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Autore Discussione: Il referendum nasce da una indignazione ragionata, il V-day è una vampata...  (Letto 4795 volte)
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« inserito:: Settembre 19, 2007, 04:32:07 pm »

Guzzetta: «Il referendum nasce da una indignazione ragionata, il V-day è una vampata»

Andrea Carugati


«Grillo mette in luce, pur se in modo scomposto e anche discutibile, un disagio molto forte che i cittadini provano verso la politica. Ma io credo che, al di là di questa vampata, il referendum che abbiamo proposto sia più incisivo». Giovanni Guzzetta, presidente del comitato promotore per il referendum elettorale, ragiona su quanto il fenomeno «V-Day» possa remare nella stessa direzione rispetto ai referendari.

Professore, c´è qualcosa in comune tra i vostri due movimenti?
«Il punto comune è che c´è una domanda di rinnovamento che si esprime in tante forme e che non deve essere sottovalutata. Ma il referendum è nato prima, da una indignazione ragionata. Credo che gli obiettivi scelti da Grillo non siano risolutivi, talvolta anche dubbi sul piano costituzionale. Detto questo sono certo che nella piazza di Grillo ci fossero anche molti firmatari del referendum. Per questo non capisco perché Grillo non ci abbia sostenuti durante la raccolta delle firme. Il suo blog ci ha completamenti ignorati. Allora gli ho scritto una lettera, aspetto ancora una risposta. Altra differenza: il Palazzo e i media reagiscono a Grillo con un atteggiamento molto più ammiccante di quello riservato a noi».

Perché?
«Perché c´è la speranza che la vampata del "V-Day" non duri. Il referendum ha invece una sua inesorabilità, non è solo una vampata».

Già, ma nessuno degli ultimi referendum ha raggiunto il quorum. Pensa che questa ondata vi possa aiutare?
«Credo di sì, che questo clima di disagio verso la politica possa spingere i cittadini anche verso la ricerca di risposte. E il referendum è una risposta, può essere il momento costruttivo che segue la protesta. In fondo una nuova legge elettorale servirebbe proprio per ridurre la distanza elettori ed eletti».

Grillo chiede di scegliere i parlamentari con la preferenza. Però tra i vostri quesiti questo non c´è.
«Purtroppo era impossibile intervenire su questo capitolo, ma il terzo quesito che elimina le candidature multiple rimedia a una sconcio notevole: oggi un terzo dei parlamentari viene scelto dopo le elezioni e in modo arbitrario dai plurieletti che decidono chi ripescare. Eliminare questo sconcio è già una forma di notevole moralizzazione».

Intanto il Pd e anche Berlusconi sembrano iniziare a fare i conti con il referendum, ristrutturando le coalizioni...
«Se il referendum passasse sarebbe uno slancio per il Pd e per un partito dei moderati. Ma nel Pd solo alcuni l´hanno capito, mentre altri preferirebbero un sistema più paludoso, un ruolo da Dc della prima repubblica. Lo dimostra questo insistere sul sistema tedesco...»

Che possibilità c´è che riescano a fare una legge prima del referendum?
«Non sono in grado di fare previsioni. Dico solo che una legge finalizzata a minimizzare il danno sarebbe un grave errore politico, rischierebbe di alimentare l´indignazione e le derive antipolitiche. E la scelta di un sistema tedesco all´italiana mostrerebbe di non comprendere la consistenza dell´indignazione popolare».

Ma il sistema tedesco è davvero così terribile?
«No ,ma è un sistema neutro,, che non favorisce e non scoraggia il bipolarismo. Ma in Italia il bipolarismo è fragile, e il trasformismo molto radicato. Per questo un sistema neutro non va bene».

