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Autore Discussione: GIULIANO BALESTRERI Francia, Germania e Grecia lavorano a un'intesa comune, ma..  (Letto 4084 volte)
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« inserito:: Luglio 12, 2015, 10:54:36 am »

Eurogruppo valuta piano Atene: manca fiducia.
Berlino non esclude Grexit per cinque anni
Vertice fiume dei ministri finanziari a Bruxelles.
Durissimo Schaeuble: "Proposte poco credibili".
E ipotizza due strade: time out a tempo o 50 miliardi asset Grecia in fondo trust.
Stop Ue: "Infattibile e senza senso"

Di GIULIANO BALESTRERI e MICHELA SCACCHIOLI

MILANO - "Proposte poco credibili. Diremo ai colleghi greci che non hanno fatto nulla per rafforzare la fiducia". La trattativa per salvare la Grecia è una corsa in salita e con tanto di ostacoli. Berlino gela così il piano da 12 miliardi presentato da Atene all'ex Troika e fa anche di più per dissolvere l'atmosfera di ottimismo delle ultime 48 ore: non esclude una Grexit (uscita dall'euro) di cinque anni. Uno stop a tempo durante il quale Atene potrebbe ristrutturare il proprio debito. È quello che scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung citando un documento del ministero delle Finanze tedesco (che nelle ore successive non smentisce) inviato agli altri Paesi dell'area euro nel quale si prevedono due strade.

L'alternativa al time out temporaneo è che la Grecia migliori le sue proposte in maniera rapida ed esaustiva, procedendo al varo di riforme con il pieno sostegno del parlamento. Ma questo non basterebbe a Berlino che vorrebbe un sistema tangibile per "assicurare" almeno parte degli aiuti che la Grecia continua a percepire: la creazione di un fondo fiduciario da 50 miliardi di euro in cui trasferire beni da privatizzare e che servirebbe per riscattare il debito. Il portavoce del premier greco Alexis Tsipras, però, si affretta a negare la proposta sui social mentre secondo fonti Ue un'ipotesi del genere - la sospensione per 5 anni - sarebbe "legalmente infattibile e senza senso".

Tra imbarazzi e freddezze, ora la resa dei conti è tutta politica. Il piano di Atene è, sì, per molti tecnici "una buona base di partenza", ma non sufficiente a sbloccare il terzo giro di aiuti internazionali da 74 miliardi di euro per evitare il fallimento della Grecia e il rilancio del Paese. Insomma, serviranno "misure supplementari" per raggiungere gli obiettivi di bilancio, ma soprattutto serviranno maggiori riforme rispetto a quelle promesse dal premier Tsipras. Stamani sempre la Faz frenava con queste parole gli ottimisti che speravano in un rapido accordo durante l'Eurogruppo iniziato oggi pomeriggio a Bruxelles con mezz'ora di ritardo, come confermato via Twitter dal ministro delle Finanze finlandese, Alexander Stubb.

Peraltro, è stato lo stesso ministro dell'Economia italiano, Pier Carlo Padoan, a parlare di "cammino non facilissimo" e a dire: "Non siamo qui per concludere un negoziato stasera". Peggio, il fatto che il piano Tsipras abbia ottenuto il via libera del Parlamento greco con i voti dell'opposizione e spaccando la maggioranza di governo preoccupa molti Esecutivi: "Difficile portare avanti le riforme senza un ampio consenso" ha avvisato il titolare dell'Economia irlandese Michel Noonan. Poco ma sicuro, l'incontro fiume di oggi non basterà a raggiungere un'intesa: il destino di Atene sarà rinviato alla riunione di domani del Consiglio europeo quando i capi di Stato e di governo dei 28 dovranno decidere quale strada percorrere.

Questione di fiducia. Oggi, a pochi minuti dall'inizio della riunione dei 19 ministri finanziari, è stato il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem a dire che si sarebbe trattato "di un incontro abbastanza difficile, ancora non ci siamo, ci sono molte critiche alle proposte greche sulla sostanza e un grosso problema di fiducia". Il Governo greco, dunque, deve "mostrare grande impegno per ricostruire la fiducia".

