WALTER VELTRONI ...
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Il segretario: contro di noi attacchi strumentali
Veltroni commissaria le regioni «Questo non è il mio partito»
Brutti in Abruzzo, un fedelissimo in Sardegna. Timori pd: mollati dai giudici?
«Questo non è il mio Pd»: Walter Veltroni, scuote la testa mentre si accavallano notizie vere, false o verosimili sulle traversie giudiziarie del Partito democratico. In ogni regione o quasi c'è una brutta storia che coinvolge ex margheritini ed ex diesse. Il segretario è convinto che per uscirne ci sia una sola strada, quella di costruirlo sul serio il "suo" Pd, di dare vita a un «soggetto politico veramente nuovo».
La «sfida», per il leader del Pd, è quella di intraprendere un «percorso innovativo». Tradotto dal politichese: è necessaria la promozione di «nuove generazioni in politica». La classe dirigente deve «rinnovarsi». E lì dove ha sbagliato deve pagare. Per questa ragione Veltroni sta preparando i commissariamenti del Pd abruzzese e di quello sardo. E non è escluso che se dovessero rivelarsi vere le voci sulla Basilicata e la Calabria si possa adottare la stessa soluzione anche per queste due regioni. In Abruzzo dovrebbe arrivare come commissario Massimo Brutti, che è stato uno dei responsabili del settore Giustizia dei Ds e che con i magistrati ha buoni rapporti. In Sardegna, invece, potrebbe sbarcare Michele Meta, oppure il portavoce del Pd Andrea Orlando, entrambi veltroniani di ferro. Dunque Veltroni, che ieri era ancora più pallido del solito, tenta di ribaltare la situazione, sebbene sappia che sarà un'impresa difficile. Anche perché si è andato convincendo che vi sono degli attacchi «strumentali e delegittimanti nei confronti del Pd» a cui i media «stanno dando grande risonanza ». Ciò detto, il segretario del Partito democratico si rende perfettamente conto che la percezione dei cittadini è quella di trovarsi di fronte a una politica «brutta» e «opaca». Ed è innegabile che esista quella che al Pd preferiscono il più delle volte chiamare «questione democratica» e non morale. Si tratta di una questione che deve essere risolta dalla «nuova politica », altrimenti non ci si può poi lamentare dell'invasione dei magistrati in «sfere che non sono di loro competenza». Già, i magistrati: Veltroni e gli altri alti dirigenti del Partito democratico non osano attaccarli, ma ieri, nel Transatlantico di Montecitorio, erano molti i parlamentari, divisi in diversi capannelli, che si domandavano il perché di questa offensiva giudiziaria nei confronti del Pd. Il tutto mentre i deputati delle regioni che stanno per finire nuovamente nel mirino della magistratura si riunivano tra di loro per cercare di fare il punto della situazione: su un divanetto il segretario del Pd calabrese, il ministro ombra Marco Minniti, parlava fitto fitto con la vedova Fortugno; davanti all'Aula, invece, il segretario provinciale di Napoli, Luigi Nicolais, prendeva sottobraccio i parlamentari campani. Clima plumbeo, a Montecitorio. In Transatlantico il pd Francesco Tempestini, ex socialista, faceva il paragone tra la Tangentopoli del '92 e quella attuale: «Noi del Psi eravamo per il cambiamento del sistema, con metodi leciti e illeciti, e venimmo colpiti. Adesso la situazione è diversa, questo Pd è per la conservazione, eppure i giudici gli stanno dando addosso lo stesso. Forse perché vedono che è un partito che non difende i propri uomini, e la vicenda di Del Turco è un esempio, forse anche perché non c'è più un uomo forte come Luciano Violante che tratta con i magistrati. L'intervista al Corriere della Sera di Gustavo Zagrebelsky era significativa, da questo punto di vista: era il segnale che quel settore dei giudici che era in sintonia con i Ds ha mollato il Pd».
