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Autore Discussione: Livia Manera. Il giallo dell’erede Rockefeller Incidente o atto di cannibalismo?  (Letto 2095 volte)
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« inserito:: Agosto 02, 2014, 10:33:37 am »

Il mistero

Il giallo dell’erede Rockefeller Incidente o atto di cannibalismo?
Un libro ricostruisce la morte del giovane Michael, figlio del miliardario Nelson
Scomparve nella Guinea Olandese, forse perché voleva rari pezzi d’arte primitiva

Di Livia Manera

Al piano terra del Metropolitan Museum di New York, nell’ala sud chiamata Michael C. Rockefeller Wing, c’è una collezione di arte primitiva capace di rapire il cuore al più insensibile dei visitatori. Maschere d’oro delle tribù precolombiane della Colombia e del Perù; raffinatissime statue antropomorfe dei Dogon d’Africa che ispirarono Picasso; sculture di ceramica e giada dell’area di Veracruz in Messico; e, tra tanti altri oggetti di rara qualità, gli straordinari pali bisj della Nuova Guinea: nove imponenti totem di legno alti quasi sei metri che rappresentano diversi uomini l’uno sulle spalle dell’altro, sormontati da immensi falli triangolari intagliati con la grazia di rosoni gotici. Tutte opere che fanno della «Michael C. Rockefeller Collection» una collezione unica al mondo. Segnata da una sola ingombrante assenza: quella della persona di cui porta il nome. Pochi misteri si sono dimostrati più duraturi alla prova del tempo di quello della morte di Michael Rockefeller, il figlio del governatore Nelson ed erede di una delle famiglie più ricche e potenti del mondo, che nel marzo del 1961, poco dopo essersi laureato ad Harvard, ha intrapreso un viaggio suicida nella Guinea Olandese (oggi la parte più orientale dell’Indonesia) per girare un documentario sulle tribù Dani della valle del Baliem. Da lì ha proseguito inoltrandosi nel territorio degli Asmat, comprando oggetti per la collezione di arte primitiva di suo padre — tra cui i magnifici bisj esposti al Metropolitan — e scattando fotografie. Poi, una mattina di novembre, il catamarano su cui navigava (due canoe unite da due assi di legno) si è ribaltato nel mare degli Arafura. A bordo erano in quattro: due ragazzi locali, Rockefeller e un antropologo olandese di nome Rene Wassing. Dopo essere andati alla deriva per un giorno intero, Michael si offrì di nuotare a riva con due taniche vuote legate intorno alla vita. «Credo di potercela fare», disse a Wassing. E non fu mai più rivisto (Wassing fu salvato il giorno dopo). Da allora esistono due interpretazioni sulla morte di quel ragazzo di ventitré anni. Quella della famiglia, che ha sempre sostenuto la tesi dell’annegamento. E una più truce: secondo cui Michael Rockefeller sarebbe stato ucciso e mangiato dagli Asmat, una tribù cannibale che ancora conserverebbe il suo teschio e altri resti. Dopo tante inchieste giornalistiche e televisive rimaste in superficie, è uscito ora negli Stati Uniti un libro che scava più a fondo nel mistero e riapre il caso: Savage Harvest del giornalista Carl Hoffman (William Morrow editore, pp. 336, $ 16,23). Hoffman ha imparato la lingua degli Asmat e si è recato in quella regione di mangrovie, fango e villaggi su palafitte, per scoprire la verità. Ha fatto ricerche negli archivi olandesi e passato al setaccio le lettere dei missionari. Il risultato è un libro che porta forti indizi alla tesi che Michael Rockefeller sia arrivato quasi a riva dopo avere nuotato per dodici miglia, e sia stato scambiato per un coccodrillo da un gruppo di Asmat in canoa. Una volta resisi conto che si trattava di un uomo, gli Asmat lo avrebbero arpionato e «con un colpo d’ascia sul collo» lo avrebbero ucciso. Poi lo avrebbero smembrato, arrostito sul fuoco, mangiato, e ne avrebbero conservato il teschio per i propri riti. Ma quali prove è capace di portare Savage Harvest alla sua tesi? Hoffman non ha ritrovato né il teschio né gli occhiali di Rockefeller né gli indumenti che indossava, menzionati da diverse delle sue fonti. Ma è certamente riuscito a mettere insieme una quantità di indizi impressionante, basati soprattutto sulle testimonianze dei missionari olandesi che riportarono il fatto in varie lettere alle autorità. «Due preti in particolare hanno mandato alle autorità ecclesiastiche e al governo olandese dei resoconti molto dettagliati, in cui facevano i nomi di chi aveva la testa di Michael, chi altre parti del suo scheletro. Chiedevano istruzioni, e allo stesso tempo sembravano suggerire che era meglio non dire niente ai Rockefeller…».
Nella ricostruzione di Hoffman, Michael Rockefeller sarebbe arrivato in terra Asmat in un’epoca in cui «il cannibalismo era ancora largamente praticato. Ogni loro oggetto votivo affondava le radici nel sangue e ogni Asmat che ha incontrato aveva mangiato carne umana». Ma dal libro emerge anche che quel ragazzo ingenuo che nel suo diario scriveva che «la sola differenza tra noi e Tom Sawyer è che lui usava dei pali per navigare e noi usiamo un motore fuoribordo», si comportò come un collezionista avido e un viaggiatore scarso di sensibilità. Due errori colossali. Non solo non si rese conto che le sue transazioni commerciali destabilizzavano l’economia locale ma «non capì che comprando bisj comprava anime di uomini, anime che potevano farti ammalare, o che potevano ucciderti», scrive Hoffman. Ma la vera scoperta di Savage Harvest è la corrispondenza di un missionario olandese che si era guadagnato la fiducia degli Asmat. Cornelius van Kessel scrisse alla Chiesa olandese che alcuni guerrieri di un villaggio chiamato Otsjanep uccisero e divorarono Rockefeller per vendicarsi di una missione di alcuni anni prima, quando un ufficiale olandese fucilò alcuni capi dei villaggi Asmat. I superiori di van Kessel negarono ogni fondamento al suo racconto e lo richiamarono in patria. Ma allo stesso tempo, pare che un ufficiale coloniale sia riuscito a ritrovare il teschio di Rockefeller e altri suoi resti, e che poi li abbia fatti sparire. La rivelazione finale di questa triste e truce storia è dunque quella di un insabbiamento da parte delle autorità olandesi. Che, da un lato, stavano per lasciare la Nuova Guinea e avevano interesse a dimostrare di averla resa più civile, debellando il cannibalismo; e che, da un altro, si preoccuparono di non aggiungere ulteriori pene alla famiglia dei Rockefeller, la quale oggi espone al Metropolitan i suoi bisj. Capolavori, senza dubbio: ma ottenuti al prezzo più alto che un collezionista possa mai pagare.

30 luglio 2014 | 18:49
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Da - http://www.corriere.it/cultura/14_luglio_30/giallo-dell-erede-rockefeller-incidente-o-atto-cannibalismo-f3dcb69a-1808-11e4-a7a2-42657e4dcc3b.shtml
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