Il ruolo della Germania. Il nodo delle trattative riguarda la ristrutturazione del debito complessivo per la quale è necessario un accordo politico che passerà per la volontà dei capi di governo dopo che i ministri delle Finanze avranno fatto le loro valutazioni tecniche. A rompere il silenzio ufficiale della Germania (che per ore si era limitata a dire "l'esito delle trattative è aperto a ogni risultato") nel pomeriggio è il ministro dell'Economia Wolfgang Schaeuble: "Il negoziato - ha spiegato secco - è estremamente difficile" perché le nuove proposte greche presentano "lacune finanziarie. Le promesse non bastano. Sappiamo che un taglio del debito pubblico non è possibile secondo i Trattati". Schaeuble ha spiegato che "il problema prima di tutto è che la situazione, che alla fine dello scorso anno, nonostante tutto lo scetticismo, era incoraggiante, è stata distrutta in modo inconcepibile negli ultimi mesi".

Prova di potere Merkel-Schaeuble. Intanto, la stampa tedesca spiega che il nuovo programma non dovrà essere basato solo sulle "azioni prioritarie" presentate da Atene ma dovrà anche "contenere" indicatori strutturali e quantitativi "per il futuro". La sensazione è che sul futuro di Atene sia stia giocando un'importante partita politica in Germania: da un lato proprio il falco Schaeuble cha avrebbe definito il piano greco "uno scherzo", dall'altro la cancelliera Angela Merkel che lavora per mantenere la Grecia nell'euro. Quasi una 'prova di potere' tra i due.

Berlino boccia raddoppio scadenza debito. La Germania si è opposta a estendere la scadenza dei finanziamenti alla Grecia a 60 anni, come chiesto dal Fmi. Lo riporta il Wall Street Journal citando alcune fonti, secondo le quali il Fondo ritiene che la scadenza dei prestiti dall'area euro andrebbe raddoppiata dagli attuali 30 anni perché così si renderebbe il debito greco più gestibile. Il 'no' tedesco sarebbe arrivato questa mattina durante una riunione ad alto livello in preparazione dell'Eurogruppo. La Germania punterebbe dunque a mantenere al minimo i nuovi aiuti alla Grecia e si troverà probabilmente a scontrarsi con il Fmi. Ma lasciare da parte il Fmi nel nuovo salvataggio creerebbe problemi a Berlino e in altre capitali, dove i parlamenti hanno legato l'approvazione del salvataggio alla partecipazione del Fondo medesimo.
 
I falchi. Tra i più scettici sul piano di Atene ci sono gli olandesi: "Il piano è debole in alcune aree, cominceremo i negoziati quando tutte le condizioni saranno riempite, ma c'è seria preoccupazione sull'attuazione visto che i greci stanno proponendo qualcosa che una settimana fa era stata rigettata al referendum" ha detto il viceministro delle finanze olandese Eric Wiebes. Il vicepresidente della Commissione Ue, Vladis Dombrovskis, riconosce i "chiari progressi" greci, ma sottolinea "perplessità e dubbi" che permangono da parte di vari paesi. Tra i falchi, oltre alla Germania, anche Finlandia e Slovacchia che risultano chiusi al negoziato.

Le colombe. In particolare i falchi vorrebbero un "chiaro intendimento comune su contenuti e tempi degli obblighi" con il governo greco sulle proposte presentate "per avere una base chiara su cui possa essere concordato un programma Esm". A mediare tre le parti ci sono le colombe, con i francesi in prima linea: il ministro delle Finanze, Michel Sapin, sta aiutando la delegazione greca ad apportare alcune correzioni al testo definitivo, mentre il Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, dice: "Il piano di Atene è un gesto significativo". A questo punto è ipotizzabile che si arrivi a uno sblocco dei fondi necessari per rimborsare i debiti in scadenza con il Fmi e la Bce (il prossimo 20 luglio, giorno in cui Atene sarebbe in default se nel frattempo non dovesse ricevere gli aiuti per i rimborsi) e si valutino per gradi i risultati raggiunti dalla Grecia. Tra le colombe, Malta, Cipro, Spagna e Italia.

