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Autore Discussione: ATTILIO BOLZONI e SALVO PALAZZOLO. Il Dio dei mafiosi  (Letto 3039 volte)
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« inserito:: Aprile 25, 2018, 04:41:57 pm »

Il Dio dei mafiosi

Di ATTILIO BOLZONI e SALVO PALAZZOLO

Uno di loro ha confessato: «Cosa Nostra si vuole farla risalire all'Apostolo Pietro». Un altro ha parlato di una "Bibbia”, sepolta chissà dove e che celava fra le sue pagine il mistero dei dieci comandamenti di mafia. «Il Signore vi benedica e vi protegga», scriveva sempre nei suoi pizzini Bernardo Provenzano. Devotissimo il corleonese, ogni suo ordine era accompagnato da un’invocazione: «Sia fatta la volontà di Dio».
Il Dio dei mafiosi, il Dio che non vede e non sente, il Dio che sta chiuso nelle sacrestie. Un Dio "cattivo” costruito a loro immagine e somiglianza. Chiesa e mafia, mafia e chiesa. Vi siete mai chiesti perché la Cupola si chiama Cupola?
Questa puntata del blog "Mafie” la dedichiamo al rapporto fra i boss e la religione, alla lunga tradizione di silenzi e complicità ecclesiali che ha accompagnato la storia delle mafie, ai primi gesti di ribellione di parroci e arcivescovi contro la violenza di Cosa Nostra e Camorra - le marce guidate dai sacerdoti degli anni '80 durante la guerra fra i clan a Palermo, l'omelia del cardinale Pappalardo su "Sagunto espugnata” dopo l'uccisione del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, le denunce di don Riboldi - sino alle reazioni dei mafiosi che da qualche "parrino” non venivano più considerati amici come un tempo.
Salvatore Riina, ancora negli ultimi anni della sua vita s'infuriava per quel piccolo parroco di Brancaccio, don Pino Puglisi, che aveva portato Dio fuori dalle chiese. «Il quartiere lo voleva comandare iddu – sussurrava il capo dei capi con disprezzo durante l’ora d’aria - Ma tu fatti il parrino, pensa alle messe, lasciali stare... il territorio... il campo… la Chiesa”. Era rabbioso lo “zio Totò”.
Ai boss ha fatto sempre paura la Chiesa che denuncia, che si batte per il riscatto dei territori e dei cittadini. Il Dio annunciato dal piccolo grande parroco stava facendo perdere consenso a Cosa nostra in un regno - il quartiere di Brancaccio - che quelli consideravano il loro cortile di casa. Così lo uccisero, esattamente venticinque anni fa, il 15 settembre 1993.
Don Pino Puglisi a Palermo e don Peppe Diana a Casal di Principe, assassinato il 19 marzo del 1994 in terra di camorra. Martiri che non parlavano solo ai credenti ma a tutta la comunità civile. Per questo facevano paura alla mafia.
I boss sono stati abituati a ben altri preti e a ben altre chiese. Quelli che celebravano messe nei covi dei latitanti, quelli che facevano (e fanno) inchinare le Madonne sotto le case dei capi-bastone, quelli che ai loro fedeli più speciali spiegano che «c'è una bella differenza fra peccati e reati».
Il 9 maggio di quest'anno è il venticinquesimo anniversario dell'anatema lanciato da Karol Wojtyla nella Valle dei Templi di Agrigento, quasi un anno dopo le uccisioni di Falcone e Borsellino e due mesi prima delle bombe esplose a Roma davanti la basilica di San Giovanni e di San Giorgio al Velabro. Il potere religioso obiettivo di attentati mafiosi.
E, quasi un quarto di secolo dopo, Papa Francesco che scende nella piana di Sibari e fa la sua "scomunica” a tutto quel mondo.

Per raccontare le «due facce della Chiesa» abbiamo chiesto analisi e riflessioni a studiosi come Alessandra Dino e Isaia Sales, Augusto Cavadi e Rosario Giuè; saggisti come Vincenzo Ceruso e Bianca Stancanelli; tanti giornalisti fra i quali i vaticanisti Orazio La Rocca e Paolo Rodari, Piero Melati, Daniele Billitteri e Salvatore Cusimano; alcuni sacerdoti come don Pino Demasi e padre Giovanni Ladiana, don Paolo dell'Aversana e don Cosimo Scordato e Mario Torcivia. C'è un intervento anche dell'ex presidente della commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, un altro dell'arcivescovo di Monreale Michele Pennisi.
Un ringraziamento particolare va al nostro collega Raffaele Sardo che ha raccolto per noi preziose testimonianze dalla Campania.

Da - http://mafie.blogautore.repubblica.it/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P38-S1.6-T1
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