RESET Europe: la partita si apre ora, la posta in gioco sono le elezioni del 2019Pubblicato il 19/03/2017
MONICA FRASSONI*
Finalmente si anima un po’ la discussione e l’informazione intorno ai 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma, che istituirono la CEE.
E anche i Verdi europei saranno a Roma, con una delegazione multicolore che parteciperà a molte delle iniziative in campo, dalla Marcia federalista a quella dei movimenti associativi “La Nostra Europa” che si uniranno al Colosseo il 25 marzo, ai dibattiti con altri partiti pro-europei e italiani, in qualche caso lontani dalle nostre idee, ma uniti in quella che deve essere comunque una festa, perché questi 60 anni, con tutti i loro limiti, sono da celebrare; e diremo la nostra anche alla Manifestazione di DIEM25 convocata da Yannis Varoufakis in una serata che siamo sicuri sarà di dibattito aperto e diversificato e non di conta di “seguaci”. Tra l’altro, di partiti trans-nazionali ne esistono già e il Partito Verde europeo, fondato proprio a Roma come tale nel 2004 sulla base di una Federazione di partiti nazionali, ha interpretato da tempo questa funzione, con organi politici comuni, campagne comuni, l’elezione di eurodeputati di nazionalità diversa che il loro paese di origine, un manifesto e addirittura le prime primarie trans-europee per la nomina del candidato/a alla Presidenza della Commissione europea, vinta nel 2014 da Ska Keller, che sarà con noi a Roma. In questa fase, non serve mettere la propria bandierina su un processo che DEVE rimanere flessibile e aperto, perché sappiamo già che si dovrà adattare alle realtà politiche e alle regole elettorali dei diversi paesi; però si deve subito essere chiari sull’obiettivo: le elezioni europee del 2019.
A meno che Trump decida di schiacciare il bottone nucleare prima, abbiamo un po’ più di due anni per “occupare” l’Europa. E’ arrivato il momento di essere precisi quando si parla di che cosa diavolo vuole dire discutere di un’altra Europa. Escluderei subito scorciatoie illusorie che pensano che per risolvere il problema sia necessario uscire dall’ euro o abbattere la Commissione. Per due motivi: la storia insegna che se spingi per rompere alla fine fai il gioco di chi vuole distruggere. E oggi ce ne sono molti, Trump e Trumpini europei testa. In secondo luogo perché si tratta di un’azione di distrazione di massa: l’uscita dall’euro sarebbe una rottura dell’UE e i conflitti economici e politici tra i membri della UE esploderebbero senza alcuna possibilità di arginarli. Però non vinceremo neanche agitando la bandiera Europa o parlando di quanto è bello Erasmus.
Dobbiamo sfidare l’europeismo istituzionale, ponendoci come chiara alternativa a un conformismo che oggi non attira più nessuno, perché politiche “austere” hanno raffreddato il sogno. Insomma il messaggio è che non si battono i cambiamenti climatici, non si limita l’influenza di Putin, non ci si assicura la fine di elusione ed evasione fiscale, non si gestisce il flusso di chi fugge da guerra e povertà, non si costruiscono società aperte ma sicure, insomma non si realizzano obiettivi “rivoluzionari” rinchiudendosi nei nostri confini. Questo si, sarebbe rinunciare del tutto alla nostra sovranità e legarsi mani e piedi al carro dei portatori di false soluzioni o a quello di leader e autocrati stranieri, dai cinesi a Trump. In politica, ma anche nella società, nella cultura, tra gli attori economici, il nostro futuro è stare nel campo aperto di chi vuole cambiare il mondo e non nella scatoletta omogenea e paurosa dei Salvini italiani ed europei.
*co-Presidente Partito Verde Europeo
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