13/1/2008 (8:28) - I RACCOMANDATI-INTERVISTA A MAURO SALIZZONI
"Destra e sinistra ormai sono uguali"
«Ogni schieramento porta i suoi uomini, e non sempre ci sono le capacità»
MARCO ACCOSSATO
Per ogni primario premiato per meriti sul campo, nei nostri ospedali ce n’è un altro mediocre». All’ospedale Molinette di Torino, il professor Mauro Salizzoni, responsabile del primo Centro trapianti di fegato d’Italia, è fin troppo esplicito. «Sulle nomine, con l’andare degli anni, ci si è appiattiti».
Primario mediocre significa raccomandato dal politico di turno?
«Non si può negare che sia spesso così».
E chi raccomanda di più?
La destra o la sinistra? «Fra destra e sinistra, trent’anni fa, era diverso. Oggi si assomiglia tutto. Ciascuno tende a portare i propri uomini, che a volte sono validi e va bene, ma spesso non dovrebbero avere una responsabilità».
Un raccomandato per ogni «onesto» non è una fotografia tanto lusinghiera né rassicurante della nostra sanità...
«Un raccomandato, se è bravo, può persino essere prezioso, per l’ospedale».
In che senso?
«Per fermare la spinta contraria del raccomandato non valido che potrebbe essere piazzato al suo posto».
Una manna dal cielo... Battute a parte. Abbia il coraggio di fare i nomi.
«No, i nomi no».
Due o tre, i più clamorosi.
«Diciamo che al Centro-Nord è meglio che al Sud».
Dica allora almeno i settori dove ci sono più raccomandati.
«Le chirurgie. E poi le specialità economicamente più redditizie. In generale, è soprattutto negli ospedali periferici che c’è la tendenza a non cambiare, per non portarsi grane in casa, confermando chi si conosce. E così, a un certo punto, arriva l’aiuto del medico anziano, e poi l’aiuto dell’aiuto del medico anziano. E il medico anziano è sempre lo stesso, messo lì chissà da chi».
Ma cosa interessa, alla politica, piazzare uomini in periferia? Non sono i grandi ospedali a stimolare i più grandi appetiti?
«Alla politica interessa molto la periferia. Dare un primariato a un incapace alle Molinette implica rischi enormi. Nel grande ospedale l’incapace è scoperto facilmente, è una scelta troppo visibile. Troppo pericolosa».
Qual è l’origine della raccomandazione politica?
«Finché la scelta di nominare un primario sarà del direttore generale il pericolo che incombe. Il direttore generale, sappiamo bene, è soggetto a mille pressioni».
Invece?
«Invece dovrebbe essere una commissione a decidere. Una commissione di specialisti riconosciuti, interdisciplinare, composta da più medici per ogni specialità. Un esempio? Per nominare il nuovo primario di Cardiochirurgia serve anche il parere del cardiologo, e quello del gastroenterologo che spesso lavora con queste due équipe. Serve una commissione “randomizzata”».
Lei è dichiaratamente di sinistra. Ammetta: mai favorito dal politico del suo partito?
«Semmai sono stato svantaggiato, all’epoca. La prima volta che ho lasciato le Molinette per andare all’estero a studiare, il presidente di allora, comunista, mi disse che non avrei avuto una lira di rimborso. “Se ti dessi qualcosa - mi spiegò - direbbero che lo faccio perché sono comunista come te”».
In questo senso dice che un tempo era diverso, fra destra e sinistra?
«La sinistra di oggi è il mio grande dilemma, il mio dramma. A vedere che si divide nelle cose che sta facendo mi viene da ridere. Mi incazzo a sentire certi rappresentanti della sinistra dire ciò che sostengono in tivù. La difesa spinta della Sanità pubblica non è più una bandiera di tutta la sinistra. Non siamo più così diversi dagli altri. Io spero che il Pd sia ancora una forza da considerare quantomeno nel centrosinistra».
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