Su un divano Maria Paola Merloni si porta più avanti nei ragionamenti. E spiega a un compagno di partito: «Secondo me dietro tutte queste inchieste giudiziarie che riguardano il Pd c'è Antonio Di Pietro, che peraltro è l'unico che ci guadagna. Forse la magistratura ha scelto il suo partito come il nuovo referente». L'interlocutore della Merloni è il ministro ombra Andrea Martella. Ha l'aria di non essersi ancora convinto di come stiano veramente le cose: «Devo rifletterci, ma l'altra sera, quando ho visto Di Pietro a Porta a Porta, ho avuto l'impressione che il leader dell'Italia dei Valori stia pensando di candidarsi alla premiership del centrosinistra alle prossime elezioni». E a proposito di future leadership, ecco che a sera arriva alla Camera dei deputati Renato Soru, presidente dimissionario della Giunta regionale sarda, che si apparta con il capogruppo Antonello Soro. Si è fatto il suo nome come possibile futuro leader del Pd. Soru, però, sembra avere altri problemi: quelli della sua Regione e della sua ricandidatura. Ma l'arrivo del "governatore" della Sardegna dà la stura a nuovi boatos che rimbalzano da un lato all'altro del Transatlantico. Sì, perché nell'impazzimento di voci che scuote il Pd c'è anche un'indiscrezione che vorrebbe Veltroni sempre più a rischio. Ma il coordinatore dell'esecutivo Goffredo Bettini su questo punto è fermo: «Walter ha avuto un'investitura fortissima. La sua leadership, per le forme stesse in cui è stato eletto, cioè le primarie, incarna il Partito democratico». Punto e basta. Del resto, anche nell'ultimo sondaggio che dà in ulteriore calo il Pd, la popolarità di Veltroni invece continua a salire ed è 9,7 punti in percentuale sopra il suo stesso partito.
Maria Teresa Meli
17 dicembre 2008
da corriere.it
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Veltroni: «Via i capi bastone dal Pd»
D'Alema: «Nessun dualismo con Walter»
Il leader Pd: preferisco perdere voti, ma voglio gente perbene
ROMA (20 dicembre) - All'indomani della direzione del Pd, Walter Veltroni all'assemblea dei giovani democratici puntualizza: «Voglio un partito sano e perbene, gli altri fuori». Veltroni risponde anche a Massimo D'Alema che parlando delle alleanze del Pd aveva usato l'espressione «amalgama malriuscito».
«L'amalgama - spiega Veltroni - è riuscita già alle elezioni politiche, prima alle primarie e prima ancora con l'incontro di due culture ed esperienze diverse. L'alternativa al Pd è un ritorno al passato, un ritorno a due partiti uno al 16% ed un altro al 9%, in questo modo la sfida riformista diventa più difficile». D'Alema anche ha chiarito le dichiarazioni di ieri: con Veltroni non c'è nessun dualismo, dalla direzione del Pd è emerso un rinnovato mandato al leader del Pd.
«Partito sano». «Dirò una cosa che in politica non si dovrebbe dire - spiega il leader del Pd - ma io preferisco perdere voti ed avere un partito sano e perbene piuttosto che avere dei capi bastone che portano voti. Voglio un partito sano e perbene, gli altri fuori». Rivolto proprio ai giovani del Pd, il segretario aggiunge: «Quello che vi chiedo è di essere liberi intellettualmente perché il correntismo è una malattia che deve essere combattuta».
«Da direzione a segretario mandato sano». Veltroni sottolinea che dalla riunione di ieri sia venuto «un mandato chiaro al segretario».
Le alleanze. Veltroni sottolinea l'esigenza di una stagione riformista in Italia e sul tema delle alleanze spiega che nel nostro paese non c'è solo il problema di «trovare la giusta combinazione per fare un altro governo che duri 5 anni», ma serve «una profonda coesione politica per poter dare risposte ai problemi reali». Non si cambia l'Italia facendo un'allenza «che va da chi ha fatto l'Isola dei Famosi fino a Lamberto Dini non cambiamo l'Italia».
D'Alema: nessun dualismo con Veltroni. D'Alema chiarisce la sua posizione nei confronti di Veltroni criticando «la rappresentazione che alcuni giornali hanno dato». «Ieri - ha detto c'è stata una assai significativa e ampia discussione politica, con molte voci, che non può essere ridotta alla stucchevole rappresentazione di un dualismo, che non c'è, tra Veltroni e D'Alema».