Lei vede affinità tra questa fase e lo sconvolgimento dei primi anni Novanta?
«C´è una differenza importante: allora i partiti furono presi in contropiede e travolti, anche perché non avevano alcuna intenzione di autoriformarsi. Oggi invece alcuni partiti hanno anticipato il cambiamento, consapevoli della necessità di una ristrutturazione del sistema politico. Se questo processo riesce ad incontrare una buona riforma istituzionale si può fare un grosso passo in avanti. Io sono ottimista. Ci sono le condizioni per realizzare un sistema tendenzialmente bipartitico, che non vuol dire solo due partiti in assoluto ma due partiti-perno, uno di centrodestra e uno di centrodestra: è questo che vuole la stragrande maggioranza dei cittadini».

Pubblicato il: 19.09.07
Modificato il: 19.09.07 alle ore 13.52   
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« Risposta #1 inserito:: Settembre 21, 2007, 10:08:16 am »

Non Grillo, ma una riforma: eccola

Antonello Soro


Qualunquismo e antipolitica non allargano il diritto di cittadinanza, non sono una categoria virtuosa del sistema democratico. Al contrario, la storia ci suggerisce che spesso costituiscono un formidabile alimento per movimenti apripista di svolte autoritarie e illiberali. E tuttavia sappiamo che qualunquismo e populismo sono l´equivalente di una febbre che non può essere contrastata, rompendo il termometro, come ha detto con efficace metafora Pierluigi Bersani.

A me pare che il tarlo del nostro sistema sia rappresentato dall´incapacità ossificata delle istituzioni a produrre decisioni, a interloquire con gli altri poteri in tempi e linguaggi adeguati, coerenti con un mondo che produce e regola i conflitti su scale planetaria. Il recente dibattito sulle riforme rischia di riproporre un insopportabile deja vu. Al generale appello per riforme condivise è seguita una prima promettente convergenza su alcuni obiettivi importanti (fine del bicameralismo paritario, Senato delle autonomie, riduzione del numero dei parlamentari, contrasto alla frammentazione e ai costi della politica...). Ma poi, puntuale, è arrivata la polemica rottura nel nome di una divisione su temi tanto estranei alle Riforme, quanto pretestuosi (Rai o chissà cos´altro!).
Si riproporrà, come sempre, il dibattito sull´impraticabilità di riforme a «colpi di maggioranza» e sull´inaccettabile diritto di veto dell´opposizione. Sembra proprio che il nostro bipolarismo sia segnato da un inossidabile principio di sfiducia reciproca e dal conseguente ineluttabile blocco di qualunque innovazione delle regole che governano la nostra democrazia.

Penso che non sia giusto rassegnarsi e che invece occorra mettere in campo un supplemento di iniziativa politica attraverso un più largo coinvolgimento dell´opinione pubblica sui contenuti e sugli effetti delle riforme possibili. A partire da quelle che riguardano più da vicino il funzionamento della democrazia, la vita dei partiti, l´architettura delle istituzioni: ricercando un confronto fondato sulla conoscenza piuttosto che sulle emozioni.
In questo quadro si pongono quelle riforme dei regolamenti parlamentari e della legge sul finanziamento dei partiti che puntano a contrastare la frammentazione. In questo quadro voglio sottolineare che la modifica dell´articolo 72 della Costituzione rappresenta uno snodo ineludibile per introdurre efficienza, modernizzazione e semplificazione nell´organizzazione del processo legislativo e del lavoro del Parlamento.

Spiego il senso di questa affermazione. Da tempo le leggi hanno, necessariamente, un alto tasso di contenuto tecnico e di specializzazione settoriale che si traducono in testi complessi per i quali è impossibile immaginare una specifica competenza dei singoli parlamentari. Nel primo anno di questa legislatura la Camera ha registrato 5 mila votazioni. Per 5 mila volte un´Assemblea di 630 persone ha deciso nel merito di una norma, di un emendamento, di un articolo. Quasi mai i deputati - ma un discorso analogo si può fare per il Senato e per i Senatori - possiedono elementi sufficienti per esprimere un giudizio e si regolano sull´orientamento che una minoranza di «settoristi» dà ai vari gruppi. La questione è regolata dall´articolo 72 della Costituzione che affida all´intera Assemblea il compito di decidere, di norma, sull´intero corpo della legge, così come matura nel processo di formazione di un testo che le Commissioni hanno solo sommariamente istruito.