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11 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/11/news/grecia_eurogruppo_aiuti-118860580/?ref=HREA-1
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« Risposta #1 inserito:: Luglio 12, 2015, 11:27:27 am »

Dijsselbloem: "Atene chiede nuovo salvataggio".
Usa a Ue: "Siate costruttivi"
Il presidente dell'Eurogruppo al termine della riunione: "Domani discuteremo la richiesta di intervento del fondo salva-Stati". La Bce ieri ha confermato la liquidità alle banche greche, imponendo maggiori garanzie. Il presidente della Commissione: "Ci dicano come si vogliono districare"

Di G. BALESTRERI e R. RICCIARDI
07 luglio 2015
   
MILANO - Il piano di Atene non c'è, ma c'è una richiesta di nuovo intervento del fondo salva-Stati per sostenere i bisogni finanziari del Paese. Nel giorno in cui si torna a trattare per cercare di evitare l'uscita della Grecia dall'euro e trovare una soluzione politica ed economica alla crisi del Paese, il premier Alexis Tsipras si è presentato a Bruxelles a mani vuote, ma forte del referendum che ha bocciato le proposte dei creditori. E dalla Casa Bianca arriva un appello: "Sono negoziati complicati. Ma per raggiungere un'intesa è necessario essere costruttivi. Il successo è nell'interesse di tutti e passa per un accordo su un pacchetto di misure condivise". In serata il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, dopo aver parlato per telefono con Tsipras, ha parlato con la cancelliera tedesca Angela Merkel: la Grecia deve rimanere nell'Eurozona, è la posizione espressa dal presidente Usa. Comunque, riporta la Cnbc, la Casa Bianca non ha alcun piano di assistenza finanziaria diretta da offrire alla Grecia.

Al termine dell'Eurogruppo, cui è seguito un vertice Ue, il presidente Jeroen Dijsselbloem ha spiegato: "I greci ci manderanno una richiesta di aiuti Esm entro domattina, e un nuovo Eurogruppo telefonico la valuterà, poi ci invieranno una lista di riforme". L'Esm è lo European stability mechanism, l'organismo Ue per il supporto degli Stati in difficoltà attivo dal 2012, che ha sostituito il fondo salva-Stati Efsf. Con l'invio della lettera di Atene, partirà il meccanismo di attivazione del fondo: "Spero che domani arrivino le proposte e ci sia l'avvio del negoziato", ha aggiunto Dijsselbloem, frenando su facili entusiasmi: "E' troppo presto per essere ottimisti, la Grecia ha bisogno di riforme credibili ed è quello che vogliamo sentire da loro".

"E' stata una buona conversazione, ci aspettiamo una richiesta di aiuti Esm tra qualche ora, ma sarà un programma con forti condizionalità", aveva anticipato dal canto suo il ministro delle Finanze finlandese, Alexander Stubb. Il filo comune delle dichiarazioni europee è che Atene deve mostrare la volontà di uscire dalla crisi, acuita dall'esito del referendum. "Il governo greco ci deve dire come si vuole districare da questa situazione", aveva sottolineato il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, prima dell'avvio dei lavori dei ministri finanziari: servono "proposte concrete", ha incalzato. Il presidente delle Commissione Ue, tuttavia, si è detto "pronto a tutto" per l'accordo e a lottare "per evitare la Grexit fino alla fine", ma ai greci ha ricordato che "non è ammissibile per la Commissione essere chiamati terroristi", ribattendo alle sparate del ministro ellenico dimissionario, Yanis Varoufakis.

Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, però non è pronto a fare concessioni: "Abbiamo pochi giorni a disposizione, ma senza le necessarie riforme è impossibile prendere le necessarie iniziative". Mentre i mercati continuano a temere una Grexit, Tsipras stesso ha fissato un incontro con Francois Hollande e Merkel, prima del vertice Ue di questa sera. Sul tavolo dell'Eurogruppo, i ministri si sono ritrovati divisi: secondo le indiscrezioni filtrate durante la riunione, Tsipras avrebbe chiesto 7 miliardi di euro "al più presto", possibilmente entro le prossime 48 ore, per fare fronte ai debiti in scadenza, ed evitare il default. Una richiesta che, come ha poi confermato Disselbloem, non è stata accompagnata da un piano. Sono rimaste quindi diffuse le posizione dure tra i partner Ue, come quella del governatore della Banca centrale lettone e consigliere della Bce, Ilmars Rimsevics, secondo cui non c'è altra "possibile soluzione che non una lenta uscita dall'area": un lento percorso di "Grexit" e l'introduzione di una valuta parallela è quindi "lo scenario più realistico e, in effetti, in futuro ci potrebbe essere uno stato in meno nell'Eurozona". Contrario a un prestito ponte anche il ministro italiano, Pier Carlo Padoan: "Dobbiamo ragionare sul medio termine".

Ambivalenti anche le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, che ha ricordato che un'uscita della Grecia dall'euro "non è nè l'obiettivo nè l'intenzione" dell'Ue ma "se la fiducia non è ricostituita e non c'è nessun programma di riforme credibile sul tavolo, non può essere esclusa". Dalla Grecia arriverà la richiesta di alleggerire il debito del Paese, ma da Berlino resta la frenata in questo senso, visto che per Wolfgang Schaeuble un taglio del debito non è permesso dalle regole del salvataggio degli Stati.

In mattinata, era stato il premier francese ad aprire le danze di dichiarazioni politiche. Manuel Valls ha parlato tendendo non una, ma due mani al governo Tsipras: "Ci sono le basi" per arrivare a un accordo, ha detto il premier aggiungendo che "l'Europa non può correre il rischio di un'uscita della Grecia dall'euro" e concludendo che "non esistono soggetti tabù" sulla ristrutturazione del debito di Atene. Le dichiarazioni di Valls seguono il vertice di Parigi tra Angela Merkel e François Hollande, in cui i due si sono detti disponibili a trattare, ma sottolineando come "solidarietà" e "responsabilità" devono andare di pari passo.

Ieri in serata si è riunito in teleconferenza il consiglio direttivo della Bce che ha confermato la liquidità di emergenza (Ela) per le banche greche, bloccandola a 89 miliardi di euro, a fronte però di maggiori garanzie. Mario Draghi ha così dato un doppio messaggio agli attori in campo: da una parte è paziente e aspetta l'esito del Consiglio europeo e dell'Eurogruppo prima di decretare di fatto il fallimento del sistema finanziario greco. D'altra parte, aumenta lo sconto sul collaterale che gli istituti devono portare alla Banca centrale in cambio di liquidi (anche se le fonti elleniche dicono che ce n'è ancora un cuscinetto sufficiente), come a far capire che la pazienza sta finendo. Secondo gli analisti di Barclays, un taglio al valore delle garanzie intorno al 60% azzererebbe il cuscinetto di capitale delle banche greche. La Bce non ha spiegato quanto sia stato ritoccato il cosiddetto 'haircut', cioè il taglio al valore delle garanzie portate dagli ellenici, sui quali pesa lo spettro di un default, che Francoforte deve prezzare. Ma è evidente che più si avvicina la soglia del 60%, più si approssima il 'bail-in' degli istituti, cioè la necessità di far partecipare i depositi alla ricapitalizzazione delle banche, che avrebbero problemi di solvibilità.

© Riproduzione riservata
07 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/07/news/grecia_eurogruppo_proposte_tsipras-118520200/?ref=HREA-1
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« Risposta #2 inserito:: Luglio 19, 2015, 06:25:18 pm »

Francia, Germania e Grecia lavorano a un'intesa comune, ma resta il nodo del Fmi
Proseguono le trattative all'Eurosummit, ma sarebbe pronta una bozza di accordo.
Il Fmi vorrebbe le dimissioni del premier per proseguire i negoziati con un governo tecnico.
Per accedere agli aiuti Atene deve varare un duro pacchetto di riforme entro mercoledì.
No al taglio del debito se il Paese resta nell'euro. Tsipras: "Tratto per il mio Paese"

