Editoriali
22/07/2014
Due questioni sul “ritorno” di Berlusconi
Giovanni Orsina
Tanto per i suoi effetti concreti quanto – e forse ancor di più – per quelli psicologici, l’assoluzione ha rimesso Berlusconi in campo, restituendogli una forza che non aveva più dal primo agosto dell’anno passato, data della sua condanna in Cassazione. Considerato il rapporto che Forza Italia e l’intero schieramento moderato hanno avuto negli ultimi vent’anni col loro leader e fondatore, è evidente che la sentenza di venerdì scorso ha mutato i termini in cui si pone il futuro del centro destra. Ossia la questione del post-berlusconismo.
Ora, per valutare quali possano essere gli effetti di questo (ennesimo) colpo di scena, due sono le domande alle quali dobbiamo trovar risposta: se il problema politico del centro destra si esaurisca completamente in quello dei destini personali di Berlusconi – se la sua presenza, insomma, rappresenti di per sé una soluzione –; se il «ritorno del Cavaliere» sia destinato ad agevolare, o al contrario ostacolare, la ricomposizione e maturazione di uno schieramento alternativo al Partito democratico di Renzi.
La risposta alla prima domanda è senz’altro negativa. Fra le ragioni dell’egemonia ventennale che Berlusconi ha esercitato sul sistema politico italiano devono essere annoverate da un lato la sua straordinaria abilità nel tenere unito il centro destra, minimizzando l’impatto della frattura fra un centro moderato e una destra più radicale. E dall’altro lato l’incapacità dei suoi oppositori di compiere la medesima operazione sul versante opposto. Non per caso quando lo schieramento progressista si è presentato unito e quello moderato s’è diviso – correva l’anno 1996 –, Berlusconi ha perduto le elezioni.
Al momento, complice anche l’«anomalia» grillina, quest’asimmetria sembra essersi del tutto rovesciata. Il Partito democratico di Renzi, malgrado il suo nuovo leader lo abbia spostato verso il centro, pare aver risolto il problema storico della sinistra radicale, e può immaginare di superare il quaranta per cento dei voti o da solo, o al più con qualche «cespuglio». Il centro destra invece è a pezzi. È diviso da una frattura strutturale fra un centro moderato ed europeista che si riconosce nel Partito popolare e una destra assai più dura nei confronti di Bruxelles e più rigida sull’immigrazione. Una frattura più profonda di quelle del passato, e non soltanto italiana: basti pensare, con le dovute differenze, alla Francia del Front National o alla Gran Bretagna dell’Uk Independence Party. Ma è pure frammentato da divisioni minori e trasversali – come quella emersa di recente sulla regolamentazione delle coppie omosessuali –, oltre che, in particolare nel caso di Forza Italia, ideologicamente assai spesso ambiguo e ondivago. In queste condizioni, ricostruire uno schieramento moderato significa innanzitutto ragionare su come divisioni e confusioni possano esser chiarite e ricomposte.
La risposta alla seconda domanda, se l’assoluzione di Berlusconi avvicini o allontani il rilancio di uno schieramento moderato, è: dipende. Se, come molti lo hanno sollecitato a fare, lui volesse usare la forza restituitagli dall’assoluzione per svolgere il ruolo del «padre nobile» di un centro destra rinnovato, aprendo il campo a una nuova classe dirigente e a un nuovo leader, allora forse il processo di ricostituzione dello schieramento potrebbe essere più rapido e agevole. Finora, però, Berlusconi non è sembrato gradire l’ipotesi – anche se l’apertura recentissima alle primarie di coalizione potrebbe rappresentare un primo passo in questa direzione. L’altra opzione invece, quella di un Berlusconi che rimane protagonista politico a pieno titolo, rappresenta oggi più un ostacolo che un incentivo alla ricomposizione del centro destra. La crisi della leadership berlusconiana ha certamente anche origini di natura giudiziaria, e tali quindi da poter esser cancellate o attenuate da un’assoluzione. Ma le sue radici politiche e anagrafiche sono ben più robuste. Partiti come il Nuovo centrodestra e la Lega sono ormai proiettati nella stagione del post-berlusconismo, e ben difficilmente accetterebbero un leader che ritengono appartenere a una stagione ormai superata.
A meno che, naturalmente, non si tratti della loro sopravvivenza politica. Un meccanismo in grado di sanare le fratture ideologiche più profonde e i maldipancia post-berlusconiani più atroci, infatti, c’è: la riforma elettorale. E visto che del sistema elettorale si andrà a discutere fra breve, è lecito aspettarsi che dopo l’assoluzione di Berlusconi, ancor più di quanto non sia accaduto finora, i vari pezzi del centro destra penseranno a come prevalere l’uno sull’altro ben più che a come sconfiggere Renzi: Forza Italia a come subordinare a sé tutti gli altri; gli altri a come conservare un margine di autonomia da Forza Italia. Il cammino della riforma, presumibilmente, non ne sarà facilitato.
Da -
http://lastampa.it/2014/07/22/cultura/opinioni/editoriali/due-questioni-sul-ritorno-di-berlusconi-pwnXTuHhWuU87AkW7MKUFO/pagina.html