«Al di là di valutazioni critiche che sono emerse nel corso del dibattito sulla situazione del partito - prosegue - il vero risultato nuovo della direzione di ieri è stato la convergenza intorno ad un documento unitario e il rinnovato mandato a Walter Veltroni per rilanciare il progetto e l'iniziativa del Pd di fronte alla grave crisi del Paese e alla drammatica inadeguatezza del governo».
L'attacco di Veltroni a Berlusconi. «Berlusconi -spiega il leader del Pd - è responsabile degli ultimi 15 anni della situazione di questo Paese. Lui, nel 2009 sarà all'ottavo anno di governo e quando non era capo dell'esecutivo era capo dell'opposizione, ma ogni volta fa finta di venire da un altro pianeta, come se tutto quello che succede nel nostro Paese non lo riguardi».
da ilmessaggero.it
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L'IdV: «Sulle alleanze chiediamo chiarezza»
Veltroni: «Voglio un Pd sano»
E D'Alema: nessun dualismo con Walter
Il leader Pd: «Fuori i capibastone. Voglio gente perbene»
'ex premier: «Sui giornali una spaccatura che non c'è»
ROMA - «Dirò una cosa che in politica non si dovrebbe dire, ma io preferisco perdere voti ed avere un partito sano e perbene piuttosto che avere dei capibastone che portano voti. Voglio un partito sano e perbene, gli altri fuori». All'indomani della direzione del Pd , il segretario dei democratici torna sulla questione morale nel suo intervento alla prima assemblea nazionale dei giovani Democratici. «Quello che vi chiedo è di essere liberi intellettualmente perché il correntismo è una malattia che deve essere combattuta» ha detto Veltroni rivolgendosi alla platea. Poi un attacco al premier Silvio Berlusconi. «È responsabile degli ultimi 15 anni della situazione di questo Paese. Lui, nel 2009 sarà all'ottavo anno di governo e quando non era capo dell'esecutivo era capo dell'opposizione, ma ogni volta fa finta di venire da un altro pianeta, come se tutto quello che succede nel nostro Paese non lo riguardi» ha detto il leader del Pd.
D'ALEMA - Replicando indirettamente a Massimo D'Alema che venerdì aveva parlato del Pd come di un «amalgama malriuscito», Veltroni ha voluto specificare che «l'amalgama è riuscito già alle elezioni politiche, prima alle primarie e prima ancora con l'incontro di due culture ed esperienze diverse. L'alternativa al Pd è un ritorno al passato, un ritorno a due partiti uno al 16% ed un altro al 9%, in questo modo la sfida riformista diventa più difficile». Proprio D'Alema era tornato in mattinata sul rapporto con il segretario dei democratici, sottolineando che «con Veltroni non c'è nessun dualismo» e anzi denunciando «una rappresentazione sorprendente e distorta» offerta da «taluni giornali» della riunione di venerdì e del suo rapporto con il leader del Partito democratico.
«UNITI CON WALTER» - D'Alema ha voluto precisare che «al di là di valutazioni critiche che sono emerse nel corso del dibattito sulla situazione del partito, il vero risultato nuovo della direzione di ieri è stato la convergenza intorno ad un documento unitario e il rinnovato mandato a Walter Veltroni per rilanciare il progetto e l'iniziativa del Pd di fronte alla grave crisi del Paese e alla drammatica inadeguatezza del governo». «Voglio infine rilevare - conclude la nota di D'Alema - che ieri c'è stata una assai significativa e ampia discussione politica, con molte voci, che non può essere ridotta alla stucchevole rappresentazione di un dualismo, che non c'è, tra Veltroni e D'Alema».
«BASTA TENTENNAMENTI SULLE ALLEANZE» - Dipietristi in pressing, nel frattempo sulle alleanze. «Per Italia dei Valori l'alleanza con il Pd è strategica e non negoziabile. È ora però che il Pd la smetta con i tentennamenti sulle alleanze» dice in una nota Massimo Donadi, presidente dei deputati dell'Italia dei Valori. «Se ci sono problemi - prosegue - sediamoci intorno ad un tavolo e confrontiamoci, per ritrovare le ragioni profonde di un'alleanza per il Governo del Paese».