Di GIULIANO BALESTRERI
13 luglio 2015
   
MILANO - Il compromesso tra la Grecia e i suoi creditori è a un passo. Dopo oltre 30 ore di negoziazione, il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente francese Francois Hollande, il premier greco Alexis Tsipras e il presidente del consiglio europeo Donald Tusk sono arrivati a convergere su un'intesa che stanno sottoponendo all'Eurosummit anche se resta da sciogliere il nodo sul Fondo fiduciario nel quale far conferire gli asset di Atene a garanzia degli aiuti. La Grecia avrebbe, infatti, accettato un ruolo attivo da parte del Fmi nella gestione del piano di salvataggio. La notte ha comunque ammorbidito la posizione dei falchi che al termine dell'Eurogruppo chiedevano una resa incondizionata per mantenere Atene nella moneta unica.

Prima dell'Eurosummit, infatti, per avviare una trattativa sul terzo piano di aiuti finanziari da 82-86 miliardi, la Germania chiedeva che entro mercoledì Atene riformasse - tra le altre cose - le pensioni e l'Iva, reintroducesse i licenziamenti collettivi e modificasse l'intero codice civile. Un piano lacrime e sangue che la Grecia aveva definito "umiliante e disastroso", ma soprattutto irrealizzabile in così poco tempo. Richieste che il premio Nobel, Paul Krugman, aveva definito "folli" al punto da "tradire il progetto europeo". Poi è arrivato il primo spiraglio per voce di Tsipras che prima ha detto "negozio per la dignità della Grecia", poi, preso dalla disperazione avrebbe anche fatto il gesto di sfilarsi la giacca per offrirla ai suoi interlocutori, come a dire che Atene non sa davvero più cos'altro offrire.

D'altra parte con le banche ancora chiuse, almeno fino a domani, Atene non può permettersi di aspettare fino a giovedì per ottenere il via libera agli aiuti. Anche perché la Bce potrebbe interrompere l'assistenza Ela, la liquidità d'emergenza che sta tenendo in piedi il fragile sistema creditizio ellenico. Insomma il premier Alexis Tsipras che era arrivato a Bruxelles fiducioso di poter raggiungere un accordo si è trovato con le spalle al muro e - peggio - con il Fmi che vorrebbe le sue dimissioni per portare avanti le trattative con un esecutivo tecnico.




Alla fine, però, l'impegno del presidente francese, Francois Hollande, è riuscito smussare la rigidità dei falchi arrivati al punto di offrire alla Grecia la ristrutturazione del debito solo dopo l'uscita dall'euro: un'ipotesi respinta con forza da Parigi e dal governo italiano. A bloccare ancora la trattative è quindi la creazione del Fondo fiduciario nel quale far conferire gli asset ellenici a garanzia degli aiuti: la Grecia può arrivare a versare fino a 17 miliardi, mentre per il Fmi ne basterebbero 7, ma alcuni Stati ne chiedono ancora 50. A questo punto la soluzione ponte potrebbe arrivare dai paesi "colombe" che - a cominciare dall'Italia - si sono detti disponibili a garantire un prestito ponte alla Grecia per far fronte alla scadenze finanziarie e scongiurare così il default.

Il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, resta glaciale: "Ci sono ancora due grandi questioni aperte e sta ai capi di governo definirle". La tensione comunque resta alle stelle e durante la riunione ci sarebbe stato anche un duro battibecco con il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble che avrebbe detto al presidente della Bce Mario Draghi: "Non sono stupido". Duro scontro anche tra il premier Matteo Renzi e il collega olandese Mark Rutte schierato con i falchi intransigenti insieme anche alla Slovenia che rappresenta dopo la partenza del primo ministro Miro Cerar.

