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Autore Discussione: Salva banche: ecco perché sono stati toccati i risparmi (DEI CITTADINI).  (Letto 2707 volte)
Arlecchino
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« inserito:: Dicembre 04, 2015, 07:23:45 pm »

Salva banche: ecco perché sono stati toccati i risparmi
Per la prima volta in Italia la risoluzione di quattro banche ha coinvolto in maniera massiccia gli obbligazionisti subordinati.
E dal 2016, con il bail-in pienamente operativo, potrà riguardare anche obbligazionisti senior e conti corrente sopra i 100mila euro

Di RAFFAELE RICCIARDI
04 dicembre 2015
   
MILANO - Per la prima volta, in Italia, quattro banche - Carife, CariChieti, Banca Etruria e Banca Marche - sono state "risolte" con un meccanismo che anticipa in parte il bail-in ('salvataggio interno') che entrerà in vigore dal 1° gennaio prossimo e in parte ricorre al vecchio bail-out ('salvataggio esterno'), già andato in scena durante la crisi finanziaria, ma questa volta senza prevedere l'iniezione diretta di soldi pubblici nel capitale delle banche in difficoltà (fatte salve le esenzioni fiscali sui contributi versati dalle banche 'salvatrici').

Il primo aspetto è quello che coinvolge direttamente i risparmiatori. Nel decreto di salvataggio si prevede che le azioni e le obbligazioni subordinate delle 'vecchie' banche siano interamente svalutate: sono diventati pezzi di carta. E rappresentano quindi una perdita al 100% per chi le ha sottoscritte. In questi quattro casi, dal punto di vista del capitale, dati che risalgono anche al 2012 indicano 2 miliardi di euro di azioni azzerate (secondo Moody's). Sono poi coinvolti 788 milioni di euro di obbligazioni subordinate. Sono strumenti che, in caso di difficoltà dell'emittente, prevedono il rimborso del capitale solo 'in subordine' rispetto ad altri titoli, cioè le obbligazioni 'senior', che hanno un grado di protezione maggiore. Il problema che emerge dalle testimonianze raccolte è che ben pochi dei sottoscrittori di queste obbligazioni erano a conoscenza del rischio al quale andavano incontro.

Dopo che azioni e obbligazioni hanno assorbito le perdite, i crediti in sofferenza (cioè morosi) delle vecchie banche sono stati svalutati: da 8,5 miliardi, il loro valore è stato abbattuto a 1,5 miliardi (il 17% circa del valore originario, un dato di gran lunga inferiore al valore medio di copertura delle sofferenze in Italia). Sono poi stati trasferiti in una bad bank, una "banca cattiva" che non ha la licenza per l'attività tradizionale: è una scatola per le sofferenze, per venderle a operatori specializzati, sperando di recuperare i denari in gioco. Gli altri attivi delle vecchie banche, cioè le parti buone, sono finite in quattro nuove entità, dotate di un capitale necessario per operare, in vista della loro cessione. Le risorse necessarie a queste operazioni, circa 3,6 miliardi, sono arrivate dal sistema bancario attraverso un Fondo di risoluzione, al quale torneranno i proventi della vendita dei crediti in sofferenza e delle banche risanate. Per questo alcuni parlano ancora di bail-out, salvataggio da fuori, ma senza soldi diretti dei contribuenti (come era invece accaduto in alcuni Paesi, durante la crisi, quando gli Stati avevano messo direttamente capitali nelle banche in crisi).

La Commissione Ue ha accertato comunque che ci sono aiuti di Stato, ma in una misura tale da non generare una distorsione del mercato e quindi ha dato il via libera all'operazione. Per di più, su una parte di quei fondi (1,65 miliardi di finanziamento delle maggiori banche), c'è una garanzia della Cdp che scatterà se il Fondo di risoluzione non sarà capiente per rimborsare quella linea di credito, alla scadenza tra un anno e mezzo.

La morale della vicenda è tirata da un report di Moody's: è la prima volta che gli obbligazionisti subordinati subiscono un azzeramento del loro capitale, in queste proporzioni, per l'Italia. "Visto che molti investitori erano piccoli e privati, ciò potrà accrescere la consapevolezza - tra il retail - della rischiosità dei meccanismi di risoluzione per gli obbligazionisti, irrigidendo ulteriormente la vendita di bond attraverso la rete di filiali a vantaggio dei depositi, maggiormente garantiti". Una lezione amara, che in molti sperimentano sulla pelle. Senza considerare, poi, che dal 2016 il meccanismo del 'salvataggio interno' si dispiegherà in tutta la sua forma, colpendo potenzialmente anche altri soggetti interessati alla banca.

Se, un domani, una banca in difficoltà non avrà un piano di risanamento ritenuto consono dall'Autorità, la ristrutturazione peserà (fino all'8% delle passività della banca in questione) su, nell'ordine: azionisti, obbligazionisti 'junior' (meno garantiti, i subordinati già chiamati a pagare con le quattro banche in questione), obbligazionisti 'senior' e correntisti oltre 100mila euro. Se ancora ciò non fosse sufficiente, interverrà il Fondo unico di risoluzione per un ammontare fino al 5% della banca in crisi. Cosa significa questo? Uno studio recentemente commissionato dal Parlamento europeo ha simulato cosa sarebbe accaduto se le regole del bail-in fossero state valide durante la crisi finanziaria tra il 2007 e il 2014. Su un campione di 72 banche salvate, che hanno totalizzato perdite per 313 miliardi, 153 miliardi sarebbero stati assorbiti con i fondi propri e il coinvolgimento dei creditori. Nei fatti, invece, i salvataggi andati in scena in passato, con i soldi pubblici, hanno spalmato su tutti i cittadini il costo degli errori di manager e stakeholder.
Il bail-in è nato proprio per evitare questa ingiustizia di fondo, ma agli obbligazionisti inconsapevoli delle banche salvate non sembra certo vero.