20 dicembre 2008
da corriere.it
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30/1/2009 - LA CRISI
Da Torino un salto in avanti
WALTER VELTRONI
Caro direttore,
partire da Torino non è un caso. L’ho fatto, al Lingotto, quando ho lanciato la mia corsa alla nascita del Partito democratico. Ci torno oggi come prima tappa di un viaggio in Italia che ha proprio lo scopo di riprendere quei fili e di tornare ad ascoltare e parlare col Paese. Ma oggi ci torno in un clima economico del tutto diverso. La crisi colpisce duro qui come nel resto del Paese.
E colpisce direttamente le persone e le imprese, i redditi e il lavoro. L’impressione è che davanti all’arrivo di questo terremoto il governo abbia a lungo atteso, abbia poi tirato fuori misure del tutto inadeguate e anche sull’auto - tema centrale in questa città, ma anche cardine di un serio contrasto alla crisi, come ci dicono le mosse di Obama, di Angela Merkel o di Sarkozy - arriviamo per ultimi senza avere da parte del governo ancora le idee chiare.
Quando dico queste cose, quando polemizzo con le drammatiche sottovalutazioni del governo e del premier in prima persona, mi sento accusare di pessimismo. No, credo sia vero il contrario. Credo che la crisi vada affrontata con tutti gli strumenti e con tutte le idee nuove: a queste condizioni può essere persino una opportunità di cambiamento. E io so che l’Italia in questa temperie può dare il meglio di sé. Prendete Torino. Dentro una grande crisi che poteva portare la città al declino nel corso degli ultimi due decenni è stata capace di diversificare la sua struttura produttiva. Oggi, una miriade di piccolissime, piccole e medie imprese innovative della manifattura e dei servizi è parte di filiere produttive lunghe ed internazionalizzate. L’economia creativa è sempre più diffusa sul territorio, segue sia percorsi autonomi, sia strade integrate nelle attività storicamente distintive dell’identità industriale della città. Dentro questo quadro l’auto, nonostante il ridimensionamento seguito alla chiusura del ciclo fordista, è fondamentale non solo per Torino, ma per tutto il Paese. Non solo perché tra attività dirette ed indirette genera oltre l’11 per cento del Pil italiano. Ma, soprattutto, perché è l’opportunità per sviluppare e diffondere sul territorio saperi, professionalità, attività ad alto contenuto di innovazione.
Eppure la crisi qui morde duramente e la Fiat parla del rischio di un ridimensionamento radicale specie in termini di occupazione. La crisi determina un’accelerazione della ristrutturazione del mercato dell’auto, per numero di produttori indipendenti, per organizzazione dei processi produttivi, per caratteristiche dei prodotti. Per questo bisogna dare risposte che guardino al futuro, non tentare, inutilmente, di preservare il passato. Devono, inoltre, guardare agli interessi generali dell’Italia. Bisogna avere uno sguardo europeo, sfuggendo ogni protezionismo che pure si riaffaccia (penso alla Francia), ma dando risposte continentali o capaci di stare sui mercati mondiali. Mi è capitato di parlare recentemente di «green economy»: traducendolo vuol dire sostenere la domanda e l’offerta di auto ad elevata compatibilità ecologica, incentivi ai consorzi università-imprese ed alle imprese per la produzione di motori e veicoli ad impatto energetico ed ambientale minimo.
Nessun intervento settoriale, però, ha senso se non viene inquadrato dentro una politica economica all’altezza della crisi. Quindi, la politica economica del governo deve cambiare radicalmente orientamento e passo. La situazione della nostra finanza pubblica non può essere l’alibi per politiche di soli annunci: dove sono gli ammortizzatori sociali? Dove sono gli interventi per assicurare il credito alle imprese? Noi chiediamo proprio sugli ammortizzatori sociali una rivoluzione, un sostegno al reddito di chi perde il lavoro che copra anche i precari e che riaccompagni - attraverso la formazione - verso il lavoro. Come abbiamo proposto di usare la leva fiscale per le famiglie coi redditi bassi, specie quelle con figli. E sul versante delle imprese garantire che le pubbliche amministrazioni paghino i loro debiti anche creando un fondo straordinario. Investire nel Sud, riprendere le opere pubbliche che rischiano di fermarsi proprio mentre il Paese paga il prezzo più alto dei suoi ritardi. Dalle crisi si può uscire solo in due modi. O con un salto in avanti che ti fa portare oltre il meglio, che ti fa trovare le soluzioni ai vecchi problemi, alle vecchie incrostazioni. O imboccando la strada del declino. Torino questo lo sa bene. Per questo comincio da qui questo nuovo viaggio.
