Editoriali
22/11/2013
“Io, uomo di cinema nel Paese dei Balocchi”
Paolo Virzì
Medialab Stasera la Web car de La Stampa all’inaugurazione del Torino Film Festival
Il direttore del Torino Film Festival: sarà un “filmone” lungo nove giorni godiamocelo insieme
Rischiamo di inaugurare con la neve, come neanche a Berlino. Non possiamo non vederlo come uno di quei segni che un regista è abituato ad accogliere a braccia aperte. Un po’ di magia alpina per battezzare questa trentunesima edizione.
In fondo il cinema è l’arte del saper cogliere al volo le occasioni, una luce interessante, la commozione di un attore. E l’occasione di mettere il naso nell’officina di un festival come quello di Torino è stata subito irresistibile. Una specie di Paese dei Balocchi, dove invece di crescerti le orecchie da somaro ti si allarga lo sguardo, e in un certo senso anche il cuore. Puoi fare anche il gioco di entrare in una sala a caso e sei sicuro di non beccare mai - mai - una fregatura, perché dietro questo appuntamento annuale dedicato al cinema c’è un gruppo di lavoro cresciuto negli anni di qualità straordinaria, che ha avuto anche il privilegio insolito di esser guidato almeno in un paio di occasioni da cineasti carismatici e ostinatamente innamorati delle cose belle.
E perché c’è il vero padrone del festival: il vasto pubblico della sua grande elegante severa città, che esercita con concretezza e passione una instancabile funzione di controllo. Vogliono bene al loro festival, fosse per loro rinuncerebbero anche a farlo sapere troppo in giro, come i titolari di certe botteghe di pregio. Mettetegli sotto il naso una di quelle cose fasulle che inevitabilmente si nascondono nelle pieghe dei palinsesti degli eventi più importanti del mondo, da Cannes a Venezia, e loro son pronti a sradicar le sedie della sala.
Come e in che cosa possa essere utile il sottoscritto nel ruolo imprevisto e temporaneo di direttore, è cosa tutta da scoprire. Per voi lettori e spettatori, ma soprattutto per me.
Sono qui di passaggio, mi tocca fare un altro mestiere: i film mi piace scoprirli, guardarli e riguardarli, ma anche fabbricarli. Ma posso assicurare che stavolta per me è stato straordinario innamorarsi dei film degli altri, comporli insieme in un corpo complesso, in quel grandioso film che è un festival. E dunque ecco a voi il «filmone» di quest’anno, il trentunesimo della sua storia torinese. Potente, ricco di voci diverse, cinéphile e pop: c’è il dramma familiare, il coming of age e il noir estremo, le anteprime dei grandi autori più attesi, i film tragicomici, le chicche per cinemaniaci, il meglio delle nuove narrazioni televisive, le commedie mainstream con le vecchie glorie, la grande immortale epopea degli antieroi della retrospettiva New Hollywood, e poi oggetti bizzarri, rarità commoventi, e infine le voci vive del cinema contemporaneo del reale, ossia la nuova rivoluzionaria stagione del documentario.
Adesso il «filmone» è pronto a svelare la propria trama in nove intensissimi giorni, nei quali gli illusi come me avranno la sensazione di vivere in un mondo diverso da quello al quale siamo abituati, in questi tempacci di crisi nei quali è così difficile far circolare le cose belle, sopraffatti come siamo dalla rassegnazione al peggio. Godetevi allora questa cosa preziosa che si fabbrica a Torino ogni anno: l’utopia di un grande racconto cinematografico senza confini.
Buona visione.
Da -
http://lastampa.it/2013/11/22/cultura/opinioni/editoriali/virz-io-uomo-di-cinema-nel-paese-dei-balocchi-y1EHytL5jX4LJlwqZoTn2I/pagina.html