© Riproduzione riservata
04 dicembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/12/04/news/salva_banche_ecco_cosa_e_successo_agli_investitori-128714089/?ref=HRER1-1
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 04, 2015, 07:25:52 pm »

Banche, tutti i bachi del salvataggio che resteranno senza soluzione grazie all’inserimento nella manovra
Se il decreto salva-banche non verrà modificato in sede di conversione le categorie di investitori che hanno subìto l’azzeramento del capitale non riceveranno alcuna forma di indennizzo al contrario degli istituti che hanno anticipato i soldi.
Incertezza e opacità, intanto, sulle valutazioni delle attività e passività delle quattro banche "salvate"


Di Paolo Fior | 1 dicembre 2015

La Camera ha respinto le questioni pregiudiziali poste dalle opposizioni sul cosiddetto decreto salva-banche, ma il caso è lungi dall’essere chiuso perché la questione della tutela dei risparmiatori che in questi giorni hanno perso l’intero capitale è estremamente concreta, riguarda migliaia di famiglie e rischia di avere effetti dirompenti sulla fiducia nel sistema bancario. Il meccanismo di risoluzione adottato per risolvere la crisi di Banca delle Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti non prevede al momento alcun tipo di compensazione né per i titolari di obbligazioni subordinate che si sono visti azzerare da un giorno con l’altro il capitale investito, né tantomeno per gli azionisti delle quattro banche. Interpellata in merito, la Banca d’Italia ha precisato che eventuali plusvalenze generate dalla cessione dei crediti in capo alla bad bank andranno a beneficio della bad bank stessa e del Fondo di risoluzione che, dopo aver restituito i finanziamenti ricevuti, destinerà l’eventuale residuo alle attività istituzionali.

Dunque, qualora il decreto salva-banche non venga modificato in sede di conversione (cosa che sembra altamente improbabile vista l’intenzione del governo di inserirlo nella legge di Stabilità), le categorie di investitori che hanno subìto l’azzeramento del capitale non riceveranno alcuna forma di indennizzo, a differenza delle banche che partecipano al salvataggio e che – proprio grazie a un emendamento del governo alla stessa manovra – vedrebbero invece aumentare dal 96 al 100% la deducibilità Ires degli interessi passivi.

Sul fronte della trasparenza della procedura c’è ancora molto da fare: al momento le valutazioni sulle attività e passività delle quattro banche sono state fatte in via provvisoria dall’Autorità di risoluzione, ossia dalla Banca d’Italia, che ha stabilito il valore dei rami aziendali ceduti alle banche-ponte e quello dei crediti in sofferenza conferiti alla bad bank. Una seconda valutazione, sempre provvisoria, ha stimato il valore delle banche nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa “al fine di verificare che il trattamento riservato ad azionisti e creditori subordinati non sia peggiore rispetto a quello che avrebbero ottenuto in caso di liquidazione coatta”.

Ma si tratta appunto ancora di valutazioni provvisorie effettuate dalla stessa Autorità di risoluzione. Da Via Nazionale informano che nei prossimi giorni verranno affidate a soggetti indipendenti le valutazioni definitive, ma ancora non sono stati stabiliti i criteri di selezione di questi soggetti. Verosimilmente si tratterà di società di revisione, con il rischio – piuttosto elevato – di conflitti d’interesse e di scarsa terzietà, dato anche l’asfittico panorama italiano dove girano sempre le solite società e i soliti revisori. Sembra certo, invece, che per il conferimento dell’incarico verrà bandita una gara.

Resta tuttavia da capire cosa accadrà qualora le valutazioni indipendenti risultassero difformi rispetto a quelle provvisorie: è questo un punto particolarmente delicato e già sollevato all’indomani del varo del decreto salva-banche da diversi azionisti e obbligazionisti, tra cui anche molte Fondazioni bancarie, secondo cui le valutazioni effettuate dall’Autorità di risoluzione sono eccessivamente penalizzanti. Se questo giudizio venisse confermato dalle valutazioni indipendenti si porrà il problema di compensare azionisti e obbligazionisti, ma ancora non si sa come, in che forme e con quali tempi e ciò è piuttosto paradossale a fronte di una procedura che chiede invece agli investitori e ai depositanti di farsi carico da subito e in prima persona del salvataggio delle banche in crisi. Mancano insomma certezze sulle tutele sia per quanto riguarda i salvataggi in corso, sia eventuali nuove procedure.

A questo punto l’unica via percorribile dai piccoli risparmiatori pare quella dell’azione giudiziaria: “Si tratta per lo più di persone con età elevata – ha dichiarato il presidente di Federconsumatori Arezzo – che hanno investito il proprio Tfr o i risparmi della pensione. Noi chiediamo loro i documenti relativi alle obbligazioni per ricostruire ogni singola posizione. Si tratta di una situazione estremamente preoccupante dal momento che la banca (Popolare Etruria, ndr) ha venduto titoli subordinati ad una vastissima platea”. Lo stesso dicasi per le altre tre banche. Una questione quella del collocamento dei titoli che non chiama in causa solo la dirigenza degli istituti di credito, ma anche le autorità di controllo (Consob e Banca d’Italia) che avrebbero dovuto vigilare anziché chiudere tutti e due gli occhi come hanno invece fatto.
Di Paolo Fior | 1 dicembre 2015

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/01/banche-tutti-i-bachi-del-salvataggio-che-resteranno-senza-soluzione-grazie-allinserimento-nella-manovra/2269180/
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