 42 anni. Deve cioè aver cominciato a lavorare a 25 anni, aver versato contributi ogni anno, senza mai un licenziamento, una pausa, un ritardo, per avere, all'età massima (67 anni) quel montante contributivo. Quindi: circa 1.500 al mese netti e una vita di contributi. Quanti ce ne saranno, nei prossimi anni, di lavoratori del genere? Temo non la maggioranza, anzi.
E quindi si arriverebbe a questo risultato pittoresco: una marea di lavoratori che, magari dopo 35 anni di lavoro, avrà maturato una pensione di (diciamo) 800 euro. Se la minima dovesse essere 1.000 euro, la pensione verrebbe adeguata e innalzata a 1.000.
Molto bene. Solo che questo si porterebbe dietro alcune conseguenze.
1) la prima, ovviamente, è quella di finire in default. Già oggi l'INPS è in pesante deficit a causa dello sbilancio tra versamenti effettuati e pensioni erogate, soprattutto negli anni passati, quelli del retributivo. Se noi ergiamo a sistema il fatto che uno ha versato contributi per 800 ma avrà pensione di 1.000, la nostra spesa pensionistica (oggi al 16% del PIL, la più alta al mondo) già oggi critica, finirà per esplodere del tutto.
2) Se le cose stanno così, mi spiegate perché un lavoratore dovrebbe versare contributi pensionistici? Se si sa che, versando contributi, si avrà una pensione di 800 euro che, comunque vada, sarà innalzata a 1.000, perché dovrebbero, lavoratore e datore di lavoro, versare un terzo dello stipendio all'INPS? Fanno molto prima a fare un contratto in nero, così quel 30% di contributi (o parte di esso) finisce direttamente nelle tasche del lavoratore che si vede quindi lo stipendio aumentato. Tanto, alla pensione, comunque ci saranno i 1.000 euro.
3) Solo che l'Inps cerca di stare a galla proprio con contributi di lavoratori e datori. Le pensioni che vengono oggi pagate ai pensionati sono una partita di giro: si prendono i contributi di lavoratore (circa 9% stipendio) e datore (circa 24% stipendio) e li si versa ai pensionati (e non basta: infatti lo Stato ci deve mettere del suo per tappare le falle). Se noi mettiamo in moto il meccanismo di cui sopra, evadere i contributi diventerà uno sport nazionale, il che comporterà una diminuzione delle entrate Inps che, sommata (punto 1) ) all'aumento delle uscite, accelererà la corsa verso il disastro.
Conclusione: uno legge pensioni minime a 1.000 euro e si gasa. Ma, tra questi demagoghi da strapazzo, c'è qualcuno che ha provato a ragionare sulle conseguenze? Le quali conseguenze sono ovvie: il sistema andrebbe in default, e qualora ciò dovesse succedere, tutto il sistema pensionistico si ridimensionerebbe con conseguenze maggiori proprio sui tantissimi percettori di pensioni medio basse.
Quindi: se uno vuole attuare una catastrofe sociale, se vuole veramente rovinare la vita di chi galleggia con pensioncine, prego, si accomodi, non ha che da attuare velocemente proposte del genere.

da fb del 8 agosto 2022

Arlecchino:
Gianni Gavioli
Autore
Amministratore

L'Occidente deve ricomporsi subito, depurandosi, dopo le orge sceme e da drogati beoni in cui si è cacciato dal dopoguerra in qua.

Oggi la guerra accesa, dal macellaio criminale ex KGB, è tra Gran parte dell'Oriente e l'Occidente.
É stata lunga la preparazione propagandistica, della strategia da Sfascisti, lunga e targhettizzata verso gli scontenti occidentali (Usa compresi) gente in gran parte culturalmente incapace di utilizzare, godendone, le buone cose portare avanti, tra cui la Democrazia, l'Unione Europea, la Nato e il Patto Atlantico.
Oggi le carte vincenti le hanno in mano le popolazioni nella loro parte più EVOLUTA, quella temuta dai suddetti Sfascisti.
Quella che sarà presa di mira e perseguitata maggiormente dalla parte similnazista delle destre.
Oggi mascherati da buoni politici con la faccia lavata, ... ma sottosotto, in agguato pronti ad approfittare, come fanno da anni, depredando della libertà e democrazia gli ingenui e i creduloni!
ciaooo

io su Fb 6 settembre 2022

Arlecchino:
Fabrizio Pesoli
Sofri pone LA domanda: come si è arrivati fino a questo punto?