da lastampa.it
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30/1/2009 (14:47) - IL CASO
Europee, Veltroni contestato a Torino
Il leader del Pd ha inaugurato la sede piemontese del partito: «Se la sinistra si unirà raggiungerà ampiamente la soglia del 4%»
TORINO
Il segretario del Pd, Walter Veltroni, contestato a Torino per la posizione dei democratici sulla soglia di sbarramento al 4 per cento alle europee, ha incontrato esponenti di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani che lo hanno atteso per l’inaugurazione della nuova sede del Partito democratico piemontese a Torino e ha auspicato che la sinistra radicale si unisca in vista delle elezioni perché così facendo «supererà ampiamente il 4 per cento».
«Abbiamo avuto uno scambio serio e amichevole - ha detto dopo aver incontrato i manifestanti - e gli ho spiegato quello in cui noi crediamo: che la legge italiana deve essere come quella degli altri paesi europei. Se in Francia e in Germania c’è una soglia al 5 per cento, se in Inghilterra lo sbarramento reale è al 9 per cento, l’Italia non può arrivare (a Strasburgo, ndr) con decine di gruppi politici. E poi - ha aggiunto Veltroni - mi auguro veramente che la sinistra radicale italiana si ritrovi in una dialettica più interna che di frammentazione perché una forza unita ovviamente supererà ampiamente il 4 per cento, come successo in Francia e in Germania».
L’introduzione dello sbarramento del 4% per le elezioni europee continua far discutere le forze politiche, con i "piccoli", di destra e di sinistra, che contestano l’intesa raggiunta due giorni fa tra Pd e Pdl. La vice capogruppo alla Camera del Pd, Marina Sereni, si è rivolta proprio ai partiti minori della sinistra che rischierebbero di restare fuori dal Parlamento di Strasburgo sottolineando che l’introduzione di uno sbarramento del 4%, mantenendo le preferenze, «corrisponde alla richiesta che viene dai cittadini per un sistema dei partiti meno frantumato e per restituire all’elettore la possibilità di scegliere il proprio parlamentare. Anzichè attaccarci - continua - le forze alla sinistra del Pd dovrebbero costruire le condizioni di un’aggregazione che possa dare voce al loro elettorato. Per parte nostra - aggiunge - se sarà introdotto lo sbarramento, credo dovremo essere disponibili ad aprire le nostre liste ad altre forze riformiste».
Ma le manovre di aggregazione a sinistra non sembrano facili: Riccardo Nencini, segretario dei Socialisti, avanza l’ipotesi di una «alleanza che vada dai Radicali al movimento di Vendola, dai Verdi a Sinistra Democratica» e Oliviero Diliberto sottolinea che «sono in corso intensissimi colloqui con i dirigenti di altri partiti» e si dice «ottimista» riguardo all’ipotesi di correre sotto un unico simbolo alle prossime elezioni europee. Ma il Verde Paolo Cento fa sapere che il Sole che ride non starà mai all’interno di una colazione che abbia come simbolo la falce e il martello e boccia come vetusta la proposta di Diliberto.
Le critiche all’accordo continuano ad arrivare da sinistra con il segretario di Sd, Claudio Fava, che ribadisce «l’errore politico» dell’accordo sullo sbarramento e denuncia «il baratto» che i due principali partiti avrebbero portato a termine. Ma anche La Destra, con Teodoro Buontempo, denuncia il fatto che «Pd e Pdl vogliono impedire la raccolta delle firme» per permettere ai partiti più piccoli di correre alle elezioni di giugno.
da lastampa.it
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