GIULIO ANSELMI

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24/4/2009

Quattro anni dopo
   
GIULIO ANSELMI


Lascio La Stampa con l’orgoglio del lavoro compiuto per ricollocare un antico giornale ai livelli più alti della sua storia gloriosa. Grazie all’impegno della redazione e dell’azienda un quotidiano tradizionale è stato trasformato in un moderno tabloid full-color, senza tradirne l’identità e senza perdere autorevolezza, ed è cresciuto sul mercato, in un momento di calo generalizzato delle copie.

Il successo va però inquadrato nella grande crisi economico-finanziaria che, iniziata negli Stati Uniti, ha coinvolto l’informazione, e in primo luogo la carta stampata: in tutto il mondo un settore già indebolito da una crisi strutturale deve fare i conti col crollo improvviso della pubblicità. Parlare di «ultima copia del New York Times», fino a poco tempo fa, poteva apparire una battuta da intellettuali un po’ snob, inclini a veder nero. La stessa frase sintetizza oggi, sia pure deformandoli per eccesso, gli umori diffusi tra gli operatori dell’editoria. Nell’incertezza si accavallano le tentazioni più svariate: aspettare la ripresa, cambiare modelli, sperimentare sulla via della multimedialità.

Un’ininterrotta serie di aggiustamenti e correzioni è richiesta da prodotti che, per loro natura, devono essere capaci di cogliere i fermenti della società. Tocca ai giornalisti sperimentare i tentativi di innovazione: nella consapevolezza che carta e computer sono strumenti adeguati a esigenze e pubblici diversi, mentre il patrimonio irrinunciabile di un giornale, qualunque sia la trasformazione a cui lo si voglia sottoporre, è rappresentato dalla sua storia, dalla sua qualità, dalla sua credibilità, dalla sua indipendenza, in poche parole dagli elementi identitari che lo connotano e lo legano ai lettori. Questi elementi vanno difesi. Con rigore, con passione civile, nella consapevolezza che il ruolo dell’informazione è distinto e separato da quello della politica. Può apparire perfino ingenuo ricordarlo, ma certo non è superfluo dirlo in un momento in cui si ascoltano inopportune minacce contro i giornali e i giornalisti.

Assumendo quattro anni fa la direzione de La Stampa, ho preso l’impegno di fornire ai lettori un’informazione né faziosa né settaria, ma autonoma e critica, a prescindere da chi fosse al potere. Credo di averlo onorato. Oggi consegno a Mario Calabresi, un giornalista che conosco bene e che stimo, una testata libera e che gode di buona reputazione: gli auguro successo. Ringrazio l’Editore, che mi ha messo in condizione di operare in piena libertà. Saluto con calore i colleghi della redazione, che hanno partecipato con generosità e determinazione alla sfida. E abbraccio i vicedirettori, quelli che sono rimasti sempre al mio fianco e quelli che hanno percorso con me solo un tratto di strada: Umberto La Rocca, Massimo Gramellini, Giancarlo Laurenzi, Vittorio Sabadin, Federico Geremicca, Roberto Bellato.

da lastampa.it

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