Conversazione con Adriano Sofri
Tutta la città
Ieri ho ascoltato, dopo molto tempo, una puntata di “Tutta la città ne parla” su Radio 3 Rai. Era dedicata a due notizie dai tribunali della Federazione russa: la revoca della licenza alla Novaya Gazeta, e la condanna a 22 anni del giornalista Ivan Ivanovich Safronov, per “alto tradimento”. Gente abituata: Gazeta era il giornale di Anna Politkovskaya e di altri che l’hanno pagata come lei; Safronov è figlio di un padre giornalista sugli stessi temi – la difesa, in particolare – che morì nel 2007 cadendo dal quinto piano del condominio di Mosca in cui abitava, ma al terzo piano.
Nel corso dei dialoghi con le persone invitate, il conduttore Pietro Del Soldà informava dei commenti di ascoltatrici e ascoltatori. I commenti si dividevano fra quelli apertamente e combattivamente indignati dalla definizione della Russia di Putin come una dittatura, e quelli che denunciavano l’ipocrisia di supposte democrazie occidentali altrettanto, se non più, colpevoli di perseguitare la libertà di opinione. Cioè, fra posizioni senz’altro filoputiniane e posizioni più che altro antioccidentali. Rammarico esplicito e stupore, sia pur misurato, dell’ottimo conduttore.
Da lungo tempo constato e contesto questa evoluzione dello spirito di un pubblico che si considera di sinistra, dunque condivido i sentimenti del conduttore. Compreso lo stupore, perché nonostante il mio buio pessimismo non avrei saputo immaginare una trasmissione di Radio 3 in cui i commenti ripudiassero pressoché all’unanimità il fortunato straccio di libertà di cui godono le nostre estenuate democrazie. Ora però mi aspetterei che autrici e autori, conduttrici e conduttori, di “Tutta la città”, dedicassero la prossima puntata, oggi stesso, all’interrogazione su come si sia arrivati fino a questo punto. Quando ha cominciato a posarsi la polvere. E all’eventualità, non certo punitiva ma intellettualmente curiosa e ansiosa, di esser stati un po’ apprendisti stregoni. Caso mai non invidio chi debba decidere degli interlocutori da invitare, magari in un repertorio meno usato. Senza grandi aspettative, si capisce, ma almeno allontanando da sé l’impressione di far finta di niente.
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Commenti: 2
Maura de Bernart
Non lo so. Non lo so. Per pluridecennale esperienza di ricerca ed insegnamento con tanti studenti di tanti paesi, anche di tutta l'Europa dell'est e della Russia, direi: a ovest per consumismo, anche delle nostre stesse libertà, inclusa quella di coscienza, sempre più vilipese, oltre che per scollamento tra le generazioni, tale che la comunicazione tra di esse si è sempre più rarefatta; a est piuttosto per quella "cecità morale" - da cui non si esenti neanche altrove - di cui hanno ben scritto Léonidas Donsksis (compianto amico) e Zygmunt Bauman (compianto maestro), per la progressiva de-sensibilizzazione che ha portato a irrigidimenti sempre più rigidi.... Eppure, anche quanto ho scritto é molto impreciso.... perché se ripenso a quanto ho imparato dai "miei" studenti e dalle loro domande, da un lato c'è stata tanta inedita lotta all'ignoranza, anche della propria "vitalità democratica", dall'altro tanta voglia di recuperare sensibilità coniugando le ricerche di storia e memoria con la valorizzazione delle arti, tutte, dalla poesia alla pittura al teatro alla musica.... Forse, più pronti e sensibili, nel coro delle lingue questi giovani erano da tempo pronti all'underground.... Lo struggimento - per questa vecchia prof in pensione - é saperli oggi intrappolati dalla guerra, chi di qua chi di là...in esperienze di vita e di morte che davvero non avrei voluto che facessero.... Coraggio, ragazzi, coraggio....
Rispondi13 h
Fabrizio Pesoli
Cara Maura, il tuo sguardo si allarga alla situazione internazionale, con osservazioni condivisibili. Io, limitandomi al contesto italiano, non smetto di indignarmi per la sciatteria del giornalismo nostrano, anchilosato nell’ossequio al potente di turno e generatore (tolte le solite quattro eccezioni) di un’opinione pubblica omologata e frazionata in tribù.

da Fb del 6 settembre 2022

Admin:
Gianni Gavioli ha condiviso un link.
Amministratore
Esperto del gruppo in Virtual Reality
 
Non abbiamo uno Stato Federalista, non abbiamo una Democrazia Completa ma una Democratura con una Politica da condominio, discutere di federalismo ha un solo risultato confondere gli Italiani e abbandonare il Sud.