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/07/13/news/grecia_ue_cronaca-118948630/?ref=HREA-1
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« Risposta #3 inserito:: Ottobre 05, 2015, 06:26:57 pm »

Latouche: "Siamo condannati a consumare, ma un mondo più equo è possibile"
Il filosofo francese è intervenuto davanti ai delegati di Terra Madre Giovani - We Feed The Planet criticando il modello di società individualista che "ha permesso di liberare le forze distruttive, su cui è basata la società della crescita"

Di GIULIANO BALESTRERI
04 ottobre 2015
   
MILANO - Rivalutare, ridistribuire e rilocalizzare. E ancora: ridurre, riciclare, riutilizzare e ristrutturare. Solo così, attraverso il "circolo virtuoso delle r" è possibile inventare un modo sostenibile di sopravvivere. Serge Latouche, il teorico della decrescita felice, lo ha ripetuto come un mantra davanti ai delegati di Terra Madre Giovani - We Feed The Planet a Milano. Il filosofo francese che ama definirsi ex economista ("perché ho perso fiducia nell'economia, è una menzogna") ha raccontato un altro modo di vedere la produzione, il consumo e i rapporti sociali: "Un modo più equo, più umano, più giusto" perché il sistema produttivo in cui siamo immersi genera ovunque situazioni di ineguaglianza, sfruttamento e prevaricazione. E gli stessi indici di misurazione della ricchezza (come il Pil) sono completamente schiacciati su parametri finanziari e monetari, che non corrispondono al reale benessere delle popolazioni: "L'economia è una religione occidentale che ci rende infelici".

"Oggi - ha detto Latouche - viviamo in una società fagocitata da un'esigenza di crescita che non ha più motivi economici, ma è crescita per la crescita. Illimitatezza del prodotto, quindi illimitatezza dello sfruttamento delle risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili. Illimitatezza del consumo e quindi dei rifiuti e dello spreco, ossia dell'inquinamento dell'acqua e dell'aria". Una ricerca della crescita alimentata dalla pubblicità che fa desiderare quello che non si ha; sostenuta dalla banche "pronte a prestare denaro, quasi all'infinito" e condizionata dall'obsolescenza programmata: "Siamo condannati a consumare perché i nostri strumenti sono programmati per deteriorarsi più in fretta possibile".

L'alternativa proposta da Latouche è nella decrescita come risposta all'insostenibilità ecologica e sociale della nostra realtà: "Noi occidentali siamo meno del 20% della popolazione mondiale, ma consumiamo l'86% delle risorse naturali. Il nostro stile di vita distrugge la resilienza, la capacità dell'organismo terrestre di affrontare lo shock del cambiamento climatico come la perdita di biodiversità".

Le critiche del filosofo francese sono quindi rivolte verso quel modello di società individualista che "ha permesso di liberare le forze distruttive, su cui è basata la società dei consumi e crescita". Di fatto la ricerca dell'accumulazione continua è "una guerra tutti contro tutti. E' una guerra contro la natura, perché non ci accorgiamo che in questo modo distruggiamo più rapidamente il pianeta. Stiamo facendo la guerra agli uomini. Anche un bambino capirebbe quello che politici ed economisti fingono di non vedere: una crescita infinita è per definizione assurda in un pianeta finito, ma non lo capiremo finché non lo avremo distrutto. Per fare la pace dobbiamo abbandonarci all'abbondanza frugale, accontentarci. Dobbiamo imparare a ricostruire i rapporti sociali".

Per gli economisti neoliberisti - prosegue Latouche - l'opzione più terribile è il protezionismo, "ma in realtà è uno strumento di difesa perché è la concorrenza ad alimentare la guerra, come ci dimostra il caso Volkswagen. Il libero scambio è come la libera volpe nel libero pollaio. Noi abbiamo distrutto l'agricoltura cinese, e in piena reciprocità l'industria cinese distrugge la nostra: ottocento milioni di ex contadini cinesi si accumulano nelle periferie, creando milioni di disoccupati nelle nostre società".

A sostegno della proprio punto di vista Latouche ha citato la New Economics Foundation che calcola l'"indice della felicità" su tre dimensioni: impronta ecologica, speranza di vita alla nascita, e subjective well-being (sentimento individuale di felicità). "Con questi parametri, come nella Bibbia - conclude il filosofo francese - gli ultimi diventano primi e i primi ultimi: Vanatu e Costa Rica sono in cima alla classifica, mentre gli Stati Uniti si collocano in 160esima posizione e l'Italia intorno alla sessantesima".

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04 ottobre 2015

Da - http://www.repubblica.it/economia/2015/10/04/news/latouche_terra_madre-124313928/?ref=HREC1-22
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