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Autore Discussione: Maria Zegarelli - Mastella: «Ho un milione di voti, ne tengano conto...»  (Letto 3735 volte)
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« inserito:: Dicembre 04, 2007, 12:24:03 pm »

Mastella: «Ho un milione di voti, ne tengano conto...»

Maria Zegarelli


I cavalli e i somarelli. Bloccato a casa da un forte raffreddore, «altrimenti un buon film al cinema non me lo toglieva nessuno», il Guardasigilli Clemente Mastella valuta positivamente il colloquio telefonico avuto di prima mattina con il segretario del Pd.

Ministro, iniziamo dalla sua telefonata con Veltroni. come è andata?
«Diciamo che sarò tranquillo quando constaterò i fatti. Ho molta stima di Veltroni, ritengo che sia una persona per bene per la quale le parole possono assumere il valore della pietrificazione in senso positivo. Ma io ho detto come la penso».

E come la pensa?
«Le leggi elettorali sono leggi di convenienza non di un modello di sistema di valori. Se è vero che i partiti piccoli non dovrebbero fare ricatti è vero anche il contrario: non possono essere i grandi a metterli in atto. Per ora voglio la garanzia che si salvi il dato culturale, poi la formula la vediamo. Mi si deve cioè dimostrare che nella grande prateria il cavallo bianco è intenzionato a lasciarci anche i somarelli. Per questo non mi è piaciuto quello che ha detto Goffredo Bettini sui “conati di centro”. Bisogna capire che il Vassallum così come è non va bene: se cambia la mescola si ragiona altrimenti non se ne fa niente».

Ministro, lei teme l’inciucio tra Berlusconi e Veltroni?
«No perché valuto il dialogo come un fatto positivo, ma se il dialogo si spinge fino a esplorare territori propri di una convenienza di un bipartitismo che brucia i ponti con gli altri, tentando di recuperarli solo perché sono in acqua i naufraghi, non mi va bene. Quello che ho cercato di spiegare a Veltroni è che un’area come la mia di centro moderata, alleata con questo riformismo all’italiana che è il Pd, dovrebbe essere esaltata e non messa nella condizione di chiedersi quale sarà il proprio destino. Io non voglio andare nel centrodestra, sia chiaro, ma ho un milione di elettori che oggi stanno qui ma che, se si dovesse andare a una decomposizione dell’assetto attuale, potrebbero votare per il centrodestra. Perché il Pd dovrebbe determinare questa situazione? La Dc si preoccupava del Pri, perché era suo interesse. Oggi noi siamo un riferimento anche per il mondo cattolico, avendo dimostrato con le battaglie che abbiamo fatto, che siamo affidabili».

Lei dunque, ha chiesto al sindaco di Roma garanzie di sopravvivenza?
«Certo, gli ho detto che non possiamo essere ghigliottinati. Non voglio garanzie personali, quelle me le prendo da me, ma se saltiamo noi, Veltroni pensa davvero di vincere in Campania? Mi ha detto che sul piano del ragionamento condivide le mie preoccupazioni:, bene, vediamo come tutto questo si traduce in atti concreti. Un altro punto che ho affrontato è stato il vero problema che ha questo Paese: l’indecisione nel meccanismo decisionale. Un premier deve poter decidere davvero. Serve una riforma costituzionale».

Prodi si è fatto garante di tutta la coalizione rispetto alla riforma elettorale...
«Il governo in questo momento è diventato il massimo riferimento per il paese, Chi immaginava che l’alluvione sarebbe arrivata anche nel centrodestra? Oggi chi si muove tra la frana di là e la pioggia di qua è solo il governo. E non è un caso se gli italiani cominciano a ricredersi sull’azione del governo. Per questo il premier deve garantire la tenuta della sua coalizione».

Chiede ancora la verifica?
«Dopo due anni è giusto andare a una verifica, ma non si può mettere in discussione l’azione di governo. Noi poniamo un problema politico, che non è nostro sia chiaro, è più di altri. Ma non si deve passare alla drammatizzazioni: se in un altro Paese si cambia un ministro della Giustizia non succede quello che succede qui».

Quindi sarebbe disposto a lasciare il Ministero?
«Il mio mandato è nelle mani del premier, come quello di tutti i ministri. Se il sacrificio servisse...»

Davvero Parisi l’ha convinta sulla bontà del referendum?
«È vero. Lei cosa preferisce: avere la febbre per quindici giorni a 40 o il cancro?»

Lusetti vi rimprovera di voler mantenere intatto il potere di ricatto dei piccoli partiti.
«Lusetti è un bravo ragazzo ma senza arte né parte politica. Preferisco non rispondere».

Prodi stasera (ieri sera per chi legge, ndr) vedrà i vertici del Pd. Questo la tranquillizza?
«Prodi vive nel cono d’ombra della coalizione. Qui si sta esplorando una linea che è alternativa alle coalizioni come sono fatte e questa è la difficoltà in cui si muove Veltroni. Molti cercano di mettere in contrapposizione Prodi e Veltroni, ma la contrapposizione è nei fatti non fra loro due. Prodi è stato chiaro: “ha detto questa è la mia ultima esperienza”, Veltroni sa di non poter prescindere da quello che Prodi è e che rappresenta. Il punto l’ha messo a fuoco anche Tony Blair: il limite è quello di avere una compagine educata ad essere omogenea. Ora a me potete dire che sono un rompiscatole, ma non che non sia omogeneo alla cultura di governo. La sinistra, e il Pdci degli ultimmi giorni ne è l’esempio, ha qualche difficoltà in più».

Ministro c’è chi le ha riconosciuto di aver visto lontano quando ha cercato di portare Dini nel governo che oggi dichiara di avere le mani libere...
«Oggi Dini avrà pure le mani libere, ma si possono muovere con meno spigliatezza. Dall’incontro tra Veltroni e Berlusconi è venuto fuori che i governi di grandi intese non ci saranno. E questo spunta le mani a chi mirava a Marini per un governo istituzionale. A Dini ho ricordato anche che quando è nata l’Unione lui era un dirigente della Margherita e sapeva bene che stava siglando un accordo con Rc. Quindi, un conto è esprimere la propria autorevole posizione, un altro fare questi soprassalti e cambiare le carte in tavola».

Pubblicato il: 03.12.07
Modificato il: 03.12.07 alle ore 13.08   
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