Senza però, rendersi conto che è il Sud ad essere totalmente nel Mediterraneo e questo conta, nel N.O.M. più che il portafoglio del momento, senza certezze sul futuro, che avrebbe il Nord Italia.
Se non quella di finire fagocitato dai vicini di casa, orientali o nordeuropei.

O peggio in un protettorato militare del tanto, stupidamente, vituperato e infamato, Impero Usa.

ggiannig

io su FB del 7 settembre 2022

Admin:
Jack Daniel
 
Non so se Meloni sia diventata draghiana, non credo. Penso piuttosto che si è trovata dall'altra parte della barricata e abbia dovuto velocemente rendersi conto di almeno un paio di elementi di realtà.
1) Il primo: l'anno prossimo probabilmente saremo in recessione. Se si parte da una situazione in cui il debito è a 150 e il PIL è a 100, ovviamente il rapporto debito/PIL è al 150%. Se si prevede che l'anno successivo il PIL aumenti a 110, il debito può anche arrivare a 160 senza troppi sconvolgimenti, perché il rapporto finale sarebbe 160/110, cioè 145%, vale a dire migliore che in partenza anche se il debito, in sé, è aumentato da 150 a 160. Ma se si suppone che l'anno dopo il PIL, causa recessione, non sia 100, ma 90, allora anche lasciare il debito inalterato a 150 peggiorerebbe il quadro, perché si arriverebbe a 150/90, vale a dire ad un rapporto debito/PIL pari a 167%, ben peggiore del 150% di partenza. Questa elementare norma non è evidentemente recepita da quanti (principalmente Conte e e Salvini) premono per grandi scostamenti di bilancio, vale a dire per aumenti di debito. In pratica costoro reclamano l'aumento del debito anche in previsione di una diminuzione del PIL. Inutile dire che è strada assai pericolosa. Da qui la prudenza di Meloni che ha sempre negato la volontà di operare scostamenti.
2) Prezzo energia. Partiamo da una situazione in cui si consuma 100 (chili, Kwh etc) al costo di 100. Immaginiamo che si diffonda l'idea che domani non siano più disponibili i 100 di partenza, ma solo 90. I prezzi, se diminuisce la quantità, tendono a impennarsi e, diciamo, raggiungono 300 in previsione di future limitazioni (è quello che succede ad Amsterdam). Il prezzo quindi sale a 300, e la prima reazione è quella di chiedere al Governo di intervenire (magari proprio con gli scostamenti di bilancio di cui sopra) per far sì che i cittadini continuino a pagare 100. Se dovesse succedere, però, i cittadini continuerebbero a consumare 100, ma qui il problema è che bisogna essere preparati ad una possibile riduzione di quantità. Bisognerebbe, insomma, che i cittadini inizino a consumare 90, o quantomeno si preparino. Sarebbero quindi necessarie misure mirate: chi può risparmiare energia, è meglio che lo faccia e il prezzo più elevato può servire allo scopo. Chi non può (ad esempio un'attività economica che, di fronte a queste bollette, chiude i battenti con i lavoratori per strada) deve essere agevolato. In poche parole, non agevolazioni uguali per tutti, ma differenziate. E non agevolazioni che vadano a coprire l'intero aumento dei prezzi, perché sennò non si limiterebbero i consumi. Strada stretta, e vedremo come il nuovo Governo l'affronterà. Meloni ha però rilasciato una dichiarazione «La priorità è fermare la speculazione sul gas. Continuare all’infinito a compensare il costo delle bollette regalando soldi a chi si sta arricchendo sulle spalle di cittadini e imprese sarebbe un errore». Tradotto: il problema è intervenire a livello europeo (come, peraltro, Draghi sta chiedendo da marzo, ndr) per far sì che il prezzo non arrivi a 300. Perché, soggiungo, se il prezzo arriva a 300, magari il governo interviene per alleggerire il costo ai cittadini, ma poi chi vende gas incassa 300, che glielo paghi i consumatori o il governo, a lui poco importa. Quindi Meloni ha capito che il problema non si risolve distribuendo aiuti indiscriminati ("compensare i costi") per pagare le bollette, perché quegli aiuti non farebbero altro che tenere su il prezzo e i consumi, arricchendo i produttori di energia. Domanda: e se non si riesce ad abbassare il prezzo a livello europeo? Per il momento non abbiamo risposta, chi vivrà, vedrà.
Non credo affatto che Meloni sia diventata draghiana, credo solo che stia capendo (forse) come i problemi complessi non si risolvono con raffiche di slogan quali l'invocazione di scostamenti di bilancio, magari per compensare l'intero aumento delle bollette.
Come, però, risolverà (o tenterà di risolvere) i problemi complessi lo vedremo nelle prossime settimane.

da Fb del 4 ottobre 2022

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