politica
21/01/2014
Lo strappo di Cuperlo e la sindrome Pd: nei momenti cruciali, ci si spacca
Il presidente si aspettava segnali distensivi da parte di Renzi: così è maturata la sua decisione di dimettersiCarlo Bertini
Roma
E alla fine, dopo una mattinata passata in attesa di un “cenno” da parte di Matteo Renzi che non è arrivato, Gianni Cuperlo ha preso la sua decisione: il leader della minoranza ha letto ai deputati della sua mozione, ancora riuniti alla Camera, la lettera di “dimissioni irrevocabili” dalla carica di presidente dell’assemblea feudale del partito democratico. Cuperlo aspettava un segnale di distensione del leader mentre si susseguivano appelli a non dimettersi da parte di alcuni renziani di un certo peso, come Andrea Marcucci o Davide Faraone della segreteria. Ma evidentemente questi segnali, senza un chiarimento diretto con il segretario, non sono bastati. E nella missiva che inoltrerà al leader, Cuperlo sostiene non esserci il clima per poter svolger quel ruolo di presidente e che lui vuole avere la piena libertà di poter svolgere la sua battaglia politica, come aveva chiarito un mese fa quando decise di accettare l’offerta di Renzi.
“Se fossimo in una situazione normale un’uscita di quel genere, avrebbe generato una qualche reazione indignata”, sbotta il pasdaran bersaniano Alfredo D’Attorre, riferendosi alla risposta che ieri sera Renzi ha dato nella sua replica alle contestazioni sollevate da Cuperlo sulla sua proposta di riforma elettorale: quell’accusa di usare il tema delle preferenze in modo strumentale dopo esser stato eletto nel listino bloccato senza fare le primarie. Anche esponenti della minoranza più dialoganti con l’area renziana, come Orfini, stamattina avevano criticato la “caduta di stile” del leader, senza però attribuirgli un eccessivo peso politico. Lo stesso Fassina aveva riconosciuto al segretario di aver fatto un ottimo lavoro, chiedendo che si potesse discutere nel merito l’impianto proposto, “tutto il resto dimentichiamolo”.
Dunque lo strappo di Cuperlo ora non solo alza così il livello dello scontro, creando un intoppo a Renzi che dovrà far eleggere da una nuova assemblea nazionale un altro presidente nel pieno della corsa a ostacoli sulle riforme, ma accende i riflettori sulle divisioni interne alla sua stessa area. La sinistra infatti è spaccata e percorsa da fibrillazioni che segnalano più di un’ambizione per la conquista della leadership di una minoranza composta da tribù non proprio allineate e compatte come quelle di dalemiani, bersaniani e “giovani turchi”.
La lunga assemblea in corso da stamattina registra una divisione di metodo significativa, se è vero che i “giovani turchi” di Orfini sono contrari a imbarcarsi in prove di forza muscolari nelle votazioni in aula con emendamenti, come quello annunciato dallo stesso D’Attorre, contro le liste bloccate. Tutti sanno infatti che iniziative del genere potrebbero coagulare un fronte ampio di voti capace di mettere in discussione uno dei punti più discussi di questo accordo col Cavaliere che Renzi vorrebbe blindato. Insomma, come sempre nei momenti cruciali, il Pd si dilania. Stasera si vedrà quanto le dimissioni del presidente si ripercuoteranno nel clima dell’assemblea del gruppo di deputati riunita con Renzi proprio per discutere la riforma elettorale che andrà in aula lunedì prossimo. E si vedrà se il segretario proverà a ricucire o tirerà dritto per la sua strada archiviando la questione come un incidente di percorso.
Da -
http://lastampa.it/2014/01/21/italia/politica/lo-strappo-di-cuperlo-e-la-sindrome-pd-nei-momenti-cruciali-ci-si-spacca-KrDYSM967zlx0kQLN0oHKI/pagina.html