Questa procedura è figlia di un´epoca diversa, di una stagione in cui il legislatore fissava regole generali, disciplinava la gerarchia di poteri noti e riconducibili a categorie elementari. Un´altra stagione, un´altra società. La mia idea è che si debba ribaltare lo schema dell´art. 72: affidando, di norma, alle Commissioni permanenti l´esame completo della legge, lasciando all´Assemblea solo il voto finale. Ci guadagnerebbe la qualità del lavoro parlamentare perché nelle Commissioni sarebbe possibile impegnare le personalità più competenti nelle specifiche materie e l´Aula si pronuncerebbe su un testo già definito nella sua coerenza. Sarebbe migliore il prodotto legislativo, sarebbe accresciuta la celerità del percorso e ne guadagnerebbe in efficienza il lavoro dell´Istituzione.

Naturalmente si potrebbe sempre, a determinate condizioni, e in determinate materie (leggi di modifica Costituzionale, leggi elettorali...), restituire all´Assemblea il compito di esaminare l´intero corpo di articoli ed emendamenti, ma sarebbe un´eccezione e non la regola. È evidente che un tale sistema imporrebbe un vincolo di trasparenza, di obbligatorietà alla partecipazione dei deputati in Commissione così come oggi avviene per l´Aula.
Penso che una riforma così semplice ed insieme utile, potrebbe trovare un favore bipartistan se soltanto prevalesse un maturo sentimento di responsabilità istituzionale, quello spirito civico nazionale che ogni tanto avvertiamo come virtù tanto desueta quanto indispensabile.

Pubblicato il: 20.09.07
Modificato il: 20.09.07 alle ore 13.14   
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« Risposta #2 inserito:: Settembre 23, 2007, 11:19:16 pm »

22/9/2007 (19:25)

"Vacci tu", i moderati della rete sfidano il popolo del "Vaffa"
 
Il "Milite ignoto", il simbolo scelto dai moderati del "Vacci tu"

Un sito per superare i toni di Grillo: «I suoi insulti non sono efficaci»

G.B.
TORINO


Condividono le proposte di Grillo ma si tirano fuori dal dibattito perchè i toni del comico impauriscono. Parlano di «circolo perbenista , falsamente virtuoso, dove tutti sanno e nessuno di chi ha potere interviene», ma non credono all'efficacia del "Vaffa". I moderati della rete danno vita a "Vacci tu", il sito (per ora in fase embrionale) che punta allo zoccolo riflessivo del popolo del "V-day".
Quelle del comico ligure sono «le liste di Schindler», spiega Pier Domenico Garrone, motore dell'iniziativa. «C'è la tentazione, emergente e tutta italiana, di passare con disinvoltura “da piazza Venezia a piazzale Loreto” dimentichi dell'educazione, della tolleranza, del buon senso».

Il "Vacci tu", continua «non è un'alternativa, ma una prosecuzione dell'8 settembre, un luogo di critica libera del potere». Insomma, se il malcontento rimane, le armi si preannunciano diverse.

Ma rimane centrale il ruolo dell'"italiano normale".
«Il sito mi è venuto in mente ascoltando i commenti di anziani e giovani, di persone occupate o alla caccia di un'occupazione, di italiani con la pancia piena o in cerca di autore, prendendo appunti tutti i giorni sul lavoro, dal benzinaio, al supermercato, dal giornalaio, dal parrucchiere, in aeroporto, in coda alla posta».

Sulle iniziative, però, il programma è misterioso. Nessuna adunata di piazza all'orizzonte, nessuna proposta di legge in cantiere. Gli aspiranti megafoni dei centristi del web frenano nell'attesa che il sito decolli. Tuonano contro la burocrazia, ma lo fanno sottovoce. Convinti che «la mossa di Grillo sia stata detonante, mentre questo è il momento di intervenire». In silenzio, senza fare troppo rumore.

da lastampa.it
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